PREMESSA

Dalle elezioni dell’assemblea costituente venezuelana dello scorso luglio alle elezioni locali stravinte dal PSUV di questo ottobre, si sono lette le più disparate prese di posizione tra i gruppi marxisti. Che si tratti dell’appoggio più o meno critico a Maduro, dell’adesione alle manifestazioni dell’opposizione per la cacciata di un governo sempre meno riformista e sempre più autoritario, o della posizione “né con gli uni né con gli altri”, apparirà da una breve scorsa degli articoli di vari giornali una certa astrattezza, dovuta alla mancanza di analisi dei rapporti di forza in Venezuela. Non basta dire, infatti, che se il “popolo” vota per Maduro allora bisogna sostenerlo, seppur criticamente, oppure affermare che se i limiti della politica economica chavista – che sarà oggetto di un altro articolo- oggi si palesano nell’impoverimento dei ceti popolari, allora bisogna far cadere il governo venezuelano aderendo alle manifestazioni di un’orrida opposizione ultraliberista e fascista. Da che mondo è mondo, i comunisti hanno al centro dei propri interessi la classe operaia ed il popolo che si organizza in un contropotere dello stato borghese ed in base a questi capisaldi analizzano la dialettica di un caso concreto (e la dialettica, sia detto per inciso, non può che essere di un caso concreto) per prendere posizione. Parlare di popolo che si muove durante le campagne elettorali, senza dire nulla sulle forme di organizzazione autonome che assume questo “popolo” e del ruolo della classe operaia, significa abbandonare l’analisi marxista per sostituirsi ai sondaggi dei media borghesi, spesso appoggiando in maniera irriflessiva posizioni riformiste e senza nemmeno un reale radicamento tra la classe operaia, nella miglior tradizione del centrismo.1 D’altro canto la posizione di aderire alle manifestazioni della MUD contro Maduro riflette una posizione ed un metodo speculari al precedente e parimenti criticabile. In questo articolo si vuole tratteggiare brevemente un fenomeno di cui pochi, almeno in Italia, parlano: le comuni venezuelane, ossia radicati embrioni di economia socialista e di autorganizzazione popolare, nati sulla scorta della cosiddetta “rivoluzione bolivariana” ed in continuo incontro/scontro con lo stato chavista.

ALCUNE TAPPE DELLA STORIA DELLE COMUNI ED IL LORO FUNZIONAMENTO

«Come Hugo Chavez non ha creato la Rivoluzione Bolivariana, così lo stato venezuelano non ha creato le comuni e le assemblee comunitarie»:2 così scrive Georg Ciccariello-Maher, autore di Building the Commune: radical democracy in Venezuela. Prima della “messa su carta” delle comuni -con la Legge Organica delle Assemblee Comunitarie del 2006- già dal 2002 si erano create delle assemblee popolari di discussione politica e sui problemi della vita quotidiana della popolazione. La legge del 2006 ha riconosciuto assemblee di circa 200-400 famiglie nelle zone urbane e in quelle rurali. Tra il 2009 ed il 2010 vengono discusse in ben 2.500 assemblee in tutto il territorio venezuelano delle leggi per estendere la democrazia nelle assemblee comunitarie e per combattere la corruzione. Ancora in quegli anni, tuttavia, le comuni non sono pienamente regolarizzate e tenute molto in considerazione da parte del governo: solo il 10 agosto del 2012 la prima comune viene ufficialmente riconosciuta dal governo venezuelano; effettivamente è solo dopo il famoso discorso del Golpe de Timon del 20 ottobre del 2012 che Chavez inizia pubblicamente a lamentare la lentezza dell’approccio del governo in rapporto allo sviluppo delle comuni, trovando nel vice-ministro Maduro un sostenitore della svolta.3 Nel piano sulle comuni 2013-2019 il governo scrive di volere far sì che le rappresentanze comunitarie coprano il 68% della popolazione venezuelana, 21.060.000 persone. La legge del potere popolare promulgata nel 2006 afferma che lo stato deve obbedire al potere popolare e che il settore pubblico dell’economia deve integrare rappresentanze comunitarie.

