Pubblichiamo un invito alla lettura de “La bulimia dell’immagine”, opera di poesia della nostra collaboratrice Sabrina Monno, edita da Kimerik e già disponibile in libreria e su Amazon.


In una Italia sempre più incline a mascherare i propri difetti di fabbrica, il proprio moralismo ingiustificato e sempre più inadatto e ridicolo; in questa società individualista e social, che vede ogni giorno nascere personaggi diversi così lontani dal concetto di autenticità, soffocati dall’ansia dell’apparire, straziati dalle doglie dei mille parti che la nostra identità deve affrontare, ecco che assistiamo alla nascita De “La bulimia dell’immagine” di Sabrina Monno. Un’opera che parte dal basso, “nessun guizzo di genio, nessuna illuminazione divina, ma è semplicemente la vita a guidare la penna della nostra autrice. Una vita che offre personaggi reali, vivi o apparentemente vivi nel loro esistere o resistere alla vita, come Sabrina stessa rivela al pubblico, parlando di sé come di “una reietta, arresa alla vita, condannata a servirsi di un pezzo di carta per tagliare il silenzio. Con questi versi estrapolati da “condannasi descrive la nostra autrice barese.

La sua penna è gelida e calda allo stesso tempo, quando parla del mondo che le sta intorno; il suo sguardo è nelle situazioni che descrive, con le persone che racconta e che sente. Attraverso i suoi versi, a volte rudi, diretti, taglienti; altre volte sensuali, silenziosi e confortanti riusciamo a visualizzare ciò che ci racconta. Qualcuno potrebbe stupirsi o addirittura potrebbe non essere pronto ad affrontare il cinico e brutale sguardo dell’autrice; sguardo su un mondo che vive, ma dal quale prende le distanze. Un mondo privato di ogni valore intrinseco, venduto a marionette, maschere e pagliacci, incapaci di gestirlo.

La bulimia dell’immagine è il male che da anni si sta diffondendo nella nostra società senza che nessuno riesca a trovare il modo di contrastarlo, perché in maniera subdola è diventato il nostro modo di vivere e pensare. È l’epoca dei media, tutto ruoto attorno alle immagini: film, tv, spot pubblicitari, riviste, reality. “Guardatemi!” Esordisce, così, in “fenicottero rosafacendoci rabbrividire di quanto e come, oggi, attraverso le immagini, vendiamo e ci vendiamo, accecati dall’idea di diventare qualcuno. “Oggi è vita l’immagine, è vita la bulimia dell’immagine televisiva, imposta come santificazione terrena.

Alla domanda “chi siamo?” ecco, che siamo pronti a darci una risposta guardandoci allo specchio, consultando i nostri profili social e il numero di persone che ci seguono. Siamo bulimici della nostra immagine e dei rapporti che vogliamo, ma allo stesso tempo vomitiamo continuamente. Conosciamo veramente noi stessi? Conosciamo veramente chi ci sta intorno? “io sono cieca, sorda, mutai nostri sensi sono confusi dai mille stimoli, i nostri occhi scorrono velocemente senza focalizzarsi mai su qualcosa o peggio su qualcuno. Chi abbiamo davanti a noi? Forse un passante al quale Sabrina si rivolge con queste parole: “insegnaci ad accorgerci del tuo calore, così da vederti in volto. Non sappiamo più rivolgere il nostro sguardo verso gli altri, le relazioni diventano sempre meno reali, concrete “di cosa sa un bacio?” anche l’amore sembra sradicarsi dalla propria carnale essenza. Sabrina apre il sipario su un mondo che naviga nel vuoto assoluto, dove anche l’amore perde ogni significato. “perché l’amore non basta?” Solo quando le nostre certezze iniziano a crollare, questo mondo così stimolante, così falsamente colorato, inizia a darci la nausea. Siamo soli!” L’ospite inquietanterivela il tabù che nessuno osa dire a se stesso, ma con il quale tutti nel proprio silenzio si scontrano. “Nulla. Occhi persi nel nulla, questo vedo, respiro, vivo: nulla.”

La “passione” è la spinta prima che ci conduce alla vita, seconda solo al parto; la passione, guida alla realizzazione di sé, illude il giovane, che nel mondo viene lasciato a se stesso senza ancore a cui aggrapparsi, condannato al vuoto. Sabrina esordisce con questa spinta, con la spinta che invoglia l’uomo a cercare se stesso attraverso le proprie inclinazioni e che da varie circostanze, forse dall’uomo stesso viene vanificata. È un opera dal tono malinconico, talvolta rabbioso, che dà voce a un esistenzialismo ormai perso da tempo.

Abbiamo perso la capacita di interrogarci, capacità che Sabrina, quasi accesa da una voglia di palingenesi generale, cerca di restituirci svegliatevi dal coma! Compagni bugiardi e corrotti, che come me cercate di grattar via la terra dalla vostra bara, con mani graffiate e dita congelate”.

 

Angelica Barile

 

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