Il Collettivo di Fabbrica dell’ex-Gkn chiama nuovamente alla mobilitazione sabato 18 maggio con una manifestazione nazionale a Firenze, in supporto della proposta di legge regionale per un consorzio industriale per recuperare il sito di Campi Bisenzio. Facciamo il punto di questa importantissima lotta dopo oltre mille giorni di mobilitazione permanente, entrata ormai in una fase cruciale che molto probabilmente ne determinerà l’esito.


Stipendi illegalmente non più pagati da tempo, incursioni di bodyguard, spionaggio privato, sabotaggi all’impianto elettrico della fabbrica, muro di gomma da parte del governo. Dopo aver respinto il secondo tentativo di licenziamento – quello che si sarebbe dovuto attuare il 1° gennaio di quest’anno, dopo il tentativo del 9 luglio 2021 – gli operai del Collettivo di Fabbrica dell’ex Gkn di Campi Bisenzio (FI) si trovano ora ad affrontare un’altra violentissima offensiva da parte del padrone-liquidatore

Se nelle fasi precedenti la proprietà giocava di ambiguità, ormai la strategia è esplicita: logorare i lavoratori portandoli alla fame, criminalizzare, intimorire, puntare alla capitolazione totale. Tutto ciò con la complicità del governo nonostante la proprietà illegalmente induca al licenziamento individuale per aggirare la Legge 223/1991 sui licenziamenti collettivi, dopo che si è vista già condannata in tribunale per condotta antisindacale. La violenza di questo attacco è solo una ulteriore dimostrazione di quanto faccia paura il protagonismo operaio e di quanto dietro questa ferocia ci sia tutta Confindustria, per impedire qualsiasi precedente “pericoloso” per il padronato.

La risposta del Collettivo di Fabbrica è stata il rilancio della mobilitazione intorno alla rivendicazione dell’intervento pubblico a tutela della fabbrica, presentando alla Regione Toscana una proposta di legge regionale per un consorzio industriale (qui consultabile) nel quadro di una campagna nazionale portata avanti insieme al movimento ecologista Fridays For Future. Infatti, da circa due anni i lavoratori dell’ex-Gkn – insieme ad attivisti ecologisti, tecnici e ricercatori e ricercatrici solidali – progettano il recupero della fabbrica secondo un piano di reindustrializzazione e riconversione ecologica sotto controllo operaio, con l’obiettivo di avviare una produzione di cargo-bike e pannelli solari tramite una cooperativa – GFF, ovvero Gkn For Future – controllata per due terzi dagli operai e per un terzo da azionariato popolare (qui tutti i dettagli a riguardo). Chiaramente la solidità tecnica del piano non può aggirare il nodo della proprietà del sito, a maggior ragione di fronte alla sempre più evidente intenzione dell’azienda in liquidazione di farci speculazione edilizia. A questo si aggiunge la totale indisponibilità da parte del governo di considerare qualsiasi intervento pubblico per commissariare l’azienda, pertanto il Collettivo di Fabbrica ha optato per rimodulare la propria risposta mettendo pressione sulla regione. Mettiamo a fuoco cosa significano questi ultimi sviluppi e cosa implicano.

Una lotta per il lavoro e la pianificazione democratica della produzione

Negli ultimi due anni, il movimento Insorgiamo nato intorno a questa vertenza ha avuto il grande merito di far nascere una solida alleanza tra il Collettivo di Fabbrica e la gioventù in movimento per il clima, partita chiamando mobilitazioni comuni e sviluppatasi nella creazione comune del piano di reindustrializzazione. Questa evoluzione è un fatto senza precedenti nel nostro paese, in quanto per la prima volta viene posta come centrale la rivendicazione del controllo e del protagonismo operaio nella riconversione ecologica, da inserirsi in una pianificazione democratica della transizione. Una riconversione ecologica fatta con le teste degli operai invece che sulla loro pelle, condotta dal basso perseguendo l’interesse della classe lavoratrice e non quello dei capitalisti. Ciò significa mettere in discussione cosa e perché si produce, le modalità che vengono adottate, gli scopi della produzione, rompendo totalmente con la logica della produzione fine a sé stessa secondo la massimizzazione del profitto e contro l’allocazione anarchica delle risorse da parte del mercato. Così le variabili dell’interesse collettivo e dei limiti ecologici possono finalmente entrare nell’equazione della produzione tramite la pianificazione operaia, andando a superare l’incapacità del mercato capitalista di autoregolarsi e – pertanto – di condurre la transizione ecologica fino in fondo e secondo giustizia sociale. Però il passaggio da questa idea così avanzata di alternativa alla sua applicazione pratica deve necessariamente scontrarsi con la complessità del conflitto e con lo status quo politico in cui agisce.

