di Karashò
Non è un mistero che la sanità Italiana stia subendo duri colpi, per mezzo di tagli, chiusure. L’ultimo colpo lo abbiamo accusato con la “legge di stabilità” varata dal PD, che in pratica ha tagliato un altro miliardo di euro di fondi per la sanità pubblica in un quadro già ormai disastrato di 8 miliardi di debito. Ma non solo, ha modificato i LEA (livelli essenziali di assistenza), in modo tale che persino semplici interventi di Day Surgery e prestazioni sanitarie semplici, debbano essere erogate dietro il pagamento del ticket. L’effetto che si ha all’interno delle strutture del sistema sanitario nazionale è simile a quello che si potrebbe provare cercando di operare al cuore con un coltello ed una forchetta. Di plastica.
Stiamo assistendo ad una progressiva privatizzazione della sanità, che si traduce in strutture fatiscenti, con macchinari obsoleti, personale in sott’organico e mal formato, farmaci scadenti e fondi esauriti da un pezzo. Persino i livelli essenziali di assistenza (LEA) sono in declino. Recentemente abbiamo assistito all’implementazione del pagamento dei ticket sanitari per chi non è esente. Guardando al microscopio la realtà ospedaliera, cio che salta agli occhi è il fatto che ormai le assunzioni per i giovani professionisti della salute vengono per mezzo di collaborazione con cooperative che nel migliore dei casi sottopagano i propri dipendenti. La situazione soprattutto all’interno dei reparti ospedalieri non è migliore, dove vediamo sempre più dipendenti delle cooperative e sempre meno strutturati, la cui età media si alza di parecchio, in quanto non vengono effettuate nuove assunzioni. I presidii sanitari sono spesso scadenti ed obsoleti, o in alcuni casi mancanti, perché con la penuria di fondi non è possibile acquistarne di nuovi. Ciò si traduce in un disagio per l’utenza, dovuto anche solo al fatto che molto spesso i tempi di ospedalizzazione, o di visita aumentano proprio per quello ma anche un estremo disagio per gli operatori che si trovano a dove erogare prestazioni assistenziali con il minimo sindacale, cercando di mantenere il più alto livello qualitativo possibile. Altro elemento allarmante è la progressiva chiusura di strutture sanitarie, che vede un aumento di carico di lavoro presso quell che dovrebbero sopperire alle suddette, il che si ripercuote ancora una volta sull’utenza, perché molto spesso vediamo strutture sovraffollate in cui il personale fa i salti mortali per cercare di tenere i livelli assistenziali sulla sufficienza. A tutto ciò si aggiunge il famoso problema delle mansioni. Spesso il personale infermieristico viene obbligatoriamente sostituito agli operatori socio-sanitari, per risparmiare sulle assunzioni. Anche questo aspetto si traduce nell’aumento esponenziale di carico di lavoro per gli infermieri, con conseguente penalizzazione per i pazienti, senza contare il disagio creato agli stessi OSS che hanno difficoltà a trovare lavoro anche a causa di tale “politica”. Nel quadro complessivo, si fa strada un’altra dinamica allarmante, lo sfruttamento dei tirocinanti di infermieristica. E’ situazione comune, purtroppo, quella che vede reparti interi che per sostenere la mole di lavoro necessitano obbligatoriamente di tirocinanti universitari, i quali, non ricevono nemmeno un misero rimborso spese per il lavoro espletato, ormai si è sfondato persino il concetto di apprendistato e si è arrivati a quello di schiavitù legalizzata. Tali dinamiche delineano perfettamente in che condizioni verte la sanità italiana, specialmente nelle regioni del Centro-Sud. Nel quadro complessivo, c’è da dire che sempre più soldi che vengono tagliati alla sanità pubblica, vengono indirizzati verso quella privata, e molto spesso si assiste a tali fenomeni ricorrendo all’Intra Moenia, che a differenza della sanità pubblica, prevede l’erogazione di prestazioni sanitarie privatamente, in tempi relativamente brevi, dietro un cospicuo pagamento della prestazione stessa.
Spesso accade che gli stessi medici che lavorano nel pubblico, abbiano un’attività privata nel quale indirizzano i pazienti che invece in prima battuta hanno cercato assistenza pubblica, il che crea un chiaro conflitto d’interesse. Va da sé che non sempre si possono aspettare i tempi e le modalità della sanità pubblica per ricevere una prestazione, basti pensare che il tempo medio per essere sottoposti ad una TAC è di circa 6 mesi. Quindi è chiaro che tale movimento di fondi faccia leva sui bisogni fisiologici di salute dell’utenza. Se da un lato, vediamo un progressivo affossamento della sanità pubblica, dall’altro assistiamo ad una florida speculazione sulla salute e sulla vita dei pazienti, perpetrata dalle strutture private. Altro punto dolente è l’assistenza domiciliare. L’ASL sopperisce ai pazienti che non possono essere spostati frequentemente, inviando personale sanitario direttamente a domicilio, il problema però rimane che spesso tale personale o non è qualificato per determinate mansioni, oppure semplicemente è troppo in sott’organico per poter espletare efficacemente una programmazione delle attività territoriali. Ultimo, ma non ultimo per importanza, è il concetto di hospice. Le strutture hospice sono strutture residenziali destinate all’assistenza sanitaria per accompagnare il paziente terminale verso la fine della propria vita, avvalendosi di professionisti sanitari vari. Purtroppo, principalmente al sud, tali strutture sono a dominio quasi esclusivamente privato, in quanto non essendoci già fondi per la sanità in generale, vengono considerate di importanza secondaria, ed ecco che, ancora una volta, i pazienti o i familiari sono costretti a rivolgersi al privato. Il vecchio concetto della sanità italiana migliore del mondo è ormai anacronistico, la sanità italiana funziona bene solo su carta, ma nel pratico è chiaro che gli interessi statali e borghesi si siano spostati totalmente sul profitto. Tutta questa tesi è confermata anche dal fatto che, ormai sempre più colleghi, si trasferiscano all’estero dove le condizioni di lavoro sono quantomeno migliori di quelle nel Bel Paese. I lavoratori della sanità, devono rendersi conto che tale situazione non può che portare all’estinzione della sanità pubblica, sempre più assuefatta al modello USA, andando a penalizzare tutto il comparto sanitario, ma ancor più grave l’utenza. Bisogna organizzare scioperi sul posto di lavoro, mobilitazioni, picchetti, costringendo i sindacati a creare tavoli istituzionali di contrattazione con lo stato.
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