La manifestazione di domani a Bologna, chiamata dal collettivo GKN, FFF e reti ecologiste locali, col suo processo di preparazione politica, segna una prima importante data della nuova stagione di lotta nel nostro paese, e ci sfida a riempire di significato la parola d’ordine della “convergenza”.
Insorgiamo: la scommessa di un rilancio a partire da Bologna
Questo sabato, 22 ottobre, con una manifestazione a Bologna (qui l’appello), il collettivo di fabbrica della (ex)GKN scommette sul rilancio in grande stile del movimento che si è costruito in oltre un anno di mobilitazione, a partire dal 9 luglio di un anno fa, quando il fondo finanziario Melrose, proprietario della fabbrica, annunciò il licenziamento di 422 dipendenti. Il lungo percorso di confronto e unità nei momenti di lotta e mobilitazione con altri settori della classe lavoratrice e dei movimenti sociali ha portato al lancio di una data ben agganciata a una “grande opera” inutile e inquinante che, come la manifestazione, ha un valore locale e nazionale: il Passante di Bologna. Insieme agli operai fiorentini, hanno convocato la data Fridays for Future e un insieme di diverse realtà ecologiste della città e dell’Emilia-Romagna.
L’evoluzione del movimento “Insorgiamo”, quindi, passa per una città e una regione che hanno assunto un ruolo molto importante nel traffico di merci e persone, oltre che un ruolo economico e industriale di primo peso nello spostamento del vecchio “triangolo industriale” verso il nord-est del paese.
L’Emilia-Romagna è attraversata anche da una marea di contraddizioni che, oltre a coinvolgere il proprio comparto logistico in costante espansione (e luogo di far-west contrattuale e lotta operaia), riguardano settori di rilevanza fondamentale come quello energetico e quello agro-alimentare. Il tutto, tenuto insieme dal “sistema” a guida politica di PD, che da anni scricchiola sotto l’avanzata elettorale della destra, ma che è esecutore delle politiche a favore di banche, industriali e “principi” della rendita come le stesse destre di cui si propone come “argine”. Le politiche di espansione indefinita del traffico privato su gomma, tremendamente dannose per l’ambiente e la popolazione, sono ancora all’ordine del giorno nonostante la crisi ambientale di portata storica che ci troviamo davanti.
Il costante aggravarsi della situazione ecologica, la corsa agli armamenti che rilancia guerre e politiche imperialiste, il rapido aumento del costo della vita spinto dall’inflazione, la criminalizzazione di chiunque voglia collocarsi di traverso alla precarizzazione feroce generalizzata, come di chiunque proponga vie d’uscita radicali dal capitalismo e dalle sue oppressioni: tutto questo ci pone evidentemente la necessità di una lotta politica unitaria contro un sistema che ci colpisce da tutti i lati e, se lasciato correre, promette la devastazione del pianeta e l’estinzione della specie umana.
La coscienza di questa situazione si sta facendo sempre più strada e ha animato il percorso di “Insorgiamo” verso lo slogan della convergenza “per questo, per altro, per tutto”, raccogliendo il testimone dei Gilets Jaunes francesi e del loro motto “fine del mondo, fine del mese, stessa lotta”.
“Convergere per insorgere”: uno slogan che abbiamo condiviso rivendicando un salto di qualità del movimento e che oggi si appresta a essere rilanciato in una regione di peso strategico non indifferente nel panorama capitalistico italiano, anche in una regione amministrata da decenni dal centrosinistra, in tutte le accezioni e le declinazioni in cui è evoluto nel corso del tempo. La “regione più progressista d’Italia”, con a capo “la città più progressista d’Italia” a detta del suo attuale sindaco Matteo Lepore, in realtà è sempre più indistinguibile dai territori amministrati secondo il più “classico” neoliberismo. Un sistema politico (oltre che economico) che risulta ancora abbastanza efficace nel depotenziare e disinnescare processi di opposizione “dal basso” e al tempo stesso a garantire lo sviluppo di un modello estrattivista neoliberista, dove i profitti del privato vengono tutelati dalla partecipazione attiva del pubblico, dove lo sfruttamento capitalista più brutale avviene spesso attraverso le cooperative, un tempo strumento di lotta ed emancipazione della classe operaia.