Una volta arrivato al potere, Maduro nel settembre 2013 ha annunciato che «la comune deve essere il nuovo potere economico, per rafforzare la potenza del lavoro solidale, la produttività, la cultura, per la comunità, per la società».4 Già all’epoca erano presenti nel territorio venezuelano 44.000 assemblee comunitarie con 112 comuni già registrate e 377 in attesa di registrazione. Le comuni, lo si vedrà meglio in seguito, sono organi di autogoverno popolare dediti alla produzione di beni e servizi e alla discussione per la risoluzione di problemi politici e di vita quotidiana: esse sono regolate da assemblee locali che eleggono delegati su differenti livelli, fino al parlamento nazionale delle comuni. Maduro, perseguendo il proposito di estendere le comuni, ha immediatamente dato il compito al ministro della comunicazione Delcy Rodriguez di diffondere la “cultura comunitaria”, attraverso un «viceministro alle comunicazioni per le Comuni ed il potere popolare». Questo apparente pieno supporto all’istituzione delle comuni, però, cozza con una manifestazione dei rappresentanti di questi organi popolari a Plaza Bolivar avvenuta lo scorso 4 ottobre, presso la neoeletta Assemblea Nazionale Costituente (ANC); in tale occasione l’attivista Amarelys Guzman, portavoce della rete delle comuni, ha detto detto che «siamo qui semplicemente per essere ascoltati come membri delle comuni […]. Dato che lo spirito delle comuni non si riflette più nei 24 delegati per le comuni eletti all’ANC, noi vogliamo che le nostre comuni ed il nostro processo [politico] sia confermato nella legge [costituzionale]».5 Il movimento delle comuni, che in questi ultimi anni si è concentrato sulla produzione di cibo in risposta alla penuria dovuta al boicottaggio economico della borghesia nazionale ed internazionale, ha da poco presentato un programma con ben 23 punti politici.6 In questo programma si dà sostegno a Maduro contro le sanzioni dell’imperialismo internazionale e si incoraggiano politiche energiche contro la borghesia nazionale, «porque solo el pueblo salva al pueblo» e perché «solo la comune, con le sue organizzazione e le sua reti socio-produttive, i movimenti sociali e popolari, può affrontare con successo e con una forma sostenibile la guerra economica della destra: è il popolo, nel pieno esercizio del suo potere costituente in rivoluzione permanente».7 Tra i 23 punti vi sono anche richieste di scarcerazione di compagni militanti delle comuni imprigionati nelle carceri venezuelane e la protesta contro le istituzioni statali «che sabotano ed ostacolano il lavoro produttivo dei nostri contadini e contadine, comuneras y comuneros». È evidente il rapporto conflittuale tra lo stato bolivariano e queste forme avanzate di potere popolare: già lo scorso maggio ha avuto luogo una manifestazione nazionale del movimento delle comuni con la richiesta di un riconoscimento legale costituzionale, ma all’epoca si scriveva che «i sostenitori delle comuni sono fiduciosi [che la situazione] presto cambierà, con la recente richiesta di Maduro di una riforma costituzionale».8 Tutto ciò porta a pensare ad una disillusione crescente rispetto l’ANC. Sia detto per inciso che all’interno dell’ANC vi è di tutto, ma come spesso accade i più decisi politicamente sono proprio i rappresentanti della borghesia: il chavismo ha infatti sempre avuto rapporto equivoco con i padroni venezuelani, dividendoli tra progressisti e reazionari. Se la borghesia raccolta in Federcàmeras, infatti, è sempre stata ostile al movimento bolivariano, tuttavia vi sono stati padroni che sono riusciti ad intrattenere un ottimo rapporto prima con Chavez, poi con Maduro: nel 2013 il ministro Jeorge Giordani ha rivelato che l’anno precedente ben 20 miliardi di dollari erano stati prestati ad un tasso di favore per finanziare discutibili importazioni (leggasi: contributi governativi allo sviluppo della “borghesia buona”).9 Qualsiasi comunista serio – dunque non stalinista, come il partito comunista venezuelano (PCV) che ha appoggiato senza riserve il sostegno alla borghesia progressista- sa che la borghesia è credibile quanto la purezza di un buon cattolico. Il fedelissimo Albert Cudemos ad esempio, magnate della produzione di maiali, in ossequio alla sua professione non ha atteso un minuto, morto Chavez, ad attaccare Maduro e oggi all’interno dell’ANC vi stanno persone del calibro del burocrate delle industrie statali Oscar Shemel, amico del fu ministro chavista –e ora banchiere- Pérez Abad. Shemel, rappresentante del settore produttivo all’ANC, non ha perso tempo a portare avanti le istanze della borghesia, proponendo la privatizzazione dei settori pubblici venezuelani.10 Insomma questi maiali, a quanto pare, non hanno perso lo “spirito dello sfruttamento”, come invece i rappresentanti delle comuni all’ANC stanno perdendo lo “spirito delle comuni”, almeno seguendo ciò che riferiscono importanti esponenti di questo movimento.

È utile approfondire ancora le contraddizioni tra comuni e stato bolivariano e spiegare il concreto funzionamento delle comuni sulla base di esempi. In ogni stato del Venezuela l’assemblea delle comuni, in concerto con il parlamento nazionale delle comuni, dovrebbe «incontrarsi con i ministri per sviluppare piani governativi, cosa che non è stata fatta. Vi sono stati due tentativi, ma non hanno avuto seguito».11 Questa è l’impressione di Jennifer Castillo del movimento delle comuni e militante politica, che continua: «ci sono molti progetti, che però non vanno da nessuna parte». Delegati del governo dovrebbero incontrare una volta al mese i rappresentanti delle comuni, ma questo non è mai stato fatto e, nonostante i proclami roboanti del presidente Maduro, si lamenta la poca importanza delle comuni nei progetti del governo: «ma dove sono le comuni? Le comuni infatti sono i nuclei fondamentali dove si trovano le assemblee comunitarie, dove si trovano tutti i settori che vivono in una comunità: contadini, lavoratori, gruppi di diverso genere e sesso, sono tutti presenti nelle comuni. Al momento a tutto si dà visibilità, tranne che alle comuni». Di più: «non vogliono inserirci nell’arena pubblica a causa di interessi di potere. Noi pensiamo che non debba sussistere alcuna altra struttura parallela alle comuni, poiché la comune ha tutto ciò che serve per risolvere i problemi della comunità».12 Questa mancanza di visibilità e di attenzione per il movimento delle comuni non stupisce, anche se in 9 stati lo stesso movimento ha recentemente proposto dibattiti tra la popolazione di tutto il Venezuela e raccolto firme contro le sanzioni che Trump ha imposto alla nazione venezuelana durante la scorsa estate. Sempre secondo George-Ciccariello Maher «non solo lo stato non ha creato le comuni, ma la maggioranza dell’apparato statale è apertamente ostile al potere delle comuni»13 e tutto questo perché le comuni sono oggettivamente un potere che potenzialmente potrebbe liquidare l’apparato dello stato borghese con cui mai il chavismo si è confrontato, col rischio sempre più elevato di esserne definitivamente assimilato. Angel Prado è stato portavoce della comune di El Maizal, che coltiva più di 1000 ettari di grano, ed ha raccontato lo scontro stato-comuni. Ad El Maizal i contadini si sono dati da fare per espropriare le terre dei latifondisti sotto pressione di Chavez, ma poi le terre espropriate sono state acquisite dalle industrie statali venezuelane, che, operando in un sistema capitalista, di socialismo hanno ben poco: «organizzandosi [i contadini] tra loro e le comunità vicine, provando che riescono ad essere più produttivi dei burocrati corrotti, alla fine El Maizal ha guadagnato il supporto di Chavez per prendere per sé le terre. Ma anche oggi Prado pensa che il capo locale del PSUV sia il loro principale nemico e che stia tentando di distruggere la comune».14 Le comuni, pur in prevalenza contadine, non sono solo rurali: dove i terreni non sono fertili ci si è focalizzati sulla produzione comunitaria dei servizi, come i trasporti pubblici, inoltre «qualche comune ha richiesto il controllo sulle industrie locali. Quando una fabbrica di birra a Barquisimento, prima posseduta dalla multinazionale brasiliana Braham, è stata chiusa, i lavoratori hanno preso controllo della fabbrica ed hanno iniziato ad imbottigliare acqua per le comunità locali. Ad oggi [22/3/016] gli operai continuano a resistere alle ordinanze del tribunale di smobilitare e domandano che la fabbrica sia espropriata e posta sotto il diretto controllo democratico della vicina comune di Pìo Tamayo».15 Questo, sia detto per inciso, vale per il controllo democratico delle comuni sulle fabbriche, perché vi sono altri esempi in cui la lotta operaia ha costretto il governo a nazionalizzare industrie in crisi, ne basti uno: la nazionalizzazione (con lauto indennizzo) della Kimberley Clark. La produzione democratica delle comuni non significa solo produzione di beni, ma anche evoluzione politica dei lavoratori e delle comunità: ad esempio la costituzione della comune urbana nel quartiere violento di El Cementerio, a