Nove milioni di capitalisti su una popolazione di circa 7 miliardi di persone detengono l’80% della ricchezza finanziaria del pianeta e decidono le sorti del mondo. Decidono guerre, fanno cadere governi e ne mettono altri compiacenti. Fanno fallire intere nazioni ed impoveriscono aree immense del pianeta a vantaggio di altre. Decidono della vita e della morte di ognuno di noi. Stabiliscono quali debbano essere le idee e le informazioni che devono circolare o dominare, costruiscono il consenso popolare per eleggere questo e quel burattino presente sulla scena politica. Mettono a sicuro in alcuni paesi e banche i profitti che hanno realizzato a danno della classe operaia per non pagare nulla al fisco e per non contribuire alla spesa per i servizi destinati alla popolazione.

I capitali occultati sono almeno 21/32 mila miliardi di dollari, secondo le fonti ufficiali, cifra stimata per difetto in quanto quello che emerge da indagini è solo la punta di un iceberg. Le cifre colossali risultano da uno studio realizzato per il gruppo di attivisti Tax Justice Network da James Henry, esperto di tassazione, ex capo economista della società di consulenza McKinsey, pubblicato dal settimanale britannico Observer.

Una parte di questi fondi deriva da fatture truccate che hanno consentito di creare patrimoni offshore.

Il 60% di questi capitali proviene dalla Cina, l’11% dal Messico, il 5% dalla Malaysia, il 3% da India e Filippine. Altri capitali sono stati spostati per vie diverse, ma sempre illegali, dalla Russia , dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi, dal Kuwait, 152 dal Venezuela ecc.

Lo scandalo Panama Papers del 2016 evidenziava tutta una serie di capitalisti fino ad all’ora rimasti nell’ombra che possedevano ed ancora posseggono conti nei paradisi fiscali, ma anche banche italiane quali Unicredi ed Ubi.

I paradisi fiscali sono in continua crescita e vanno dalle isole Cayman alla City di Londra, dal Lussemburgo a Singapore, da San Marino al Vaticano.

La capitale mondiale dei traffici finanziari e del riciclaggio di denaro è Londra, mentre gli USA costituiscono il più esteso paradiso fiscale del pianeta, grazie alle leggi permissive di stati come il Nevada, il Delaware, il Wyioming, la Florida.

La Svizzera nasconde oltre undicimila miliardi di euro. Soldi in prevalenza di cittadini statunitensi ed italiani.

In Olanda ci sono circa 23 mila società fantasma rifugio di molte multinazionali americane in fuga dal fisco, mentre è il Lussemburgo dove hanno la sede fiscale quasi tutti i grandi gruppi e istituti bancari italiani.

Sono tantissimi i paradisi fiscali, che si fanno una agguerrita concorrenza e propongono tassazioni sempre più basse fino a tassazione zero. Citiamo solo alcuni, oltre quelli già nominati: Andorra, isole Marshall, isole Seychelles, Liberia, Nauru, Monaco, Vanuatu, Costa Rica, Malaysia, Filippine, Uruguay, Antille olandesi, Panama ed Emirati Arabi

Società multinazionali come la Coca Cola, la General Motors la Boeing hanno la loro sede fiscale alle isole Vergini, altro paradiso fiscale, proprio per azzerare qualsiasi tipo di tassazione.

Tutti i padroni chi più chi meno evadono il fisco e lo fanno attraverso le banche. Infatti dal sistema offshore passa circa l’85% delle emissioni bancarie e obbligazionarie internazionali. Così pure le società di rating (quelle che danno una valutazione dell’economia delle nazioni e delle aziende) hanno la loro sede nei paradisi fiscali.

Per evadere il fisco le imprese usano sistema della sottofatturazione delle esportazioni e la sovraffatturazione delle importazioni, oppure utilizzano il metodo dei falsi finanziamenti a società fittizie, che poco dopo dichiarano fallimento.

Il capitale depositato nei paradisi fiscali non è mai fermo, esso è continuamente reinvestito in attività speculative oppure nel commercio di armi, droga, petrolio, compravendita di immobili, oro, diamanti, smaltimento di rifiuti tossici e scorie radioattive nei paesi del terzo mondo. Tutto al fine di incrementare ulteriormente la base di partenza e per garantire lauti profitti.

Le società offshore, garantiscono il massimo dell’anonimato e carte di credito da cui non è possibile risalire al titolare. Di conseguenza è possibile spendere senza incorrere nel cosiddetto “redditometro”.

Tra le società che evadono maggiormente il fisco troviamo il motore di ricerca Google, ma anche Facebook , la Apple ed anche la General Electric che lavorano in molti paesi ma hanno sede legale e fiscale in paesi dove la tassazione è quasi zero.

Molti capitalisti intervistati affermano che in alcuni paesi, tra cui l’Italia, la tassazione è così alta che per loro è giusto portare nei paradisi offshore i loro guadagni. Dimenticano di dire che in questi paesi essi hanno tutto l’interesse ad investire per spremere la classe operaia e per ottenere il massimo del plusvalore, ma quando si tratta di partecipare alle spese di gestione dei servizi per i proletari essi fuggono con i loro profitti e lasciano nella miseria la stragrande maggioranza della popolazione.

In definitiva a pagare le tasse per il mantenimento di sanità, trasporti, scuole, pensioni, tribunali, parlamento, carceri e vari servizi di pubblica utilità, sono i ceti meno abbienti e la classe operaia la quale oltre all’enorme tassazione a cui è sottoposta produce anche quel plusvalore che permettere alla borghesia di poter vivere nell’agiatezza e nel lusso.

Dallo scandalo Panama Papers, che abbiamo citato, si evidenziano i nomi di alcuni grandi capitalisti nostrani che hanno aperto conti nei paradisi fiscali e sono quelli che già abbiamo avuto modo conoscere perché posseggono gran parte delle ricchezze economico e finanziarie:

Gli Elkann che hanno trasferito la sede fiscale in Inghilterra e quella legale in Olanda, Bulgari, Del Vecchio, Marzotto, i Riva, il Gruppo Prada, i Montezemolo, i Della Valle, i Ferrero della Nutella, ecc.

Nessun governo borghese condurrà mai una vera guerra ai paradisi fiscali, nessun organismo internazionale, scardinerà mai definitivamente il segreto bancario che permette la formazione di società offshore oppure di società di cui non è possibile risalire ai proprietari ed ai loro conti, perché quegli stessi governi hanno al lor interno uomini che hanno portato i loro profitti nei paradisi fiscali.

Negli ultimi anni le disuguaglianze sociali tra ricchi e poveri sono aumentate enormemente proprio perché la ricchezza si è spostata dal lavoro e dall’economia reale alla rendita finanziaria, questo ha prodotto un impoverimento di gran parte della popolazione mondiale, nell’ordine di miliardi di persone con problemi di sopravvivenza e di accesso a cure mediche e finanche all’acqua potabile.

Una situazione del genere non può non sfociare in nuovi e più forti conflitti tra le classi, ma anche all’interno della stessa borghesia e tra gli stati capitalistici per la guerra delle materie prime. Un sistema di produzione ormai in putrefazione inconciliabile con la vita stessa sul pianeta e che non ha più ragione di esistere.

Salvatore Cappuccio