A breve verrà pubblicato il testo della nuova legge finanziaria per l’anno 2018. Dalle anticipazioni dei media e dalle dichiarazioni del ministro dell’istruzione Valeria Fedeli, non si prevede alcun intervento sullo stato di sottofinanziamento in cui versa l’università italiana. Da mesi, infatti, la componente studentesca, attraverso le sue organizzazioni e i suoi sindacati, denuncia le pessime condizioni in cui versa il sistema di istruzione pubblica. La più recente mobilitazione nazionale risale al 13 ottobre, quando gli studenti sono scesi in piazza, per protestare contro l’alternanza scuola-lavoro, vero e proprio sfruttamento di un milione e mezzo si studenti, costretti a lavorare gratuitamente per le aziende. Nonostante queste premesse, e dopo le numerose dichiarazione della Fedeli, tra cui la promessa di convocare gli stati generali dell’università, includendo anche le associazioni studentesce (promessa poi disattesa), il governo italiano sembra non voler assolutamente intervenire sull’argomento. Si tratta dunque di una decisione molto grave, che dimostra il totale disinteresse del governo italiano a risolvere un problema prioritario. Infatti, in questi anni, abbiamo avuto la crescita della figura dell’idoneo non beneficiario, ossia di quello studente che, pur avendo i requisiti per ricevere la borsa di studio, non la ottiene per mancanza di fondi. Secondo la legge finanziaria, i nuovi fondi destinati alla cultura, non interverranno sulle borse di studio, ma sugli stipendi di presidi e docenti. Quindi, se da una parte, la figura del preside-manager della Buona Scuola, avrà stipendi paragonabili a quelli degli altri dirigenti pubblici, dall’altra, lo studente povero, rimarrà senza la borsa, che, per legge, gli spetterebbe.

A tutto ciò si aggiunge anche il mancato blocco del turnover dei docenti, che ha causato in 9 anni la scomparsa di 14000 cattedre.

Inoltre è importante sottolineare che nulla sarà fatto a proposito del numero chiuso. In quest’ultimo periodo assistiamo alla progressiva introduzione del numero chiuso locale in molte università italiane. Le principali motivazioni sono una carenza strutturale, di personale e di spazi, con conseguente sovraffolamento delle aule e scarsa qualità della didattica. Nonostante le sentenze del Tar del Lazio, il numero chiuso locale può essere ancora introdotto, se l’ateneo dimostra che è a rischio la sicurezza degli studenti (e nel caso di aule sovraffollate e di strutture non adeguate, questo è facilmente dimostrabile). Per quanto riguarda l’alternanza scuola – lavoro, il ministero continua a difendere l’iniziativa. Il MIUR non sembra prevedere retribuzioni per questo milione e mezzo di studenti-lavoratori, né percorsi più mirati all’indirizzo di studio frequentato.

Il clima riguardo il mondo dell’istruzione rimane molto teso; questo governo dimostra di non voler prendere le distanze dai dannosi provvedimenti della buona scuola di Renzi, ma anzi preferisce concentrarsi su problemi di più banale entità, come l’età minima nella quale uno studente può uscire da scuola non accompagnato dal genitore. Polemiche sterili dunque, e la non volontà di intervenire direttamente sui temi caldi del mondo universitario e delle scuole superiori. Ancora una volta il sistema d’istruzione italiano viene lasciato allo sbando, sottofinanziato ed umiliato.

Il traguardo di un’istruzione libera, gratuita, aperta a tutti, senza logiche di mercato e sfruttamento rimane irraggiungibile, ben lontano dall’idea di scuola-azienda, propugnata da questi governi di “sinistra”.

Adelchi

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.