È recente una nota dell’agenzia di rating Moody’s, la quale fa quadrato sulla crisi sistemica del capitalismo mondiale, una crisi profonda su cui i referenti dei banchieri e industriali stanno cercando di correre ai ripari dal 2008 senza alcun successo. Ecco perché forse è giunto adesso il momento di cambiare passo e di prendere la diretta e spregiudicata direzione delle politiche nei singoli paesi, di dettare in sostanza l’agenda politica guarda caso proprio nel momento che precede le misure finanziare che l’Italia (ma non solo) è tenuta ad adottare secondo i termini di legge. È toccata stavolta all’Italia una vera strigliata da parte dell’Agenzia americana, che ricordiamo è una società privata con sede a New York che, almeno sulla carta, esegue solamente ricerche finanziarie e analisi sulle attività di imprese commerciali e statali. A dire degli speculatori internazionali la situazione del bel Paese fa fatica a ripartire del tutto, confermando un periodo di arresto economico e finanziario, a cui , secondo l’Agenzia, dovrebbe far seguito la vera “ripresa”. A tal proposito Moody’s conferma il rating del nostro Paese fermo a Baa2, che ci posiziona appena sopra la soglia che segna il confine tra i cosiddetti «titoli spazzatura» e gli altri. Una posizione quindi stagnante dal loro punto di vista su cui pesa “la considerevole incertezza” sulle priorità del prossimo governo e sul risanamento dei conti. Il rischio e il timore della borghesia mondiale è quello di avere in Italia il prossimo anno un ‘Parlamento sospeso’ incapace di rappresentare a fondo le istanze dei banchieri e degli industriali. Difatti, se da un lato Roma è riuscita a evitare una crisi del sistema bancario più profonda (attraverso lauti finanziamenti pubblici con le tasse e i contributi dei lavoratori) e vive un momento di ripresa più sostenuta, pesa non poco l’incertezza sul futuro, soprattutto quella legata alle prossime elezioni legislative. Nonostante i recenti miglioramenti le prospettive di crescita sono probabilmente destinate a rimanere moderate nel medio termine, spiega l’agenzia, che comunque riconosce lo sforzo compiuto dal governo negli ultimi mesi per assicurare una ripresa più forte dopo sei anni di performance molto deboli. Tanto che ora le possibilità di crescere sono maggiori rispetto a quanto l’agenzia di rating stimava in precedenza. Tradotto in termini semplici l’Agenzia riconosce e si compiace delle politiche di smantellamento dei servizi pubblici, del trasporto, della sanità, della scuola, la precarizzazione del lavoro, la libera licenziabilità contenuta nel Jobs Act, della pessima riforma Fornero, le esternalizzazioni e la graduale “privatizzazione” del pubblico impiego ecc. ecc., ma è evidente che non basta e non è ancora soddisfacente. Quello che si vuole fare è affondare il colpo, arrivare al cuore della classe lavoratrice eliminando del tutto quelle tutele e quei diritti fondamentali, a partire dal diritto di sciopero, che ostacolano evidentemente il pieno ed incontrastato sviluppo dei profitti dei padroni, mettendo le mani magari su quei sindacati più combattivi e che oggi rappresentano l’unico elemento di netta resistenza presente sui luoghi di lavoro e tra i lavoratori; circoscrivere, ridimensionare con nuove leggi ah hoc e nuove manovre il margine d’intervento delle avanguardie sindacali e di quei lavoratori combattivi che, nonostante tutto, continuano imperterriti e fiduciosi nella costruzione di un fronte unico di lotta contro i padroni. Al netto di questo, com’è tradizione della peggiore borghesia, si cerca nel prossimo governo la capacità e la volontà di continuare ad affrontare in maniera efficace le esigenze dei “conti pubblici” a fronte di una crisi economica ed occupazionale senza precedenti. Insomma la capacità di far deglutire con dolcezza i prossimi bocconi amari alla classe lavoratrice. Vedremo con quali strumenti, se attraverso le colluse sigle sindacali confederali o con altri metodi. Di sicuro nel frattempo i lavoratori non possono farsi trovare impreparati ed attendere un nuovo attacco padronale, per cui iniziando dal semplice vertenzialismo, occorre dare forza, adesione e partecipazione alle lotte che in questi anni alcuni sindacati di base stanno organizzando con successo in alcuni settori: uno di questi è senz’altro la logistica. Va ribadita, dunque, l’esigenza di forme di coordinamento a tutti i livelli di lavoratori e lavoratrici, come strumenti di lotta e autorganizzazione, nell’ottica di un ampio fronte unico dei lavoratori, in grado finalmente di rispondere adeguatamente ai colpi della borghesia e di dare corpo ad una vera lotta di classe nel nostro paese.

 

Paolo Prudente

Giornale militante online fondato nell'aprile 2017.
Sito informativo della Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR).