Riportiamo una versione scritta degli interventi di Clara Mallo, lavoratrice e militante della Corriente Revolucionaria de Trabajadores y Trabajadoras (Spagna), tenuti nel dibattito online organizzato da La Voce Delle Lotte e dal Coordinamento Studentesco Rivoluzionario, sulla condizione dei giovani precari e studenti in Italia e in Europa.

Il video dell’incontro è disponibile qui.


 Quali sono le condizioni della gioventù oggi?Che impatto ha avuto la crisi sanitaria su quei settori già estremamente precarizzati quali giovani lavoratori, donne lavoratrici e lavoratori migranti?

La crisi scatenata dalla pandemia ha fatto capire a tutti come milioni di lavoratori e lavoratrici precari siano in prima linea , e siano effettivamente quei lavoratori che fanno funzionare il mondo.
Per questi lavoratori, essere in prima linea ha significato dover scegliere tra andare a lavorare ed essere esposti al virus o restare a casa senza essere pagati. E’ il caso dei riders, lavoratori dei fast food, badanti, lavoratori a nero.
E questo fenomeno non è isolato. La precarizzazione del lavoro è un fenomeno globale che colpisce ampi settori di lavoratori, soprattutto i giovani, donne e i lavoratori migrati.
Ad esempio, nello Stato Spagnolo il tasso di stagionalità nell’occupazione giovanile è del 71% e il tasso di disoccupazione giovanile in aprile è stato nel 33%. La prospettiva verso cui si sta muovendo l’economia mondiale indica che questi dati peggioreranno e si cronicizzeranno per intere generazioni.
Lo stesso vale per le donne. Abbiamo visto come le donne nel mondo del lavoro siano tra i soggetti iù precarizzati, ed è per queste ragioni che sono uno dei settori più colpito dalla crisi tanto nel lavoro come nell ambito della riproduzione sociale. Ad esempio, qui nello Stato Spagnolo, dei posti di lavoro persi dall’inizio della crisi, il 60% era occupato da donne. Altre hanno mantenuto il loro lavoro, ma sono state in prima linea in condizioni brutali, senza protezione e con salari miserabili.
Allo stesso modo abbiamo visto come gli immigrati siano quasi privi di diritti e in un contesto pandemico la loro situazione è arrivata all’estremo, così come denunciavano i braccianti, i lavoratori agricoli italiani.
Come dicevo, la precarietà non è un’eccezione, ma un modello su cui si basa il capitalismo e che oggi mostra le sue peggiori conseguenze in questa nuova crisi.
È uno dei pilastri fondamentali dell’offensiva neoliberale, attraverso cui i capitalisti sono riusciti in tutti questi decenni a degradare le condizioni di lavoro di settori sempre più importanti della classe operaia.  Inizialmente, i governi hanno normalizzato l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro con contratti più precari rispetto alla popolazione adulta, con il pretesto di facilitare l’occupazione tra i giovani. Tuttavia, questo è stato solo un primo passo per attaccare l’intera forza lavoro. Lo stesso è stato fatto con le donne e i lavoratori migranti. Così con la crisi scatenatasi nel 2008 questo fenomeno si è accentuato e la borghesia è riuscita ad allargare la precarietà a settori sempre più ampi.
Diverse generazioni che già hanno dovuto sopportare la crisi del 2008, la cui ricetta era “più precarietà”, ora stanno soffrendo di nuovo il colpo della crisi.
Di fronte a questa situazione, l’obiettivo dei diversi governi, qualunque sia il loro colore, è lo stesso: proteggere i profitti capitalistici. Il governo spagnolo ha stanziato 30.000 milioni per combattere la crisi sanitaria ed economica, di cui, la maggior parte, destinata ad aiutare le grande aziende. Anche il governo italiano ha fornito ai capitalisti un salvataggio storico.
Questa è la situazione che dobbiamo affrontare oggi, noi giovani, noi donne lavoratrici.

Clara, la Spagna è stato uno dei primi paesi insieme all’Italia a risentire delle conseguenze della pandemia. Quali sono state le misure adottate dalle scuole e dalle università? Quali contraddizioni avete rilevato nelle soluzioni adottate?