Una dinamica che riveste tutte le realtà toccate nell’appello di convocazione: la logistica, dove lo sfruttamento feroce di aziende nazionali e multinazionali ha potuto contare sullo Stato nel portare avanti una feroce prassi repressiva contro i sindacati più conflittuali; il reparto agroalimentare, che costituisce il 15% del PIL nazionale, e dove lo sfruttamento selvaggio della manodopera immigrata è sotto gli occhi di tutti, sotto lo sguardo compiacente di burocrazie succubi, che non mobilitano i grandi sindacati il disastro sociale razzista che continua a manifestarsi. Alle necessità di una classe lavoratrice sempre più precaria e diversificata, le amministrazioni delle città medio-grandi – con Bologna “all’avanguardia” – contrappongono centri urbani sempre più inaccessibili a causa del costo della vita proibitivo, studentati di lusso, abbandono del patrimonio di edilizia pubblica pagata nel corso di decenni dalla tassazione di milioni di salariati, e progetti volti ad un consumo del suolo sempre maggiore e totalmente incompatibili con la necessità urgente di un ripensamento ecologico dei centri urbani – primo tra tutti, specialmente pertinente in questa occasione, il potenziamento, l’estensione e la resa a servizio gratuito del trasporto pubblico cittadino e regionale.
Non è un caso che la mobilitazione di domani si concentri contro un progetto diventato simbolo della prospettiva ambientale delle giunte che si sono susseguite nell’amministrazione del territorio bolognese, ovvero il Passante di Mezzo (oggi conosciuto ufficialmente come “Passante di Nuova Generazione”), cioè l’allargamento della tangenziale e di tratti autostradali da 16 a 18 corsie. Questo imponente progetto di cementificazione è stato attaccato a più riprese dal movimento ecologista e da quant* lo hanno animato, a partire dal comitato cittadino “No Passante”, il quale ha nel tempo stilato una miriade di documenti corroborati da esperti e tecnici del settore per evidenziare quanto i danni sociali ed ambientali dell’opera non possano considerarsi giustificabili dei supposti vantaggi propagandati dalla politica cittadina. Dopo vent’anni di tentativi di far “passare il passante”, l’approvazione definitiva dell’opera è arrivata con il voto quasi unanime della maggioranza del consiglio comunale di Bologna; tra i votanti, l’elemento “a sinistra” nella coalizione che ha eletto Matteo Lepore a sindaco nel 2021, ossia Coalizione Civica, la quale ha costruito il suo “successo” elettorale grazie al lavoro, oltre che di realtà civiche improntate alla discussione di temi specifici, anche su sponde di movimento quali i centri sociali (oggi “municipi sociali”) Labas e TPO, espressione del troncone “disobbediente” emerso dalla storica autonomia bolognese.
La nuova fase del movimento: per quale convergenza?
La costruzione della data di domani, e la volontà di rilanciare “Insorgiamo!” come un movimento contro le politiche capitaliste nelle loro diverse espressioni, ha dato un nuovo importante stimolo al dibattito sul “che fare”, su come condurre in maniera unitaria e radicale le battaglie contro sfruttamento, oppressione e catastrofe ecologica, su come riempire di significato il concetto di “convergenza” che si è diffuso in quest’ultimo anno.
In una intervista pubblicata pochi giorni fa su Dinamo Press, alcun* compagn* esprimevano interessanti riflessioni sulla “convergenza” che si andrà a mettere in campo il 22: <<Il modo più “sciocco” per interpretare la convergenza sarebbe quello di pensarla come un’alleanza tra gruppi politici>>. Il riferimento sembra abbastanza chiaramente diretto a politiche di coalizione da “popolo della sinistra” che fin troppe volte sono state agitate da organizzazioni sempre più in crisi e sempre meno in grado di costituirsi come rappresentanza e direzione politica di quelle categorie sociali che tali organizzazioni affermavano di rappresentare. Questi “carrozzoni” hanno di solito avuto al cuore del proprio progetto il momento elettorale, ma hanno a volte anche assunto una forma di “movimento” che spesso rimandava agli stessi ideali generici del centrosinistra “classico”, come l’antifascismo democratico-costituzionale o l’antiberlusconismo.
In effetti, il miglior risultato del percorso lanciato dal collettivo GKN è stato proprio quello di essere riuscito a chiamare in campo, nella mobilitazione e nel confronto politico, settori di movimenti sociali – incluso quello operaio – non attorno a una prospettiva di sommatoria vuota di sigle per questa o quella iniziativa, ma attorno ad una lotta sociale portata avanti da un settore combattivo della classe lavoratrice, il quale ha chiamato attorno a sé i suoi potenziali alleati e, anche venendo arricchito e potenziato dai contributi di questi ultimi, ha dato vita ad una dialettica che ha aggiunto qualcosa nella scena politica del nostro paese, invece di ricombinare le carte di quello che già c’era. La questione che si pone sempre più urgentemente – a proposito dell’urgenza che deve avere il nostro movimento fuori dalle emergenze imposte di volta in volta dalla politica borghese – è quella di definire meglio perché, come e con chi continuare a far allargare il movimento, che non cresce nel vuoto ma in un mondo segnato dal riarmo imperialista della NATO, della guerra in Ucraina e della dura repressione interna promossa da Putin (come da Zelensky, d’altronde), da un’inflazione schizzata che mette in crisi l’economia mondiale, dal caro-bollette e dalla crisi energetica, dalle elezioni nazionali (con relativo spettacolo desolante delle sinistre) e dalla formazione di un nuovo governo con un peso determinante dell’estrema destra.
