Oggi il governo iraniano ha giustiziato un manifestante accusato di “inimicizia contro Dio” per aver preso parte alle proteste anti-regime. Questa settimana il Paese ha vissuto tre giorni di sciopero in seguito all’annuncio di un eventuale scioglimento della Polizia Morale, ritenuto insufficiente dai manifestanti.


Oggi l’Iran ha annunciato la prima esecuzione di un manifestante condannato a morte per aver partecipato alle proteste che hanno scosso il Paese da metà settembre.

Mohsen Shekari è stato giustiziato questa mattina presto dopo essere stato condannato a morte il 29 novembre da un “tribunale rivoluzionario” con l’accusa di “inimicizia contro Dio”. È stato accusato di aver “bloccato una strada e di aver creato terrore a Teheran”, come ha riferito l’agenzia Mizan della magistratura. In altre parole, accuse che potrebbero essere applicate praticamente a tutti i manifestanti che sono scesi in piazza negli ultimi 80 giorni.

Shekari è il primo manifestante ad essere giustiziato per il suo coinvolgimento nelle proteste che stanno scosso l’Iran dalla morte di Mahsa Amini, avvenuta a metà settembre dopo essere stata arrestata dalla polizia morale per aver indossato in modo scorretto il velo islamico. I disordini sono iniziati per la morte della 22enne curda, ma si sono evoluti e i manifestanti chiedono ora la fine della Repubblica islamica.

Le autorità giudiziarie hanno finora condannato a morte 11 persone per la loro partecipazione alle manifestazioni e un numero imprecisato di persone a pene detentive. Amnesty International ha riferito che almeno 28 delle 2.000 persone accusate nelle proteste rischiano la condanna a morte. Secondo l’ONG Iran Human Rights, con sede a Oslo, nei quasi tre mesi di proteste sono state uccise più di 400 persone e arrestate almeno 15.000.

All’inizio della settimana, nel mezzo della crescente crisi, sono emerse notizie confuse secondo le quali il governo avrebbe sciolto la Polizia Morale come gesto per cercare di sedare le proteste. Tuttavia, i settori conservatori hanno immediatamente smentito, senza che tale annuncio fosse mai ufficialmente confermato. Ciò non ha fatto altro che infuriare i manifestanti che hanno proclamato uno sciopero di tre giorni, che di fatto si è trasformato in una sorta di sciopero civico in alcune città, dove le attività commerciali sono rimaste chiuse, e in manifestazioni in diverse parti del Paese.

Questa settimana di proteste ha avuto un giorno significativo ieri, mercoledì 7, quando si è celebrata la Giornata dello studente e i giovani sono usciti in massa per marciare ed esprimersi. Gli studenti universitari e delle scuole superiori sono un settore chiave delle proteste e hanno acquisito un singolare rilievo nel corso delle settimane.

Gli studenti dell’Università Amir Kabir di Teheran hanno commemorato la giornata lanciando proteste e scandendo slogan anti-regime come “Morte al dittatore” e “Con o senza hijab, stiamo andando verso la rivoluzione!”. Nonostante le pesanti misure di sicurezza, gli studenti in protesta sono riusciti a sfondare le linee di sicurezza del campus e delle unità Basij del regime. Scene simili, comprese le intimidazioni della polizia, si sono verificate nelle principali città del Paese.

Il tentativo fallito e tardivo di annunciare il presunto scioglimento della Polizia Morale non è servito a fermare le proteste che stanno per entrare nel terzo mese. Al contrario, è probabile che l’esecuzione di Shekari scateni nuove manifestazioni, in un momento in cui i manifestanti non chiedono più solo giustizia per Amini o contro la Polizia Morale, ma il rovesciamento del regime.

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