Di CM

Apple, il notissimo gigante informatico multinazionale, ha da poco mandato in porto una ricapitalizzazione che gli ha fatto sfondare il muro degli 800 miliardi di dollari a Wall Street, addirittura sopra pezzi da novanta quali Google, Microsoft e Amazon. Sulla stampa borghese la cosa non è passata inosservata e sono piovuti complimenti e congratulazioni da ogni latitudine, l’azienda è la regina incontrastata del mercato mondiale che, per capirci sulle proporzioni, potrebbe stare tra i primi venti paesi per Prodotto Interno Lordo sopra nazioni come la Turchia, la Svizzera, la Norvegia o il Belgio.

È paradigmatica ed interessante, a suo modo, la situazione della Apple, una delle aziende più incredibilmente ricche del pianeta è anche una di quelle che è stata citata più volte in questi anni per la miseria enorme e le tragedie che coinvolgono la propria forza lavoro, soprattutto in Cina, dove ha sede Foxconn, l’azienda tristemente nota (o meglio, che dovrebbe essere tristemente nota) per la quantità di violazioni ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e che assembla i magici Iphone tanto apprezzati in tutto il mondo. Nel 2012 la situazione dei lavoratori diviene pubblica, grazie alla denuncia di un giornalista cinese dello Shanghai Evening Post infiltratosi in una fabbrica, scatenando, anche se per poco tempo, l’indignazione generale. Dal 2010 al 2012 diciotto lavoratori dell’azienda Longhua (che sfrutta centinaia di migliaia di operai) si sono gettati dal tetto e quattordici di essi hanno trovato la morte, oltre ad altri centinaia che minacciarono di farlo per protesta. Una testimonianza brutale e diretta della mostruosità del sistema capitalista, ancor più inquietante è stata la risposta dell’azienda stessa che decise di installare reti attorno all’edificio coinvolto per far in modo che i suicidi non si schiantassero al suolo e sopravvivessero (abbassare l’orario di lavoro e aumentare i salari, evidentemente, costava di più).

I motivi dei lavoratori? Scarsa formazione, pagamenti miseri, condizioni igeniche indegne e orari di lavoro massacranti, con turni anche da sedici ore che costringono gli stessi lavoratori a dormire in fabbrica. Il polverone obbligò l’azienda madre con sede in California a prendere provvedimenti e insistere con la Foxconn stessa sull’importanza dei diritti dei lavoratori. Quindi tutto finito per gli operai che costruiscono, giorno dopo giorno, la ricchezza dell’azienda informatica? Ovviamente la risposta è no, appena due anni più tardi, nel 2014 un’inchiesta della BBC svela che le condizioni dei lavoratori non sono meno disumane di due anni prima, stavolta tocca a Pegatron, altro partner costruttore degli Iphone di Apple, e i problemi sono sempre gli stessi, nelle riprese da telecamere nascoste della BBC si vedono operai e operaie che dormono sulla linea di montaggio, crollano per la stanchezza durante il turno, rischiando anche la morte.

Da considerare che Foxconn e Pegatron non sono partner commerciali solamente di Apple, ma anche di altre aziende importanti come Nintendo o Sony. Insomma, la superficie è appena scalfita e potrebbe nascondere una realtà a tratti dalle tinte feroci e distopiche di sfruttamento per centinaia di migliaia di persone che vivono nella miseria più nera mentre l’azienda per cui lavorano veleggia verso cime imbarazzanti di ricchezza. E a poco servono le rassicurazioni di Tim Cook, CEO (amministratore delegato) dell’azienda da quando Steve Jobs si dimise nel 2011, sull’impegno per migliorare le condizioni di sfruttamento (ops, lavoro…) all’interno di quei lager che sono le fabbriche cinesi.

Questa situazione è paradigmatica del sistema di sfruttamento nel quale viviamo che lavora incessantemente per inghiottire milioni di proletari nella miseria più nera mentre il grande capitale si arricchisce in maniera vergognosa, smontando, quindi, l’idea propagandistica che i lavoratori hanno solo da guadagnare se il padrone per cui lavorano guadagna bene. Di fronte a colossi che spendono miliardi di dollari in pubblicità è evidente che l’arma del boicottaggio non serve, gli Iphone continueranno a vendere, come qualsiasi altro prodotto tecnologico, l’unico mezzo che abbiamo per non macchiarci le mani di sangue ogni volta che mandiamo un messaggio o apriamo un social network per sentire un amico è quello di sostenere e incoraggiare la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici, degli operai sfruttati, in Cina come in Europa o negli Stati Uniti (perché è evidente che i padroni sfruttano a livello mondiale). La lotta di classe internazionale dei lavoratori e delle lavoratrici è l’unica risposta che possiamo e dobbiamo dare.