Proponiamo qui di seguito la sintesi e l’analisi teorica dell’opera di Friedrich Engels L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato (prima edizione nel 1884) nel tentativo di comprendere più a fondo le molteplici e sempre più esplicite contraddizioni e spaccature ideologico-culturali che, in particolare dagli anni ‘70, caratterizzano la famiglia monogama, patriarcale e misogina. Riemergono, infatti, da un lato rivendicazioni che mirano a portare lo scontro su un terreno di lotta anticapitalismo, dall’altro posizioni che rimangono su un terreno di lotta propriamente borghese tanto sbandierato dalla sinistra riformista e da tutti quei movimenti che amano definirsi femministi ma che in realtà, anziché rivendicare la parità tra i sessi, non fanno altro che riproporre una sorta di maschilismo al femminile dove l’unica tattica è quella di accusare gli uomini a prescindere e di sfociare in una “guerra tra i sessi”. In questo articolo tratteremo il primo capitolo, che in realtà non parla ancora della famiglia e delle sue origini ma rimane comunque fondamentale perché pone le premesse per comprendere su quali basi e su quali processi sociali è nata la società capitalistica, le sue caratteristiche fondamentali e di pari passo una delle sue sovrastrutture principali, la famiglia monogama patriarcale e misogina.

Introduzione
A sostegno della critica di Marx e di Engels alle teorie borghesi sulla proprietà privata e sulle varie strutture e sovrastrutture che la difendono, sono state raccolte in quest’opera da Engels stesso tutte le conclusioni frutto di lunghi e molteplici dibattiti tra Marx e l’etnologo statunitense Lewis Henry Morgan, che visse a lungo tra gli Irochesi e altre popolazioni native dell’America del Nord. In accordo con L’ideologia tedesca, opera scritta sempre da Engels in gioventù, il testo che trattiamo rifiuta innanzitutto la divisione tra storia e preistoria in quanto la storia non incomincia, come vogliono sostenere i teorici occidentali, dalla nascita della scrittura, della divisione nei ceti sociali, dalla formulazione dei codici legislativi, etc., ma da quando l’uomo ha incominciato a creare i mezzi per soddisfare i bisogni primari come nutrirsi e trovare un riparo. In questa prima fase della civiltà umana non esisteva la proprietà privata e nemmeno lo stato, tutti prodotti del capitalismo che hanno portato alla guerra tra classi e al razzismo etnico; l’unico rapporto di divisione nel lavoro era quello tra i sessi nella procreazione e l’unico rapporto sociale è la famiglia, allora ben diversa da come la conosciamo oggi. Se infatti in quella prima fase la famiglia era forse veramente legata da rapporti affettivi, oggi la famiglia è per lo più una sovrastruttura sociale dove si riproducono, in maniera più ridotta ma comunque efficace, alcuni processi di categorizzazione, di classificazione e di discriminazione appartenenti alla società capitalista come ad esempio, e forse è il più importante, la sottomissione della donna all’uomo e il suo totale asservimento al soddisfacimento dei bisogni familiari, con la conseguente alle sue libertà e ai suoi desideri personali.

Stadi preistorici della civiltà
Engels fa ordine nella fase preistorica umana individuando in essa tre stati principali: stato selvaggio, barbarie e civiltà. I primi due riguardano la fase primitiva e si suddividono in stadio inferiore, stadio intermedio, stadio superiore. Lo stato selvaggio nel suo stadio inferiore, ormai estinto in ogni popolo presente sulla terra, rappresenta la fase più vicina al regno animale e la culla del genere umano dove in effetti l’uomo viveva ancora nelle sue sedi natie, le foreste tropicali e subtropicali. Viveva quindi per lo più sugli alberi e si nutriva esclusivamente di frutta, noci e radici. La particolarità di questo stadio fu lo sviluppo di un linguaggio articolato. Con la scoperta del fuoco, l’utilizzazione dei primi arnesi da combattimento, l’introduzione di nuovi cibi e soprattutto con le prime migrazioni lungo i corsi fluviali, l’uomo passò in seguito dallo stadio inferiore allo stadio intermedio dello stato selvaggio. Raggiunse infine lo stadio superiore, ancora presente (facendo riferimento a quando è stato scritto il libro) tra gli Indiani dell’America del nord-ovest che egli poté osservare, diventando abile nell’utilizzo di attrezzi sempre più sofisticati come l’arco, introducendo la selvaggina nell’alimentazione e costruendo le prime abitazioni. Ciò volle dire per l’uomo l’inizio della vita organizzata in comunità o in tribù.