Tramite la campagna nazionaleIntervento pubblico qui ed ora”, il movimento Insorgiamo sta sviluppando l’approfondimento di quali posti di lavoro servano per la transizione ecologica, estendendo in Italia l’indagine già fatta in vari paesi del mondo con la campagna internazionaleClimate Jobs”. Il gruppo di ricercatori e ricercatrici coinvolti ha già prodotto un primo report centrato sul trasporto pubblico locale e sulla manifattura di autobus – con l’intenzione di allargare l’analisi anche ad altre produzioni di mezzi di trasporto e ambiti economici tramite future pubblicazioni – per dimostrare numeri in mano come serva creare e finanziare tantissimo nuovo lavoro “green” di cui abbiamo bisogno. 

Il livello di proposta espresso è molto avanzato, però sembra suggerire una strategia in cui è sufficiente indicare allo Stato cosa fareforti di argomentazioni e dati inattaccabili, magari anche tirando per la giacchetta la burocrazia CGILaffinché venga fatta la “giusta transizione” nell’ex-Gkn e oltre. Il problema fondamentale che c’è è che al momento Fridays For Future porta avanti la lotta per la transizione ecologica senza considerare la possibilità di far entrare il movimento ecologista nei posti di lavoro e nei sindacati, mentre sarebbe strategicamente della massima importanza. Di fronte alle affermazioni balbettanti dei dirigenti CGIL – che continuano a sostenere che la lotta all’ex-Gkn sia “una questione locale” e si lamentano di come il sindacato non venga convocato ai tavoli per la transizione ecologica in Italia – occorre sfidare le burocrazie sindacali con una semplice domanda: quante ore di sciopero siete disposti ad organizzare per l’ex-Gkn e per la lotta per la transizione ecologica della classe lavoratrice? 

Per ottenere risultati tangibili non bastano le buone argomentazioni o facili scorciatoie: occorre che il movimento per il clima vada oltre lo sciopero studentesco e si assuma come fondamentale la sindacalizzazione in senso ecosocialista dei lavoratori e delle lavoratrici, seguendo l’esempio del Collettivo di Fabbrica e applicando ovunque i metodi sindacali degli operai ex-Gkn. Il progetto di recupero dell’ex-Gkn unito alle pratiche di lotta del Collettivo di Fabbrica sono di per sé una potenziale piattaforma sindacale ecosocialista, attualmente nella pratica non adottata da nessuna corrente o organizzazione sindacale (inclusa l’opposizione Cgil di cui fanno parte gli stessi operai dell’ex-Gkn!). Il salto di qualità verso un ecologismo di massa della classe lavoratrice non è affatto banale, ma è fondamentale da un punto di vista strategico per avere la leva necessaria per lottare con successo per la transizione ecologica secondo giustizia sociale e per riuscire ad aumentare le forze in campo e rompere l’assedio padronale agli operai ex-Gkn. Del resto, se non è la classe lavoratrice a portare avanti la transizione ecologica, c’è solo da temere per il nostro futuro.

Fronte della lotta e mutualismo conflittuale

Il problema dell’ampliamento del fronte della lotta di classe è infatti centrale. Non a caso, questo livello così avanzato di proposta concretizzatosi nella convergenza tra ecologisti e operai si sta scontrando con i limiti strutturali della mobilitazione. Il primo e più evidente è legato al fatto che si tratta della lotta portata avanti da una singola fabbrica, il che impatta con la progettazione concreta di che produzione attivare e con che mezzi – dovendo quindi necessariamente puntare su prodotti interamente creati nel singolo sito – oltre che sulle possibilità di riuscita della lotta stessa. Questo problema è una diretta conseguenza di come ci sia stata una sottovalutazione enorme da parte delle organizzazioni della sinistra radicale– incluso chi si è interfacciato di più con gli operai ex-Gkn – del bisogno strategico di estendere il movimento Insorgiamo in più posti di lavoro possibili, oltre gli steccati delle sigle sindacali e di corrente politica. Da una parte affinché lo sforzo generoso del Collettivo di Fabbrica abbia il maggiore impatto possibile su scala nazionale, dall’altra perché per vincere nell’ex-Gkn c’è bisogno di un cambiamento dei rapporti di forza nel paese – il che implica necessariamente un rilancio di attivazione conflittuale dei e delle militanti anticapitalisti nel sindacalismo di massa. Un limite che in questo momento si sta pericolosamente intrecciando con una sempre maggiore stanchezza accumulata da parte del Collettivo di Fabbrica – numericamente quantificabile con non più di 170 operai rimasti dei 422 dell’inizio della vertenza – e quindi potenzialmente determinando un impatto negativo sull’esito di questa lotta. D’altra parte le crisi industriali in questo paese non mancano – come dimostrato drammaticamente anche dalla vicenda di Stellantisquindi le occasioni per aprire altri fronti non mancherebbero, se non per l’inadeguatezza delle organizzazioni.