Non sbagliano l* compagn* intervistat* da Dinamo nel sottolineare che la convergenza non possa essere un mero addizionare di sigle: non si tratta, in effetti, di riciclare all’infinito ciò che c’è stato negli ultimi decenni a sinistra, cosa che fino a oggi non ha fatto che peggiorare la crisi della sinistra stessa. Tuttavia, convergere non è e non può neanche soltanto essere il “venire assieme” di una serie di realtà al fine di esprimere un sentimento generico di contrarietà a questa o quella condizione del reale. Se questo fosse il significato concreto di “convergenza”, come militanti, attivisti, sigle e coordinamenti avremmo già avuto miriadi di convergenze per decenni. Col risultato che la peggiore burocrazia sindacale ha ancora un potere enorme, che le lotte dei lavoratori rimangono quasi sempre frammentate, e che non c’è un singolo partito affermato della classe lavoratrice. In questo senso, è evidente che “convergere” non è assolutamente sufficiente.
Pensiamo che una parte essenziale della “convergenza” oggi debba essere un confronto serio tra gli attori dei movimenti sociali e del movimento operaio, su quale sia la migliore strategia per fronteggiare il capitalismo e le sue strutture concrete di potere: è evidente a tutti che anche solo andare d’accordo sul fatto che il capitalismo va superato in generale non è per nulla scontato, anzi.
L’esempio della GKN è un esempio importante di come una convergenza a partire da singoli temi separati sia fruttuosa, a patto di essere un tutt’uno con una convergenza sociale e politica attorno al soggetto sociale più strategicamente rilevante (per non dire, poi, inclusivo!) della nostra società, ovvero la classe lavoratrice: non basta identificare aree cruciali dell’attività estrattivista e sfruttatrice della classe dominante, dalla logistica piacentina fino alle zone di trivellazione dell’Adriatico, ma è necessario intercettare e stimolare coloro che quotidianamente fanno funzionare, vivono questi settori, e che ciononostante per primi pagano il conto delle contraddizioni e delle vessazioni principali che permettono il loro funzionamento.
Fare emergere una convergenza politica, e quindi un soggetto politico, che dia una unità pratica alla lotta contro un sistema dalle mille forme ma che è pur sempre uno, è la nostra urgenza storica, se questo sistema vogliamo ribaltarlo prima che distrugga l’ecosistema della Terra, e noi con esso; se vogliamo mettere fine a sfruttamento e oppressione, e non solo limitarli.
Oggi, nel nostro paese, questo processo deve passare per la delimitazione di un campo sociale, politico del tutto indipendente dai partiti politici e dalle burocrazie di ogni tipo che rispondono alla classe dominante, che hanno come scopo di governare questa società senza cambiarla dalle fondamenta. Questo vuol dire, per noi, schierarsi dalla parte della classe lavoratrice riconoscendone il ruolo di spina dorsale e maggioranza sociale della società – senza doversene inventare altre a tavolino. Il che non vuol dire che “la liberazione delle donne e queer, la liberazione nera (e molte altre) saranno all’ordine del giorno dopo la rivoluzione degli operai maschi e bianchi”; in primis, perchè la classe lavoratrice è donna, nera, queer, migrante tanto quanto è bianca e maschile, se non di più; poi, perchè la lotta per la liberazione dal razzismo e dal patriarcato è cruciale e funzionale allo smantellamento del capitalismo stesso come società, non solo come rapporto economico.
Affermiamo la necessità di un campo indipendente della classe lavoratrice perché è il presupposto necessario per confrontare un altro campo politico che si è già ben definito nel corso dei decenni, al netto delle sue diatribe interne, e che oggi continua a mantenere un fermo controllo sulla società, ovvero quello del padronato, del capitale finanziario, del complesso militare-industriale imperialista, della borghesia estrattivista nazionale ed internazionale.
