Riprendiamo, con questa stesura di appunti, la riflessione sul libro “Materialismo ed empiriocriticismo”, di cui abbiamo già pubblicato la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta e la sesta parte.

In questa opera Lenin smaschera progressivamente il carattere idealista dell’empiriocriticismo, cioè del machismo (dal fondatore di questa dottrina, Ernst Mach).


Del “transcensus”, ovvero V. Bazarov “rielabora” Engels

I machisti russi, che volevano essere considerati marxisti, tentarono di rielaborare Engels. Bazarov è uno di questi.

Engels nel “Sul materialismo storico” definisce così gli agnostici (seguaci di Hume) : “il nostro agnostico ammette pure che il nostro sapere è fondato sulle comunicazioni che riceviamo dai sensi. Egli quando parla degli oggetti e delle loro proprietà non intende in realtà questi oggetti e queste proprietà di cui non può sapere niente di sicuro, ma semplicemente le impressioni che essi hanno prodotto sui suoi sensi…”. L’essenza dell’agnostico è che non va al di là delle sensazioni, mentre il materialismo afferma l’esistenza e la conoscibilità delle cose in sé. L’agnostico non ammette nemmeno l’idea delle cose in sé, dichiarando che non possiamo sapere niente di certo.

Ma il punto di vista di Engels e di Mach sull’agnostico in che cosa si differenziano? Anche l’agnostico secondo Engels sostituisce le “impressioni” a “queste cose stesse”, cioè l’agnostico distingue le impressioni fisiche da quelle psichiche. Mach invece quando dice “i corpi sono complessi di sensazioni” si dimostra berkleiano, ma quando rettifica affermando che gli elementi possono essere fisici in un determinato rapporto e psichici nell’altro, si dimostra agnostico, cioè seguace di Hume.

Engels si limita a criticare tutto ciò che si allontana dal materialismo e non le varie correnti humiane. È agnosticismo quando affermiamo che la materia rappresenta complessi di elementi e sensazioni. L’agnosticismo non oltrepassa le sensazioni, dichiarando che non può sapere niente di certo sulla loro fonte. Come fa Engels a confutare l’agnosticismo? Semplicemente esponendo la teoria materialista: le cose esistono fuori di noi, le percezioni sono le loro immagini, la discriminazione di quelle vere da quelle false è data dalla pratica.

Bazarov quindi come fa a rielaborare Engels? Semplicemente prendendo le sue affermazioni e precisamente quando Engels dice “Finora non abbiamo un solo esempio che le nostre percezioni sensorie, scientificamente controllate, determinino nel nostro cervello idee sul mondo esterno…ecco farsi avanti l’agnosticismo neokantiano” (come dire che la scienza non ha ancora dimostrato le dinamiche biologiche che producono il pensiero nel cervello). Bazarov quindi afferma che Engels si riferisce al kantismo (ammissione della cosa in sé ma l’impossibilità di andare oltre nella conoscenza). Non c’è nulla di idealistico, perché l’idealismo inizia solo quando il filosofo afferma che le cose sono le nostre sensazioni. Qui Bazarov confonde la dottrina di Hume con quella di Kant, assegnandola a Engels.

Continua Bazarov scrivendo: “la sua argomentazione è diretta contro la filosofia di Plechanov […] A Plechanov, come anche ad ogni idealista, sembra che ogni dato sensibile, cioè cosciente, sia soggettivo, che partire solamente dal dato di fatto significa essere solipsista”. In definitiva Bazarov con la paroletta “dato di fatto” confonde le differenze tra materialismo, agnosticismo e idealismo. Per il materialista il dato di fatto è il mondo esterno, per l’idealista il dato di fatto è la sensazione, per l’agnostico il dato immediato è la sensazione, ma non va oltre nella conoscenza. Quindi l’affermazione di Plechanov ripresa da Bazarov “l’esistenza reale può trovarsi solo oltre i limiti di ogni dato immediato” discende da una posizione idealista. Per il materialista l’esistenza reale va oltre i limiti delle percezioni sensibili, per l’agnostico non è possibile andare oltre i limiti di queste percezioni, mentre gli idealisti il dato immediato unifica l’ IO che percepisce e l’ambiente, che è percepito nella famosa “coordinazione fondamentale”, vista in precedenza.

Engels scrive “L’agnostico chiede: da dove sappiamo che i nostri sensi soggettivi ci forniscono una rappresentazione esatta delle cose?”. Non ci sono altri sensi se non quelli soggettivi. Bazarov continua ad attribuire a Engels una visione “machista”. Con la parola “soggettivo” Bazarov pensa che Engels abbia ceduto al machismo, ritenendo appunto la parola “soggettivo” l’equivalente della coordinazione fondamentale, cioè la fusione tra oggetto e soggetto. Niente di più sbagliato: noi ragioniamo dal punto di vista dei sensi umani e non degli animali, per tali ragioni questo punto di vista è ritenuto “soggettivo”.

Engels continua “Ma che cosa voi chiamate “esatto”? Esatto è ciò che è confermato dalla nostra pratica, quindi […] le nostre percezioni […] non sono soggettive […] ma esatte”. Anche qui Bazarov strumentalizza le parole di Engels ed inverte il problema dell’esattezza delle percezioni con la questione dell’esistenza delle cose in sé. Tutto ciò per attaccare il principio fondamentale del materialismo, cioè l’esistenza delle cose fuori dalla nostra coscienza.

Bazarov attribuisce a Engels l’affermazione per cui le nostre percezioni sarebbero confermate dall’esperienza. Questo perché la parole “esperienza” rimanda agli idealisti ed agli agnostici. Affermare, come fa Bazarov, che “la rappresentazione sensibile è appunto la realtà esistente fuori di noi” si cade nella nebbia della coordinazione fondamentale di Berkeley, questo perché per i materialisti la rappresentazione sensibile non è la realtà, ma la solo la sua immagine. Engels ha sempre considerato la rappresentazione sensibile come immagine della realtà esistente fuori di noi. Questo è provato dal fatto che la Terra è una realtà esistente al di fuori di noi. Ma essa non può essere la stessa cosa rispetto alla nostra rappresentazione sensibile, né una coordinazione indissolubile con essa, perché la Terra esisteva prima dell’uomo e prima degli organi sensi.

Bazarov continua “Ma che cosa si trova al di là di questi limiti? Di questo Engels non dice neanche una parola. Ma egli manifesta il desiderio di compiere quel trascensus”. Al di la di quali limiti? Della coordinazione fondamentale di Mach e Avenarius? Tra l’Io e l’ambiente? La parola transcensus è di Kant: una scappatoia per elevare in linea di principio una parete divisoria tra il fenomeno e la cosa in sé. Quindi passare dal fenomeno alla cosa in sé, dice Kant, è un trascensus, che ammettiamo solo con la fede e non attraverso la conoscenza.

Engels parla dell’esistenza oltre i limiti che segnano la fine del nostro orizzonte (esempio: l’esistenza di altre forme di vita nell’universo). Engels ovviamente da materialista, come tutti i materialisti, d’accordo con le scienze naturali, negano che esista qualcosa al di fuori del mondo. I fideisti invece credono nell’esistenza, mentre i kantiani e gli humiani hanno trovato la verità fuori dall’idealismo e del materialismo.

Concludiamo questo articolo con un passaggio di Engels che nell’Antiduring afferma: “L’unità del mondo non consiste nel suo essere […] poiché esso deve innanzitutto pur essere prima di poter essere uno. L’unità reale del mondo consiste nella sua materialità e questa è dimostrata […] da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali”.

Sirio Stivalegna

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.