sud di Caracas, ha causato la tregua tra le gang locali. Tuttavia, come si è visto, gli attriti del sistema delle comuni con plurimi livelli del potere statale e la disillusione che avanza in quegli ambienti ha fatto sì che il parlamento nazionale delle comuni, che dovrebbe decidere cosa, come e quanto produrre, a livello nazionale, si sia riunito una sola volta nella sua storia: «molte assemblee comunitarie e molte comuni si sono concentrate esclusivamente sul loro territorio locale e il loro coordinamento a livello statale e nazionale è stato più simbolico che altro. Inoltre le assemblee fanno il più del lavoro, mentre i governatori locali meno radicali se ne prendono il merito».16 Siccome si è detto che la maggior parte delle comuni sono rurali, è necessario analizzare la storia ed il funzionamento di alcune comuni contadine. Ad esempio la fattoria di UPSA (unità produttiva agricola sociale) Caquetios, in Cadubare, nella municipalità di Palavecino: nel 2001, grazie ad un decreto promulgato da Chavez, i contadini sono riusciti a prendere il controllo delle terre inutilizzate da un latifondista che coltivava canna da zucchero. Ora, i pesticidi utilizzati dal latifondista avevano reso la terra infertile ed i contadini sono riusciti a revitalizzarla impiegando vermi e compost: così facendo, sono riusciti a coltivare 40 ettari con un grano autoctono, il Guanape, contenente più proteine di quello importato e la cui specie stava ormai estinguendosi. Qui i contadini democraticamente decidono come e quanto produrre, implementando negli ultimi tempi anche numerosi dispositivi di sicurezza, dato che la loro fattoria è stata oggetto degli attacchi dei guarimberos di estrema destra, che hanno rialzato la testa l’estate scorsa, durante le proteste anti-Maduro, dimostrando di che pasta è fatta l’opposizione in Venezuela, antioperaia, antipopolare e spesso fascistoide. Un altro esempio di comune rurale più ampia è quella dell’impresa di produzione sociale di proprietà comunitaria (EPSDC) Argimiro Gabaldon, situata a Lara ed estesa per ben 1000 ettari. Questa fattoria è controllata direttamente dalla già citata comune di El Maizal, composta da 22 assemblee comunitarie che raccolgono circa 80.000 persone.17 Nella fattoria Argimiro Gabaldon si coltivano fagioli neri, grano, ortaggi e caffè, inoltre si produce latte da 100 mucche, che sono munte 2 volte al giorno; la paga dei contadini dipende dalla produttività della fattoria, ma è sempre superiore del salario minimo, inoltre i lavoratori ricevono gratuitamente generi alimentari, cure mediche ed alloggi. I prodotti vengono venduti direttamente alle comunità locali, evitando la grande distribuzione in mano ai capitalisti privati che boicottano l’economia venezuelana e che provocano la scarsità di cibo nel paese. Alla ricerca di sempre maggiore autonomia, i lavoratori della EPSDC «dicono che il prossimo anno non chiederanno fondi al governo e che useranno le sementi locali».18 Sempre la fattoria diretta dalla comune di El Maizal 3 anni fa ha preso possesso di un giardino orto-botanico impiantato da alcuni biologi cubani e mandato alla malora appena la burocrazia statale ne ha successivamente acquisito il controllo. La fattoria comunitaria ha in programma di collaborare con l’Università Contadina per far utilizzare il giardino orto-botanico a classi di 300 giovani, di coltivarvi cibo per allevare maiali e addirittura allestire vivai ittici: queste ultime attività saranno presto rese possibili grazie agli insegnamenti tutt’ora impartiti dai biologi cubani ai contadini venezuelani. Per concludere, si guardi alla comune di Lomas de Leon, sempre a Lara. Questa comune ha al suo interno un comitato femminista composto da donne che spesso hanno subito violenza domestica. Questo comitato lavora per rendere economicamente indipendenti le donne inserendole nella vendita, ad esempio, di generi alimentari e quando sospettano che una donna della loro comunità sia oggetto di violenza, una compagna del comitato «si incarica di farle visita quand’è sola per introdurla delicatamente alla questione, in quanto molte donne si vergognano di parlarne».19

