Mahalla al-Kubra, delta del Nilo, il cuore pulsante della classe operaia egiziana, famosa ormai dai tempi delle rivolte della primavera araba (e ancor prima di piazza Tharir), per le condizioni di lavoro particolarmente dure dal punto di vista di paghe e condizioni di lavoro e per gli scioperi di massa contro governi e capitale, si scontra infine, anche con Al Sisi.

Proprio mentre la giunta militare colpisce duramente delegati e organizzazioni sindacali spiccando anche condanne ad anni di galera i lavoratori del settore tessile entrano in sciopero in risposta all’inflessibilità dell’azienda tessile Misr Spinning and Weaving Company di concedere bonus economici dovuti sulle buste paga e rivendicando forti aumenti salariali a fronte dell’inflazione sui beni di consumo che galoppa ormai oltre il 30%.

Nelle settimane precedenti allo scoppio delle ostilità militanti sindacali e lavoratori si erano esposti facendo incursioni nelle fabbriche interessate preparando lo stato di agitazione. La risposta dei manager dopo il primo sciopero, iniziato sabato 5 agosto e forte di cinquemila lavoratori, sono state quelle che ci si potrebbe aspettare: rifiuto di ogni trattativa e invito a denunciare gli agitatori. A quel punto, come spesso accade in situazioni simili in tutto il mondo, alla repressione, gli operai hanno risposto alzando l’asticella dello scontro: l’8 agosto altri diecimila operai sono scesi in sciopero trascinando tutto il settore tessile -coinvolgendo la quasi totalità dei dipendenti- ottenendo anche scioperi di solidarietà nel settore automobilistico. Il risultato è stato quello di aver fatto perdere all’azienda più di cinque milioni di pound egiziani (pari a 280000 dollari americani) al giorno.

Il cuore della classe operaia egiziana da cui, parafrasando le parole degli stessi operai, partono tutte le rivoluzioni in Egitto, si muove ora contro la giunta egiziana e sarà dura normalizzare la situazione per il padronato, sia per l’irremovibilità dei lavoratori, anche a fronte di tardivi tentativi di concertazione dell’azienda, sia per la ormai lunga esperienza degli attivisti sindacali e del corpo della classe, forgiata da anni di lotte e scontro frontale con la repressione.

I lavoratori hanno già rifiutato un accordo sindacale che prevedeva l’aumento salariale del 10% rivendicando il diritto ad una serie di bonus promessi da Al Sisi in parlamento e mai concessi. A nulla sono servite nemmeno le rimostranze del ministro degli affari pubblici Ashraf el-Sharkawy secondo cui tali bonus non sarebbero andati ai lavoratori per via del fatto che questi avrebbero ricevuto già aumenti salariali a fine dell’anno scorso.

Come sempre la radicale lotta dei lavoratori e delle lavoratrici mostra l’unica via possibile per il miglioramento delle condizioni di vita di tutti gli strati più sofferenti della società. La classe lavoratrice avrà, nei prossimi anni, il compito di costruire attorno alle proprie rivendicazioni un blocco sociale capace di scontrarsi con il regime militare, resistere alla repressione e portare avanti lo scontro con il governo. Gli operai di Mahalla al-Kubra, dopo aver avuto un ruolo centrale nella sconfitta Mubarak e sfidato il regime di Morsi insidiano ora la brutale dittatura militare a viso aperto.

Di CM