Mentre supera la soglia dei due miliardi di utenti, Facebook, il social network con più iscritti al mondo, è riuscito recentemente a conquistare anche l’Africa. Circa il 60% degli africani attivi su internet utilizza Facebook (soprattutto tramite smartphone), fenomeno che interessa in particolare Kenya e Nigeria dove hanno un account sul social network rispettivamente due e sette milioni di persone. Un grosso traguardo, il quale tuttavia non indica necessariamente che l’Africa abbia intrapreso la strada dello sviluppo tecnologico, ma solo che Zukerberg stia aumentando i suoi profitti legati evidentemente al numero degli utenti (più iscritti ha Facebook, più informazioni da vendere alle imprese sotto forma di inserzioni pubblicitarie personalizzate).

A dispetto dell’espansione dell’utilizzo di Facebook, infatti, il digital divide in Africa – misurato come percentuale di persone che hanno accesso a internet sul totale della popolazione – è ancora elevatissimo: solo il 25% degli africani ha una connessione web contro l’85% degli abitanti dei paesi sviluppati. La causa di una situazione del genere è la subordinazione del “continente nero” all’imperialismo, da cui derivano la povertà estrema e l’analfabetismo ancora imperante (le persone istruite sono circa in media il 55%) che impediscono la diffusione delle Internet information tecnology, se non nelle aree urbane e tra i ceti più abbienti. Solo una minoranza infatti può permettersi di pagare l’accesso ad Internet, monopolizzato dalle multinazionali occidentali che già nel 2002 succhiavano agli africani oltre 1 miliardo di dollari l’anno per l’affitto delle connessioni satellitari necessarie per far funzionare le telecomunication and information technology in assenza di infrastrutture adeguate (un business nel quale recentemente si è lanciato lo stesso facebook)

Proprio per questo la diffusione di Facebook nei paesi sottosviluppati non può essere un indicatore di vero progresso. Senza incidere minimamente sul digital divide, l’espansione dell’utilizzo di facebook minaccia di approfondire il “class divide”, nella misura in cui è evidente che l’accesso al social network divarica ulteriormente la discrepanza in termini di opportunità relazionali, sociali etc. tra “chi ha” e “chi non ha” accesso ad Internet per motivi economici. Tirando le somme è dunque necessario leggere la questione da un punto di vista di classe se non si vuole abboccare alla retorica che vede Facebook come faro di civiltà, quando invece non è altro che un gruppo capitalistico interessato esclusivamente al profitto.

Azimuth

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.