Va detto con la massima schiettezza che su queste problematiche strategiche non c’è mutualismo che tenga, per quanto possa “alludere” ad una presunta alternativa anticapitalista di società. Ricorrendo a una metafora “militare”, si può affermare che le pratiche mutualistiche – quando riescono in un intento materialmente conflittuale – possono essere considerate le linee di rifornimento che vanno a sostenere la lotta. Quindi, hanno un ruolo importante e possono essere considerate pratiche effettivamente conflittuali nel concreto solo nel momento in cui vanno ad alimentare direttamente il conflitto lungo un fronte aperto con l’avversario di classe. Infatti, la costituzione della Società Operaia di Mutuo Soccorso (SOMS) “Insorgiamo” da parte del Collettivo di Fabbrica è stata una misura necessaria, in quanto in sostegno materiale al fronte aperto a Campi Bisenzio. Ma, se il problema che si ha sul terreno della lotta è di trovarsi sostanzialmente in una situazione di fortino assediato, è abbastanza evidente che per rompere l’assedio occorre mettere in campo dei rinforzi aprendo nuovi fronti conflittuali di classe, ovvero facendo un massiccio investimento al livello di lotta sindacale. Quindi, se non si amplia il fronte, non si risolve il problema semplicemente aumentando la dimensione delle pratiche mutualistiche. Il rischio è anche di cadere in un mutualismo fine a sé stesso, per il quale il ricorrere all’autogestione qui ed ora alimenta l’illusione che questo tipo di pratiche possano essere di per sé un’alternativa attuabile immediatamente al capitalismo. Nel costruire l’orizzonte politico serve essere chiari su come sia materialmente impossibile superare il capitalismo perseguendo la sua stessa decomposizione molecolare, moltiplicando le esperienze di mutualismo e autogestione. Questo perché entra in gioco la competizione col capitalismo stesso, il quale è la competizione fatta sistema e pertanto ha gioco facile nell’annientare federazioni di piccole esperienze mutualistiche che si basino su logiche non-competitive. Su questo vicolo cieco politico chi è entrato più in contatto con il Collettivo di Fabbrica ha grosse responsabilità.

Consorzio industriale e cooperativa operaia: quali prospettive?

Seguendo sempre questo filo di ragionamento, occorre mettere a fuoco cosa implica in questo momento la proposta di legge regionale per il consorzio industriale e quale potrebbe essere l’impatto sul progetto della cooperativa Gkn For Future. Tenendo anche conto di come la cooperativa operaia stessa – persino in uno scenario di vittoria completa – sarebbe comunque uno strumento transitorio e spurio di lotta, non la realizzazione immediata di un pezzetto di socialismo. Con la proposta di consorzio industriale regionale di fatto il Collettivo di Fabbrica si sta giocando tutto, in un momento delicatissimo in cui gli operai stanno letteralmente alla fame. È ovvio come ci sia la fortissima esigenza di portare a casa un risultato che si assicuri quantomeno che i lavoratori che hanno lottato tenacemente fino ad oggi non siano condannati alla miseria e massacrati dalla repressione statale. Ciò succede in un contesto in cui il sostegno agli operai ex-Gkn è arrivato nella sostanza solo da un altro settore operaio – ovvero il deposito di Mondo Convenienza di Calenzano (FI) bloccato per mesi dai Si Cobasmentre fondamentalmente i numeri su cui si poggia il movimento Insorgiamo continuano ad avere una natura “moltitudinaria” da popolo della sinistra” generico, che necessariamente col tempo diminuiscono senza lasciare dietro di sé alcun radicamento di classe. A causa di questa debolezza, col tempo diventa sempre più impraticabile pensare di estendere l’insorgenza di classe, mentre la necessità di raggiungere un risultato che quantomeno salvi gli operai rimasti diventa sempre più urgente e necessariamente entra sempre più in tensione con l’estensione del fronte di lotta sul piano più complessivo. Quindi alla fine – non potendo contare su eventuali rinforzi derivanti dal processo di “convergenza ed insorgenza” – la mobilitazione finisce per ripiegare, puntando sul cercare di ottenere prese di posizione a proprio favore da parte di esponenti di centrosinistra affinché aumenti la pressione sulla Regione Toscana per votare la proposta di legge regionale, come si è potuto vedere nelle ultime settimane.