Questo spazio di lotta politica da costruire deve rappresentare gli interessi della gioventù precaria, dei lavoratori e delle lavoratrici di ogni settore economico, e anche per questo non è possibile che si costruisca contro il PD ma anche alla coda del PD: sono due convergenze frontalmente contrapposte. È una questione che non può essere derubricata a scelta tattica, perché l’adesione alle politiche della classe dominante (come il voto “tattico” a favore del Passante da parte di Coalizione Civica nel consiglio comunale bolognese, su cui torneremo con una riflessione a sé) significa negare completamente la convergenza della popolazione subalterna, sfruttata, oppressa, attorno alla classe lavoratrice, sulla base della propria indipendenza politica. Quale indipendenza, se aiutiamo i partiti di governo a mandare avanti le loro politiche?
La convergenza che tanti e tante vogliono costruire, stanno provando a costruire, deve essere in grado di produrre un chiarimento su chi sono i nostri nemici, su chi ci toglierà la sedia da sotto quando arriverà il momento di sfidare attivamente coloro che detengono il potere, quando ci si vorrà veramente costituire come “classe dirigente” per rendere obsoleto il loro mondo ed il loro sistema. Lo abbiamo visto tante volte nella storia: il riformismo che cerca la compatibilità col sistema è, in ultima istanza, la tomba dei movimenti sociali. Il che non vuol dire “o tutto subito, o niente” ma, al contrario, fare delle proprie conquiste e “riforme” una palestra di lotta con un programma d’insieme e un obiettivo generale che dà prospettiva e senso a ogni mobilitazione, a ogni lotta parziale, e che permetta a noi proletari, a noi oppressi, a noi subordinati di presentarci come soggetto nella grande scena della politica.
A fronte di questo ragionamento sulla convergenza, su che programma allora potremmo convergere, di modo che la nostra azione sia unitaria, e non una sommatoria? Abbiamo già proposto 4 punti all’assemblea generale a Campi Bisenzio dello scorso maggio, che legano lotta per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di paga, contro povertà e disoccupazione, per una reale transizione ecologica, contro la guerra e il riarmo imperialista, e per lo sciopero generale contro l’inerzia della burocrazia sindacale: ci sembra ancora del tutto attuali.
La rivendicazione del NO al Passante di Bologna, in questo senso, può essere un “prevalente” locale, certo, ma anche per lo stesso attivismo bolognese non si tratta di rivendicare soltanto la resistenza attiva a questo progetto: di progetti inquinanti e mossi sola necessità di garantire profitti ai capitalisti ce ne sono a volontà e non possiamo fermarli uno alla volta. Lo sviluppo del capitalismo e l’attacco che ci porta su tutti i fronti, ovunque e in ogni momento, pone la questione di chi controlla effettivamente la pianificazione della mobilità, del superamento dell’economia basata sui combustibili fossili, delle politiche abitative, industriali, eccetera. Questo controllo, anche se li tassassimo di più o gli togliessimo in via straordinaria un po’ di “extraprofitti”, rimarrebbe alle grandi aziende, ai capitalisti, che determinano col loro potere smisurato anche le scelte dello stato.
Per questo rivendichiamo come prospettiva generale l’esproprio senza indennizzo, sotto controllo operaio, di tutte le industrie strategiche, a partire da quelle del settore energetico, per ripensare la produzione il consumo di energia in maniera organica alla conservazione del nostro pianeta e senza far pagare la transizione energetica in bolletta a chi, di bollette (soprattutto altrui) ne ha già pagate fin troppe.
Lo stesso caso della GKN dimostra che, in mancanza di una lotta radicale con rivendicazioni radicali, si continuerebbe a chiudere e smantellare fabbriche, a licenziare centinaia e migliaia di persone come nulla fosse, solo per fare più profitti altrove. Con la compiacenza, più o meno attiva, di tutti i partiti di governo, che tutto fanno fuorché mobilitare la loro stessa base elettorale colpita da questa lotta di classe, e di sicuro non si preparano a cambiare rotta prima o poi “dall’alto”. Altrimenti progetti anacronistici, inquinanti e completamente contrapposti a un possibile sviluppo armonico della mobilità e della città, come è il Passante di Bologna, semplicemente non verrebbero presentati.
Lottiamo allora per una convergenza dove il “questo”, l’”altro” e il “tutto” siano sempre e comunque collegati: lottiamo per rivoluzionare la società, per eliminare le piaghe della povertà, della fame, della guerra, dell’inquinamento, dell’oppressione e dello sfruttamento capitalista! Lottiamo contro il sistema imperialista internazionale che alimenta tutto questo!
Lottiamo per una società veramente democratica, in armonia con il pianeta, in grado di garantire il pieno e libero sviluppo di ciascuno!
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