CONCLUSIONE

Si è cercato di mostrare come il movimento delle comuni venezuelane sia ben strutturato, radicato e politicamente avanzato, rappresentando un embrione di ciò che la società venezuelana sarebbe, se tutte le parole d’ordine socialisteggianti prima di Chavez, poi di Maduro, fossero state davvero originate da un chiaro indirizzo politico. In realtà lo stato borghese con cui il chavismo è sempre venuto a compromessi, col quale si è sempre più identificato, rappresenta a tutt’oggi un freno all’autorganizzazione politica ed economica delle masse venezuelane. Tuttavia, e questo bisogna sottolinearlo, nemmeno una posizione che equipari il PSUV e la destra venezuelana può essere accolta, poiché uno degli obiettivi della MUD è quella della distruzione delle comuni –come molti dirigenti di destra hanno affermato all’alba della loro vittoria alle elezioni nazionali del 2015- mentre il chavismo è costretto ad entrare in rapporto con il movimento delle comuni. Effettivamente i cambiamenti di atteggiamento che il chavismo ha adottato nei confronti delle comuni, seppur siano solo di facciata, riflettono il fatto che la base del PSUV è legata all’esperienza qui brevemente analizzata: il chavismo è costretto a fare concessioni al movimento delle comuni, specie quando è in difficoltà, per mantenere la propria legittimazione al potere. Se si pensa che il movimento delle comuni possa essere la base per la rivoluzione venezuelana, non si può equiparare una forza politica che vuole la sua distruzione con un’altra che è costretta a fargli concessioni. Il sistema delle comuni, d’altro canto, non può esser visto che come un’oggettiva antitesi di ciò che è stato e soprattutto di ciò che è il PSUV oggi, ossia una forza politica che, seppur con una larga base lavoratrice, accoglie tra le fila dei suoi dirigenti aperti sostenitori della borghesia più o meno criminale del Venezuela e che è legata sempre più all’apparato statuale borghese. Ora, ciò che conta non è, di per sé, prendere posizione contro o a favore del governo Maduro, bensì riflettere su come garantire la continuazione ed una sempre maggior autonomia politica di classe al movimento delle comuni rispetto alle dirigenze del PSUV ed assumere una tattica volta all’allargamento e alla radicalizzazione delle comuni, specie quelle operaie, per un’avanzata del movimento popolare ed operaio venezuelano verso il socialismo. Lo si ripeta: tale autonomia politica, già implicita nelle comuni, è comunque necessario che si attualizzi in una vera e propria forza politica che porti fino in fondo la logica del governo operaio e popolare in tutto il Venezuela, scontrandosi con le forze reazionarie o incontrandosi, all’occorrenza, con le forze che di volta in volta possono aiutare a fare un passo avanti al movimento reale, che come si sa vale più di una dozzina di programmi (ma qui in Italia non lo si ricorderà mai abbastanza). Tanto è più urgente questo salto qualitativo e politico in avanti del movimento delle comuni, perché le cooperative di produzione, pur basandosi all’origine su principi antitetici a quelli del capitale, possono tuttavia essere digerite da quest’ultimo e piegate agli interessi del mercato: il fatto che alla fattoria Argimiro Gabaldon i contadini siano pagati a seconda della loro produttività rappresenta un limite e mostra la pervasività della legge del valore che noi vogliamo abbattere, anche se il salario è superiore a quello minimo. La deriva che le cooperative possono avere nel capitalismo, se non si raggiunge al più presto l’obiettivo della rivoluzione socialista, è stato da più dirigenti marxisti segnalato in passato: Rosa Luxemburg criticava il “mondo parallelo” economico fatto di cooperative operaie, come lo definisce Pierre Broué nel suo Revolution en Allemagne, su cui l’esistenza della burocrazia riformista dell’SPD in gran parte si fondava e che garantiva le basi materiali della complicità delle dirigenze socialdemocratiche con la borghesia tedesca. Ma, senza andare troppo in là con la storia e per non citare verbosamente intellettuali e grandi rivoluzionari morti, basti pensare al misero Poletti.

