di Sabrina Monno

“Bella di giorno” è tratto dall’omonimo libro di Joseph Kessel (1929), un romanzo, inutile, insignificante, quasi orribile. Nel 1967, tuttavia, un maestro surrealista, Luis Buñuel, decide di trarne un film, dando il ruolo da protagonista a Catherine Deneuve, ben nota per il suo ruolo in “Repulsion” di Polanski. Buñuel cambia l’epoca storica, ambientando la vicenda nella Francia degli anni ’60. Cosa potrà accadere ora? La maestria di Buñuel riesce, sorprendentemente, a creare uno dei massimi capolavori della cinematografia (non solo surrealista). Non è facile analizzare un film di questo regista, nato dalla corrente surrealista degli anni ’20 (Buñuel fu stretto amico di Salvador Dalì, con il quale collaborò per la realizzazione di un paio di pellicole). Eppure, sarà proprio il surrealismo, tanto difficile da analizzare, a salvare “Bella di giorno”.

Severine, è una giovane e bella donna borghese, sposata con un ricco medico. Tuttavia la vita condotta in quella che si rivela una noiosa normalità (o banalità) borghese, l’ha resa frigida, fredda. Lei e suo marito non hanno più alcun impulso sessuale. Questo è ciò che ci viene mostrato nella vita reale. Una campana, d’improvviso, richiama l’attenzione dello spettatore, catapultandolo nell’inconscio di Severine. Inizia il sogno, la dimensione onirica, che ci permette di, quasi, toccare i desideri di Severine. Nei sogni, Severine appare come una creatura sottomessa, che si fa frustare e calpestare dal marito o dagli uomini che la circondano. Un giorno, la protagonista scopre la casa chiusa di Madame Anais. Nasce Bella di giorno. Una prostituta che riceve “dalle due alle cinque … ma mai dopo le cinque”. La casa di Madame Anais diventerà il luogo dove sogno e realtà si fonderanno. La realtà è rappresentata dalle colleghe di Severine, povere donne che si prostituiscono per nutrire i propri figli; il sogno sono le perversioni della stessa Severine che prenderanno vita, conoscendo personaggi singolari: dal cinese con la scatola magica, al maestro sodomita. Due sono i sogni in rilievo: il sogno della mandria, e il sogno necrofilo. Nel primo, vediamo Pierre (il marito) e Husson (un uomo che si comporta come un grillo parlante per Severine), che curano del bestiame, mentre tentano di scaldare della minestra. Pierre afferma “è gelata. Non riesco a scaldarla”: primo riferimento alla situazione sentimentale\sessuale con la moglie. Poi viene pronunciata una frase apparentemente senza senso: “Ma ai tori si danno gli stessi nomi dei gatti?” Il gatto (o il miagolio) sarà un’altra costante nei sogni di Severine. La figura felina è, per Freud, la figura della donna padrona della propria sessualità. Il sogno necrofilo, è ambientato nella Belle Epoque. Severine incontra un ricco duca, che la obbliga a fingersi morta, per poi fare sesso con lei. Qui il chiaro riferimento ai concetti di Eros e Thanatos. L’elemento di svolta, sarà il giovane Clementi, che vorrà avere sia Bella di giorno che Severine.

Leone d’Oro alle trentaduesima mostra del cinema di Venezia, “Bella di giorno” fu uno di quei film di cui la censura italiana non ebbe pietà. Nella versione arrivata nei nostri cinema, molte scene sadomaso furono tagliate e, in particolare, fu tagliato un flashback, in cui una Severine bambina rifiuta di prendere la Comunione. Il personaggio di Severine, evidentemente, deve aver fatto davvero paura. Buñuel riprende la sua eroina facendone il perno centrale dell’intero film. Non a caso, la telecamera indugia molte volte sul volto o sui gesti della Deneuve, per poi accelerare il ritmo in altre situazioni (come i flashback). I colori sono tendenzialmente freddi nella realtà e più caldi nel mondo onirico (un colore ricorrente sarà il marrone, segno del risveglio sessuale). Freddo\caldo, sogno\realtà. Buñuel gioca sempre con questi accostamenti. Ricco\povero, donna borghese\donna povera. Buñuel mostra una borghesia annoiata dai suoi stessi valori morali. Una borghesia così vuota, che conduce le donne a prostituirsi per svago, per riempire un vero horror vacui, a differenza delle colleghe di Severine, costrette alla prostituzione per sopravvivere. Eppure, loro ridono, sono allegre, anche quando parlano con Madame Anais dei loro problemi. Bella di giorno non ride, è solo compiaciuta. Forse, è solo il fascino discreto della borghesia.

Una curiosità: nel 2013, il regista Francois Ozon, presenta “Giovane e bella”, un film che ripropone la questione della prostituzione, affrontando un tema moderno (le baby squillo). Per la scena finale, in cui Isabelle (la protagonista) incontra la moglie di un suo cliente, il regista considerò a lungo Catherine Deneuve, per rendere omaggio a Buñuel. Alla fine, il ruolo andò a Charlotte Rampling, perché vedere una “Severine” invecchiata, sarebbe stato troppo prevedibile.

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.