Sono un lavoratore di un grande centro commerciale presente nella città dove abito. Ovviamente non vi dirò come mi chiamo né a quale punto vendita mi riferisco. Sarebbe troppo rischioso per me, perderei persino quelle poche ore di lavoro precario settimanale che riesco a mantenere.

Sin da quando iniziai ad entrare in quel mondo -molti mesi fa’- mi accorsi dell’enorme quantitativo di merci che normalmente un cliente non vede. E’ tutta merce depositata nei magazzini, talvolta chiamati “riserve”, ma che riesce a superare quella esposta di un buon 150%.

I primi problemi arrivarono grazie alla precarietà stessa del mio lavoro. Poche ore settimanali devono bastare per svolgere le centinaia di prodotti che ti sono affidate, controllarne le scadenze e l’esposizione lineare, caricarne quante più sugli scaffali espositivi, col fine di far spazio nel magazzino per merce nuova.
Per buona prassi, segnalo da sempre le scadenze a breve e medio termine (ad esempio 2 settimane prima della data di scadenza), sperando che quelle stesse merci possano entrare in una qualche promozione o altro, essere vendute e non tornare indietro al produttore. Eh sì, se si dovesse seguire la normativa vigente (legge Gadda 166/2016) la merce invenduta dovrebbe o essere ceduta (dotata) al banco alimentare o tornare indietro al produttore, obbligato a riprenderla.

Ma, come sempre, la realtà è ben diversa da quelle regole del gioco della società…

Entro in magazzino ogni giorno per reperire i prodotti da “caricare” sugli scaffali espositivi esterni e regolarmente vi trovo tantissimi chilogrammi di prodotti messi lì, mischiati tra loro, alcuni in buone condizioni altri scaduti, altri ancora danneggiati.
Ho imparato col tempo a seguire anch’io la prassi del centro: la merce prossima alla scadenza (almeno 2 settimane prima) si toglie degli espositori e si riporta in magazzino, si mette in un punto specifico e si segnala che, nel giro di pochi giorni, sarebbe scaduta. La merce resta lì fino al giorno di scadenza. Una volta scaduta viene letteralmente danneggiata e cestinata in enormi container-pattumiera, da lì raggiungerà la discarica più vicina per poi essere incenerita.
Sorte migliore non arriva nemmeno per quella merce in promozione, ossia per quella che viene messa in area promo fino a 5-7 giorni prima della scadenza.

La merce invenduta resta tale anche dopo la messa in promozione, per un buon 60% dei quantitativi, per poi ritornare nella tratta della distruzione.

Un giorno chiesi ad un mio “superiore” il perché di tutto questo spreco, il perché di tutta questa riluttanza al donare le merci alle associazioni no profit del territorio, così che loro avessero potuto utilizzarle per chi non può comprarle neanche quando sono in promozione … Ebbene! La risposta fu tanto assurda quanto reale: “Il cibo costa! Per questo lo buttiamo!

Continuandoci a parlare, mi disse che le aziende produttrici già tengono in considerazione che parte delle merci sarà poi distrutta perché invenduta. Il tutto rientra negli accordi stipulati con quelle stesse aziende.
E tra questi accordi vi è anche l’onere di non donare merci al banco alimentare, o ad altre associazioni no profit, per un equazione semplice: “Se le dovessimo donare, significherebbe abbassare il prezzo di mercato di quella merce, che da € X scenderebbe a € 0. E la ricaduta l’avremmo sulle merci in arrivo, essendo poi costretti ad abbassarne il prezzo, pur di venderle”.

Inoltre, per superare i limiti della normativa, tutte le aziende produttrici e tutta la catena commerciale fanno delle periodiche donazioni a questa o a quella associazione, persino al banco alimentare stesso.
Ovviamente ho descritto soltanto le merci che hanno una scadenza, quelle prodotte a livello industriale, nelle fabbriche. Evito il discorso su frutta e verdura, tanto nauseante quanto il tanfo putrido che pregna tutti i magazzini che ho visto fino ad oggi.

La merce invenduta viene distrutta.
Spero di non fare la stessa fine di quelle stesse merci, essendo già logorato da precarietà a non finire e poche prospettive sul futuro.

– di Merce Precaria

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.