La crisi ha rivelato le enormi disuguaglianze che esistono in tutti i settori della nostra vita, anche nell’ambiente studentesco e universitario.
Tutti i miti sull’uguaglianza nell’istruzione sono stati svelati durante questa pandemia. Tutti riconoscono il cosiddetto “digital divide”. Ma ci sono anche altre differenze quando si tratta di accedere alle risorse necessarie, come manuali e libri o di avere uno spazio adeguato per lo studio.Comunque, queste difficoltà sono solo la punta dell’iceberg. All’università e ad altri livelli di istruzione, ci sono importanti differenze tra chi deve lavorare per studiare e chi può permettersi di non farlo.
Dall’ altro lato,l’attuale crisi economica approfondirà senza dubbio il processo di elitarizzazione delle università e l’esclusione degli studenti più poveri. Con la nuova crisi sarà molto più difficile l’ accesso a livelli di studio superiori per i figli dei lavoratori, che non potranno pagare le costosissime tasse.Il governo spagnolo, ad esempio, ha annunciato che le tasse universitarie saranno ridotte solo per gli studi con i costi più alti. Se applicata, questa riduzione non risolverebbe comunque il problema l’elitarizzazione dell’ università.
Altro problema o un dibattito aperto con la crisi è come le risorse universitarie dovrebbero essere messe a disposizione della società nella lotta contro il coronavirus.
Ad esempio, il sistema universitario spagnolo è composto da un totale di 82 università, 50 pubbliche e 32 private con migliaia di istituti di ricerca universitari, e decine di ospedali universitari. Queste università riuniscono circa 1,5 milioni di studenti, più di 120.000 insegnanti e quasi 25.000 ricercatori. Possiamo immaginare cosa succederebbe se questa enorme forza sociale e materiale fosse impiegata nella risoluzione della pandemia e della crisi che si sta sviluppando?
Certamente è qualcosa di cui dovremmo discutere perché la realtà è che tutto ciò non è stato fatto. Il motivo è che l’università pubblica ha migliaia di accordi con aziende private e ciò ha reso impossibile che questo enorme capitale scientifico, materiale e umano venisse orientato nella lotta contro le crisi e la pandemia. Per esempio, non è stato concessa la produzione di test ai laboratori universitari.
Per quale motivo?
Perché c’è un mercato capitalista che deve arricchirsi.
E non solo i laboratori per i test, ma anche gli insegnanti e gli studenti di ingegneria potevano contribuire ad orientare le capacità produttive dell’industria alla produzione di materiali essenziali, come i respiratori, che, nel momento peggiore dell’emergenza sanitaria, erano pochissimi.
Naturalmente, una tale iniziativa delle università si scontra con il modello neoliberale dell’università-mercato. Un modello a cui siamo arrivati dopo anni di tagli e privatizzazioni che ha separato la pratica scientifica dalle esigenze delle grandi maggioranze e l’ha posta a servizio dei grandi interessi economici.Se vogliamo un’istruzione pubblica per la maggioranza sociale dovremo combattere in difesa di un’università libera pagata tassando le grandi fortune affinché i giovani lavoratori possano studiare. E per raggiungere questo obiettivo il movimento studentesco deve allearsi con la classe operaia e i settori popolari,creando una forza che permetta di conquistare le misure necessarie per far pagare la crisi ai capitalisti.

Quali sono le necessità dei lavoratori e delle lavoratrici di fronte alla crisi?