 

Note

1 Sarà meglio precisare: il PSUV, come si dirà più avanti, è radicato nella classe operaia. Ma tale radicamento è accidentale se lo si analizza solo o prevalentemente da un punto di vista elettoralistico. Interessa invece analizzare quali sono gli organismi che la classe operaia adotta, se essa interviene con una forza politica autonoma o meno e, nel secondo caso, come interviene, se in maniera più o meno organizzata, con l’obiettivo di favorire la sua autonomia politica. Il metodo dei “flussi elettorali” non solo fa intuire vagamente la dialettica tra PSUV e classe operaia, ma generalmente fa confondere socialdemocrazie con le pezze al culo -come è accaduto ad esempio con alcuni compagni nel caso di Tsipras- per possibilità rivoluzionarie.

2 https://venezuelanalysis.com/analysis/11897

3Cfr. https://venezuelanalysis.com/analysis/10052

4 https://venezuelanalysis.com/news/9975

5 https://venezuelanalysis.com/news/13411

6 https://www.aporrea.org/poderpopular/n315102.html

7 Secondo la legge del Potere Popolare, promulgata nel 2006: «il potere popolare è il pieno esercizio della sovranità del popolo nelle sfera politica, economica, sociale, culturale, ambientale, internazionale ed in qualsiasi altra sfera del progresso e dello sviluppo della società attraverso le sue diverse forme di organizzazione che costruiscono lo stato comunitario»

8 https://venezuelanalysis.com/video/13156

9 https://venezuelanalysis.com/analysis/13416

10 Ibidem.

11 https://venezuelanalysis.com/interviews/13421

12 Ibidem.

13 https://venezuelanalysis.com/analysis/11897

14 Ibidem.

15 Ibidem.

16 https://venezuelanalysis.com/analysis/12769

17 https://venezuelanalysis.com/analysis/13420

18 Ibidem.

19 Ibidem.

 

Matteo Pirazzoli

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.