Ha circolato ampiamente sui media nazionali la notizia di un “furto” di mortadella di scarto da parte di un operaio del Gruppo Veronesi per farsi un panino in pausa pranzo. La criminalizzazione pubblica e la repressione aziendale sono un esempio brutale di odio di classe da parte dei capitalisti.


La notizia di un “furto” di cibo nella società dello spreco industriale

Da qualche giorno importanti quotidiani nazionali stanno facendo girare la notizia della sospensione di due operai, in un impianto di Reggio Emilia di proprietà del Gruppo Veronesi di cui fanno parte i marchi stranoti AIA e Negroni, uno dei quali accusato di aver sottratto della “materia di scarto” della lavorazione. In pratica l’operaio in questione è stato accusato, sospeso e “incoraggiato a licenziarsi” per della mortadella di scarto, presa e consumata con del pane portato da casa in una pausa dal lavoro.

Il fatto che la maggior parte dei quotidiani inseriscano nei propri articoli anche fatti slegati dalla vicenda in sé, ovvero episodi di furti, commessi da altre persone ai danni fra l’altro anche dei lavoratori stessi, rientra semplicemente nel classismo bieco dell’informazione mainstream in cui l’azienda viene dipinta in qualche modo come la vittima del taglieggiamento di operai arraffoni e saccheggiatori. A questo proposito il furto precedente alla sospensione del lavoratore di cui parlano gli articoli ammonterebbe a un valore di 200€ circa, letteralmente due prosciutti (e visto che parliamo di soldi: il Gruppo Veronesi nel 2020 ha un fatturato di 3,13 miliardi di euro.

Nonostante gli articoli si soffermino quindi su fatti di secondaria o nessuna importanza nell’economia della notizia, i dati che emergono sono a loro modo interessanti. Abbiamo già detto che i furti di cui l’azienda si lamenta (utilizzati come scusante di una sospensione e di pressioni antioperaie) sono di ordine infinitesimale rispetto al giro di affari dell’azienda stessa e che, nel caso specifico, addirittura il “furto” avrebbe riguardato prodotti di scarto, non destinati alla commercializzazione, quindi di nessun valore economico.

Si potrebbe scrivere papiri interi sulla distruzione delle tonnellate di cibo da parte delle grandi aziende produttrici e della grande distribuzione organizzata: si parla di milioni di tonnellate di cibo distrutto perché non commercializzabile per i più svariati motivi, tutti profondamente insensati, in un paese dove il potere d’acquisto delle famiglie operaie è povere è divorato da inflazione e carovita, e di un mondo dove letteralmente si muore di fame, ma in questa vicenda, all’atto pratico, non è nemmeno questo l’aspetto più odioso.

Nessun delitto, pieno castigo: la logica malata della proprietà privata e l’odio di classe viscerale dei capitalisti contro gli operai

L’aspetto più odioso è la determinazione e la severità con cui l’azienda ha deciso di punire i lavoratori in questione: di fronte alla sottrazione di materiale che non avrebbe prodotto alcun valore per l’azienda, si decide di togliere agli operai giorni di salario e provare a licenziarli evidenziando una sproporzione mostruosa tra quello che è stato “sottratto” all’azienda (letteralmente nulla) e quello che si minaccia di sottrarre ai lavoratori (letteralmente tutto). E perché questa sproporzione? Semplicemente perché si ribadisce un concetto che va accettato e assimilato da tutti: la sacralità della proprietà privata, anche quando questa non ha alcun valore per i proprietari ma potrebbe avere valore per qualcun altro. E i paralleli qua si sprecherebbero: case sfitte ovunque mentre aumentano i senzatetto; cibo distrutto piuttosto che essere distribuito gratuitamente a chi ne avrebbe bisogno; immense quantità di denaro in mano a famiglie che non potrebbero spenderlo tutto nemmeno se volessero, e immense sacche di povertà assoluta.

Insomma “tutto va bene” finché non ci si prende qualcosa, anche di nessun valore: a quel punto scatta la repressione più brutale, anche quando effettivamente non è stato “rubato” nulla, nessun vero danno economico è stato inflitto a nessuno. In definitiva, la reazione punta solo a difendere il principio della proprietà privata, la base dell’ideologia borghese: un’ideologia che la classe dominante difende con la forza militare e burocratica dello Stato con una spregiudicatezza e una violenza a tratti decisamente grottesca come questa piccola notizia evidenzia.

Per opporsi a un’ingiustizia bisogna innanzitutto partire dalla consapevolezza che esista un’ideologia dominante nella società in cui viviamo, e che questa ideologia punti all’egemonia in tutti gli strati sociali perché accettino un funzionamento totalmente irrazionale della società stessa.

In conclusione, constatiamo che proprio questa egemonia, difesa tanto con le minacce che con la violenza vera e propria, spinga spesso molti di noi lavoratrici e lavoratori a scusarci: che sia per un piccolo furto che non costa nulla a nessuno, un giorno di assenza dal lavoro o una malattia prolungata per riprendersi del tutto da un malanno.

Il punto è che non abbiamo nulla di cui scusarci.

Chi vive sulle nostre spalle, invece, e propaganda la propria ideologia in lungo e in largo schiacciandoci sotto il peso di minacce e violenze non si scusa mai. Sarà anche ora di prendere esempio, almeno da questo punto di vista, dalla classe dominante: smettere di scusarci e batterci per contrastare questa ideologia.

Massimo Civitani