Prima abbiamo parlato di come le conseguenze di questa crisi stiano colpendo i giovani, le donne e gli immigrati. Ma se pensassimo solo a questi settori, daremmo una visione della realtà incompleta. Tuttavia, e nonostante il silenzio dei grandi media, ci sono alcune evidenze che ci mostrano come la situazione che stiamo vivendo abbia anche significato l’inizio di un percorso che avanza nell’organizzazione dei settori dei lavoratori, un percorso che abbiamo visto in molti paesi negli ultimi mesi e che vengono riprese nel contesto della crisi scatenata dal COVID-19.Così, anche nei momenti di più stretta reclusione, ci sono state alcune espressioni di resistenza che, seppur piccole e isolate, mostrano un tentativo di rispondere agli attacchi. In Italia ci sono stati molti esempi che i compagni de La Voce delle Lotte hanno mostrato e che sicuramente conoscete.
Lo abbiamo visto anche con i lavoratori di McDonald’s in Argentina, che si sono organizzati quando hanno smesso di ricevere i loro stipendi, di Amazon negli Stati Uniti, con lavoratori agricoli in Italia e i loro scioperi, i riders in America Latina che hanno già scioperato varie volte, e lo vediamo anche in Argentina, dove i nostri compagni del PTS e di La Izquierda Diario insieme a migliaia di giovani precari hanno promosso la Rete dei lavoratori precari e hanno già fatti diverse mobilitazioni. In Spagna lo abbiamo visto con i giovani di Telepizza che si sono organizzati di fronte alle minacce dei datori di lavoro e alla mancanza di protocolli di protezione per i lavoratori. Anche i riders che si sono mobilitati a Madrid e in altre città per combattere i tagli in piena crisi da COVID-19. O le “Kellys”, quelle donne che lavorano nelle pulizie degli alberghi, che hanno una lunga storia di lotta nello stato spagnolo, e che stanno intensificando le loro campagne per denunciare la situazione che ancora una volta colpisce i lavoratori precari.
E naturalmente non possiamo non citare gli ultimi sviluppi negli Stati Uniti. Una ribellione impressionante è scoppiata in questo paese in seguito all’assassinio di natura razzista di George Floyd, che coinvolge diversi settori di sfruttati e oppressi di questo Paese, ma che ha avuto seguito anche in Europa e America Latina.
Il fatto è che la crisi del coronavirus non è caduta nel deserto, nei mesi precedenti il mondo aveva visto l’inizio di un nuovo ciclo di lotta di classe. Dobbiamo ricordare tutto quello che è successo in Bolivia, Ecuador, Cile, Francia, e non solo.
In questo nuovo ciclo di mobilitazioni è intervenuta una nuova generazione di combattenti, i “perdenti assoluti” della globalizzazione. Sono stati i settori poveri, i precari, i disoccupati e i giovani, la maggior parte dei quali sono stati lasciati fuori dal “patto sociale” neoliberale, a portare il peso delle rivolte.Con il “ritorno alla normalità” e data la profondità della crisi, sembra che ancora una volta in molti Paesi la lotta di classe stia decollando. I disordini di queste settimane negli Stati Uniti contro il razzismo strutturale e che si sono diffuse in città come Parigi, Berlino, Londra,sono probabilmente la massima espressione di questa svolta della situazione.Noi giovani, noi precari, noi donne, come parte dalla classe operaia, avremo sicuramente un ruolo importate nelle prossime lotte. Ecco perchè è fondamentale iniziare ad organizzarci. Qua ad esempio nello Stato Spagnolo, noi compagni di La Izquierda Diario, insieme a diversi settori di precari in lotta, abbiamo lanciato un appello a partecipare ad una assemblea dei lavoratori e lavoratrici precarie, per iniziare a pensare un intero piano di lotta e un programma per combattere la precarietà. 

Mentre i governi e il padronato stanno negoziando con le burocrazie sindacali una soluzione per questa crisi che protegga gli interessi capitalistici sulla base di una maggiore precarizzazione della nostra vita, cominciamo a vedere le diverse esperienze dei lavoratori precari, dei giovani, dei lavoratori razzializzati e immigrati che oggi sono anche in prima linea nella lotta alle misure che vogliono imporci come via d’uscita da questa crisi.
Ma la mobilitazione non basta, dobbiamo organizzarci politicamente e lottare per imporre un programma veramente anti-padronale che tocchi i profitti dei capitalisti in modo che questa crisi sia pagata da loro.
Un programma che vieti i licenziamenti, che distribuisca il lavoro a tutti senza riduzione di stipendio. Un programma che imponga un reddito di quarantena per evitare la fame, un programma che nazionalizzi la banca e garantisca la restituzione del denaro ricevuto nei precedenti salvataggi. Un programma che imponga tasse alle grandi fortune per finanziare la salute e l’istruzione. Insomma, un programma per far sì che la crisi non sia pagata dai lavoratori e dai settori popolari, ma da quelli che l’hanno generata.

Clara Mallo

Nata a Napoli nel 1993. Laureata in infermieristica all'Università "La Sapienza" di Roma, lavora nella sanità nella capitale.. È tra le fondatrici della corrente femminista rivoluzionaria "Il pane e le rose".