Lo stadio inferiore della barbarie si caratterizzò per la tecnica di lavorazione della ceramica e di conseguenza per lo sviluppo dell’arte vasaia. In questo periodo inoltre, e in particolare nello stadio intermedio, l’uomo si specializzò anche nella coltivazione delle piante e nell’allevamento degli animali. In Europa e in Asia proprio per queste ultime due attività iniziarono a differenziarsi gli Ariani e i Semiti dalle altre popolazioni barbare. Le popolazioni dell’Occidente (Le Americhe) e dell’Oriente (il vecchio mondo) incominciarono così a differenziarsi a seconda delle diverse risorse naturali e a seguire quindi anche un corso evolutivo diverso. Vista la ricchezza di risorse naturali e anche l’introduzione di nuovi alimenti nell’alimentazione, il vecchio mondo continuò a progredire tecnologicamente fino a raggiungere lo stato della civiltà mentre le popolazioni delle Americhe rimasero a questo stadio e a quelli inferiori (in alcuni era ancora presente l’antropofagia) fino all’epoca delle prime esplorazioni e delle prime conquiste europee in America che portarono sì ad un ulteriore progresso dal punto di vista tecnologico, ma sbarrarono però la strada ad uno sviluppo autonomo da parte di quelle popolazioni. Competizione, continua ricerca di un progresso sfrenato, sfruttamento delle risorse a discapito del territorio, senso di superiorità di un popolo: già quella società era mutata di molto rispetto al primo stadio dello stato selvaggio, già andavano a delinearsi alcune premesse fondamentali per la nascita della società capitalistica. Con la scoperta della fusione dei metalli, in particolare del ferro, si ebbe lo stadio superiore della barbarie per giungere infine alla civiltà(1) con la scoperta della scrittura alfabetica. A questo stadio appartengono in particolare le popolazioni stanziate in Grecia, connesse con la così detta civiltà omerica dell’Iliade, ed i primi popoli italici e alcune popolazioni del nord Europa tra cui i Normanni. Fondamentale fu anche la fabbricazione di nuovi attrezzi, anche da lavoro, che permisero un’agricoltura su più vasta scala di produzione che portò ad un notevole aumento demografico ed anche alla concentrazione della popolazione in determinate aree. In questo periodo, infine, si diffonde la produzione dell’olio e del vino e la costruzione di importanti città munite di mura difensive e di importanti strutture architettoniche.

 

Azimuth

 

Nota del redattore

(1) Gli studi più moderni tendono ad usare il termine civiltà in modo più neutro e generico, senza riferimento al grado raggiunto dalla cultura materiale, riconoscendo ad ogni cultura una sua complessità e dignità. Una distinzione adoperata più di recente è quella tra “civiltà primitive” e “civiltà superiori”, che dà conto appunto della presenza o meno di vari elementi come insediamenti urbani stabili, scrittura, tecnologie agricole avanzate, forte stratificazione sociale, leggi ed istituzioni connesse, etc. Si vede bene che anche in questa terminologia, che pure vuole essere meramente convenzionale, permane l’ombra di concezioni evoluzionistiche.

La Voce delle Lotte ospita i contributi politici, le cronache, le corrispondenze di centinaia compagni e compagne dall'Italia e dall'estero, così come una selezione di materiali della Rete Internazionale di giornali online La Izquierda Diario, di cui facciamo parte.