Le conseguenze di questi elementi non potranno che avere un profondo impatto sull’esito finale di questa lotta, avendo probabilmente già determinato il raggiungimento di un punto di non ritorno. Lo scenario ideale sarebbe ottenere il consorzio industriale e l’attivazione della produzione della cooperativa Gkn For Future riuscendo contemporaneamente a rianimare almeno una parte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici. Rilanciare una nuova stagione di sindacalismo combattivo manterrebbe una pressione costante su padroni e istituzioni – fondamentale per il supporto all’ex-Gkn e non solo – il che significherebbe per gli operai ex-Gkn poter contare sulle forze della propria classe nel mantenere vivo il proprio progetto e vedersi garantito un futuro su tempi medio-lunghi, potenzialmente ridando centralità e nuova forza alla lotta di classe nel nostro paese. Purtroppo al momento sembra lo scenario più improbabile, visto che si sta cercando di ottenere il consorzio senza essere riusciti a fare il salto di qualità estendendo il fronte della lotta operaia che tanto servirebbe. Questo significa che la riuscita del salvataggio dei posti di lavoro rischierà di dipendere fortemente da forze esterne alla classe lavoratrice – quali il Partito Democratico – alle quali ci si appella esplicitamente chiedendo prese di parola (qui e qui alcuni esempi) sperando di mettere politicamente in difficoltà il centrosinistra per ottenere un voto favorevole in consiglio regionale. Casomai il gioco funzionasse e si ottenesse il consorzio industriale – e non è affatto scontato – il prezzo materiale di questa strategia sarebbe molto salato: il futuro della cooperativa Gkn For Future dipenderebbe perpetuamente da queste forze esterne, che necessariamente puntano ad addomesticare l’esperienza dell’ex-Gkn cercando di ridurre la cooperativa al minimo possibile, anche in termini di sviluppo economico oltre che politico-sindacale. Questo potrebbe significare nell’immediato finanche una riduzione del numero di posti di lavoro recuperati, sicuramente ammazzerebbe qualsiasi prospettiva di rilancio del conflitto di classe con Insorgiamo. Chiaramente è preferibile persino un risultato di ripiego se l’alternativa è consegnare gli operai ex-Gkn alla fame senza ottenere nulla, ma nella sinistra radicale occorre prendersi le proprie responsabilità a riguardo e far tutto il possibile per ottenere di più. 

In particolare per cosa non si è fatto che avrebbe potuto sviluppare maggiormente le potenzialità di Insorgiamo, ma anche chiedersi cosa ancora si potrebbe fare e magari agire di conseguenza. È necessario trarre le lezioni politiche della vertenza GKN e del movimento Insorgiamo, pena relegarli alla memoria storica, più che farne Storia viva del movimento operaio e della lotta contro il capitalismo.

Per scongiurare gli esiti peggiori c’è ancora una possibilità data dall’unire la lotta dell’ex-Gkn innanzitutto con la crescente mobilitazione dal basso dei ferrovieri, i quali finora non hanno creato un legame con gli operai di Campi Bisenzio. 

Oltre che in generale tornare ad investire massicciamente nell’attività sindacale combattiva dal basso – quando possibile in sindacati di massa – in particolare se c’è la necessità di coniugare la lotta per arrivare alla fine del mese con la lotta contro la fine del mondo.

L’appuntamento per il corteo a Firenze è Sabato 18 maggio h14:30 Via Mariti, angolo Via Ponte di Mezzo, tutte le informazioni su insorgiamo.org.

Giuseppe Lingetti

Nato a Roma nel 1993. Dottore di Ricerca in Fisica, ha militato nel Coordinamento dei Collettivi della Sapienza fino al 2018 e in Fridays For Future Roma fino a fine 2019. Attualmente lavora come programmatore software nel settore privato.