Riceviamo e pubblichiamo volentieri una corrispondenza di un giovane operaio sindacalizzato che raffronta la situazione nel suo precedente impiego, in assenza di un sindacato, e quello attuale.
Sono Luca D. e lavoro come facchino da quasi un anno in uno dei molti magazzini di corrieri espresso presenti nella provincia di Roma.
Nella precedente azienda in cui ero impiegato e in cui ho lavorato per più di un anno ero, come la maggioranza dei miei colleghi, assunto con contratto interinale a chiamata e ci veniva applicato il CCNL dei metalmeccanici. Solo una piccola parte di noi operai – addetti al controllo qualità – era assunta con contratto diretto. Sul luogo di lavoro io e i miei colleghi potevamo interfacciarci, almeno quando era presente in azienda, con il capo che controllava più capannoni e che aveva i contatti con i committenti, FIAT e Magneti Marelli principalmente, e prendeva da queste aziende il lavoro che poi svolgevamo noi.
In azienda non esisteva un sindacato, eravamo, tutti noi lavoratori, facilmente ricattabili a causa del nostro contratto interinale e al fatto che potevamo essere chiamati per la giornata o meno a seconda di quello che decideva il capo che aveva i contatti con l’agenzia interinale e gli dava i nomi degli operai che sarebbero andati a lavorare e chi invece se ne stava a casa.
Non c’erano mezzi per difendere i nostri interessi e ogni volta che succedeva un imprevisto o dovevamo chiedere qualcosa ci trovavamo soli a contrattare con l’azienda. Noi, semplicemente, lavoravamo come schiavi perché più che la qualità il nostro lavoro era incentrato sulla quantità di pezzi che dovevamo far uscire dal capannone per rispettare i tempi dei contratti stipulati con le aziende che ci affidavano i lavori. Fra gli operai si diceva infatti che il nostro più che un controllo qualità fosse un controllo quantità.
Per fare un esempio: un giorno ci chiamavano per andare a lavorare come al solito a nell’azienda che si occupava del trasporto dei pezzi alla FIAT. Una volta arrivati sul posto di lavoro ci facevano vedere il pezzo da lavorare e ci dicevano: sono 3000 pezzi da lavorare ad un ritmo di 800 al giorno (in 5 o 6 operai nella maggior parte delle giornate), avevamo 15 secondi circa per ogni pezzo. Questa la nostra mansione da svolgere per tutta la giornata, tenere lo sguardo rivolto verso il banco di lavoro per otto ore, alcune giornate senza riuscire neanche a parlare con il tuo collega di fianco talmente eri impegnato. Tutto ciò maneggiando cavi cablati e attrezzatura pericolosa senza che ci fosse fornita alcun abito da lavoro, ne guanti ne scarpe antinfortunistica che dovevamo comprare a spese nostre.
Ora le differenze sono abissali nei confronti del mio precedente posto di lavoro, differenze dovute alla presenza di lavoratori organizzati in un sindacato combattivo (nel mio caso il Si Cobas). Se c’è un problema, come può essere una mancanza di ore in busta paga o una problematica con un preposto che attacca un lavoratore o altro ancora non andiamo singolarmente a parlare con gli uomini dell’azienda ma, una volta fatto presente e discusso con gli altri lavoratori e coi nostri delegati, tutto il sindacato si muove, in casi gravi anche minacciando o indicendo uno stato di agitazione che possa risolvere la situazione. Oltre a mobilitazioni su questioni generali anche nel quotidiano della nostra vita lavorativa sono diventate abitudini le assemblee sindacali, conosciamo tutti meglio i nostri diritti e gli strumenti che ci permettono di difenderci meglio della maggioranza dei lavoratori isolati e senza sindacato.
C’è da dire che non tutti i sindacati sono uguali, nel mio luogo di lavoro è risaputo che esistono sindacati che lo sono solo di nome, dato che non combattono e spesso preferiscono accordarsi con il padrone mettendosi di fatto contro gli operai, e quelli che invece noi possiamo usare come strumenti per difenderci.
Avere un sindacato in cui abbiamo una voce e che decidiamo attivamente come utilizzare ha dato a me e a tutti i miei colleghi un’arma di difesa contro l’azienda e le quotidiane piccole e grandi prepotenze che nella maggioranza di luoghi di lavoro queste continuano a fare ai danni di chi lavora. Compito di tutti noi dovrebbe essere quello di ingrandire l’organizzazione e far capire che le cose possono cambiare in meglio se ci organizziamo e siamo disposti a lottare invece di rimanere divisi e accettare passivamente lo stato di cose presenti.
Luca D.