Riprendiamo, con questa quarta stesura di appunti, la riflessione sul libro “Materialismo ed empiriocriticismo”, di cui abbiamo già pubblicato la prima, la seconda parte e la terza parte.

In questa opera Lenin smaschera progressivamente il carattere idealista dell’empiriocriticismo, cioè del machismo (dal fondatore di questa dottrina, Ernst Mach).

La coordinazione fondamentale e il “realismo ingenuo”

La dottrina di Avenarius sulla coordinazione fondamentale è esposta nella sua opera “Concetto umano del mondo”. L’essenza della dottrina è nella tesi sulla coordinazione cioè il rapporto reciproco indissolubile del nostro IO e dell’ambiente (pag. 146). “In termini filosofici si può dire l’IO e il NON-IO. Tanto l’uno che l’altro…li troviamo sempre assieme…L’IO è chiamato termine centrale della coordinazione e l’ambiente contro-termine”. Con questa dottrina Avenarius, sostenuto da Mach e da tutti i machisti russi, pensa di aver riconosciuto il “realismo ingenuo”. In poche parole, con la suddetta teoria, si vuole sostenere che ammettendo l’esistenza dell’IO si ammette anche l’ambiente.

Avenarius e Mach, con la pretesa di mettersi al disopra del materialismo e dell’idealismo, pensano di aver rimodernizzato la concezione di Fichte. Fichte s’immaginava di aver legato indissolubilmente l’IO e l’AMBIENTE, di aver risolto la questione che l’uomo non può uscire fuori di sé stesso. In altre parole viene ripetuto l’argomento di Berkeley: io non percepisco che le mie sensazioni e non ho diritto di supporre l’esistenza di oggetti in sé al di fuori della mia sensazione.

Berkeley nel 1710, Fichte nel 1801, Avenarius nel 1981-84 mantengono tutti la linea filosofica dell’idealismo soggettivo: il mondo è la mia sensazione; il non-io è posto dal nostro IO; l’oggetto è indissolubilmente legato alla coscienza; la coordinazione indissolubile tra il nostro io e l’ambiente è la coordinazione fondamentale dell’empiriocriticismo. E’ esposto sempre lo stesso postulato con parole diverse: “un vecchio rottame” presentato sotto un’insegna un po’ ripulita e riverniciata.

Questo richiamo al realismo ingenuo che si pretende di difendere come una filosofia è un sofisma della più bassa lega. Il realismo ingenuo di ogni persona, come già precedentemente accennato, consiste nel riconoscere l’esistenza delle cose, dell’ambiente, dell’universo indipendentemente dalla nostra sensazione, dalla nostra coscienza, dal nostro io e dall’uomo in generale.

L’esperienza che ha creato in noi la convinzione dell’esistenza di altri essere viventi indipendentemente da noi. L’esperienza crea in noi la convinzione che oggetti esistano indipendentemente da noi. Le nostre sensazioni sono l’immagine del mondo esterno ed è ovvio che l’immagine non può esistere senza l’oggetto che esso rappresenta, mentre può esistere l’oggetto indipendentemente da chi lo immagina. Il materialismo mette consapevolmente alla base della sua teoria della conoscenza la convinzione “ingenua” dell’umanità.

I filosofi di professione valutano idealismo soggettivo la teoria di Avenarius e di Mach, mentre non valutano la valutazione suddetta della “coordinazione fondamentale”, come un elemento di polemica preso dal materialismo contro il machismo.

Wundt dice che la teoria di Avenarius, secondo la quale sarebbe impossibile una descrizione di ciò che è dato senza un qualche IO che lo descriva, è “un illegittima confusione del contenuto dell’esperienza reale con la riflessione su di essa”, affermando inoltre che le scienze naturali astraggono completamente da ogni osservatore.

Gli immanentisti (Shuppe, Rehmke…), sottolineando la loro simpatia per Avenarius, prendono per punto di partenza il nesso indissolubile tra il soggetto e l’oggetto. Come affermato da Wundt la filosofia immanentista è soltanto una modifica del berkeleismo. Lo scrittore inglese Smith analizza la filosofia di Avenarius ammettendo che “La genericità del termine esperienza […] talvolta si riferisce a colui che fa l’esperimento e talvolta a ciò che è sperimentato […] descrivendo la Terra quando l’uomo non esisteva […] non è un completamento dell’esperienza, ma un completamento di ciò che è sperimentato […] siamo così portati a ciò che non solo non fu mai sperimentato, ma anche ciò che mai può essere sperimentato […] Questa ambiguità del termine esperienza viene in aiuto ad Avenarius […] Egli conclude […] dicendo che il pensiero e la realtà sono inseparabili, perché la realtà può essere percepita soltanto dal pensiero e il pensiero presuppone l’esistenza di colui che pensa […] quindi non ci offrono una qualche ricostruzione originale del realismo, ma soltanto la restaurazione della nota posizione dell’idealismo soggettivo”. In questo modo la famosa eliminazione dei contrasti fra il materialismo e l’idealismo per mezzo della paroletta “esperienza” è crollata, semplicemente passando ad analizzare questioni concrete come l’esistenza della Terra prima dell’uomo, prima di qualsiasi essere sensibile.

Il tentativo di conciliazione della teoria di Avenarius con il materialismo ingenuo viene addirittura messo in dubbio da un suo allievo, R. Willy. Quest’ultimo dice che la comune asserzione per cui Avenarius è arrivato “al realismo ingenuo deve essere accettata “cum grano salis”. Come dogma, quindi il realismo ingenuo non sarebbe altro che la fede delle cose in sé nella loro forma sensibile-tangibile”. Willy ammette, pertanto, che l’unica teoria della conoscenza che si accorda con il realismo ingenuo è il materialismo. Ma Willy ripudia il materialismo ed asserisce “…Ma io non oserei affermare che una simile conciliazione possa ristabilire l’unità e l’integrità dell’esperienza complessiva…”. L’esperienza di Avenarius, secondo il suo allievo Willy, non è riuscita a conciliare l’idealismo ed il materialismo.

Sirio Stivalegna

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.