Aran e organizzazioni sindacali il 23 dicembre 2017 hanno firmato l’Ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro 2016-2018 per i pubblici dipendenti appartenenti alle Funzioni Centrali, nuovo comparto nel quale sono confluiti i precedenti comparti di Ministeri, Agenzie Fiscali, Enti Pubblici non Economici, Agid, Cnel ed Enac.

E’ il primo contratto di lavoro del settore pubblico ad essere rinnovato dopo gli anni di blocco della contrattazione nazionale. I lavoratori interessati sono circa 240.000. Il contratto riconosce un aumento insignificante di circa 85 euro medi, mentre per quanto riguarda gli arretrati saranno riconosciuti solo quelli per il periodo 2016-2017, lasciandosi alle spalle il decennio di blocco stipendiale. L’intesa siglata interviene anche sulle relazioni sindacali e su molti aspetti normativi (assenze, permessi e congedi, orario di lavoro e banca delle ore, ferie, codici disciplinari, rapporti di lavoro flessibile). C’era infatti la necessità di riscrivere alcune parti del contratto superate dalle norme di legge vigenti e, comunque, non più attuali. Inoltre, si è reso necessario armonizzare, in un unico quadro regolativo, le discipline contrattuali dei diversi comparti di provenienza.

In materia di relazioni sindacali, il nuovo contratto definisce nuove regole che dovrebbero, a dire della parti, “valorizzare gli istituti della partecipazione sindacale”, nel rispetto dei distinti ruoli dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali. In questo ambito, è stato previsto un nuovo Organismo paritetico (“Organismo paritetico per l’innovazione”) che avrà il compito di instaurare un dialogo con le organizzazioni sindacali.

Insomma, mentre la pubblica amministrazione cambia le regole uniformandosi alla gestione privata e padronale, le OO.SS., firmatarie di tale ipotesi contrattuale, si preoccupano e si occupano dell’innovazione della PA quando la stessa non è tutt’oggi in grado nemmeno di assolvere le sue ordinarie funzioni e compiti.

Sono state anche riviste ed aggiornate le materie attribuite alla contrattazione integrativa, con l’obiettivo di chiarine il contenuto e la portata, e con l’intento di abdicare ad essa la disciplina di istituti contrattuali facilmente plasmabili poi, in fase decentrata, secondo volontà dei politici e dei Dirigenti.

Sotto il profilo normativo, è stata elaborata una disciplina comune degli istituti del rapporto di lavoro quali l’orario, le ferie, i permessi, tra cui quelli, del tutto nuovi, previsti per l’effettuazione di terapie, visite specialistiche ed esami diagnostici. Il quadro generale degli istituti è stato rivisitato e aggiornato alla luce dei più recenti interventi legislativi. Di particolare rilevanza, è l’introduzione della disciplina delle ferie solidali, che consente ai dipendenti con figli minori in gravi condizioni di salute, che necessitino di una particolare assistenza, di poter utilizzare le ferie cedute da altri lavoratori, lasciando così ancora una volta alla classe lavoratrice, già ampiamente schiacciata dal peso dello sfruttamento, il compito di risolvere problemi che spetterebbero alla politica. Ci si chiede quale fosse stata la grave conseguenza nel concedere ai dipendenti con figli minori in gravi condizioni, giorni di permesso o congedo aggiuntivi, naturalmente tale ipotesi è incontrattabile fin quando la pubblica amministrazione verrà concepita con i parametri della produttività e della “produzione” di servizi alla collettività.

Altre novità rilevanti riguardano le tutele introdotte per le donne vittime di violenza le quali, oltre al riconoscimento di appositi congedi retribuiti, potranno avvalersi anche di una speciale aspettativa. Per le stesse, viene altresì prevista la possibilità di ottenere il trasferimento ad altra sede in tempi rapidi e con procedure agevolate, come se la questione di genere e le discriminazioni ampiamente agevolate da un sistema giuridico ed economico patriarcale possa essere superata da permessi o aspettative contrattuali.

Sono state aggiornate le tipologie di rapporto di lavoro flessibile con particolare riguardo ai contratti di lavoro a tempo determinato, in coerenza con i principi di non discriminazione più volte affermati anche a livello europeo e con le modifiche normative recentemente introdotte. A tal fine, sono state estese ai dipendenti a tempo determinato alcune tutele (ad esempio, in materia di ferie e di diritto allo studio). In sostanza invece di abolire il precariato si incentiva, anzi si legittima, il contratto a tempo determinato uniformandolo in termini regolativi a quello a tempo indeterminato.

Ma il nuovo contratto collettivo non si ferma a tali aspetti, ed in attuazione della Riforma Madia, dai contenuti peggiori della Riforma Brunetta, ha operato una revisione del codice disciplinare dei dipendenti pubblici, prevedendo specifiche sanzioni in caso di assenze ingiustificate in prossimità dei giorni festivi o per assenze collettive. I dipendenti vedono così affievolirsi le tutele e i diritti acquisiti, una vera e propria minaccia a danno di chi lavora, intimandoli di “comportarsi bene”, di non ammalarsi se altri sono ammalati, impedendogli di adoperare forme di lotta e di proteste sacrosante di fronte al più grande attacco al mondo del lavoro degli ultimi 40 anni.

Una vera e propria stretta, un cappio al collo già utilizzato per gli operai ed ora “impiegato” per i dipendenti pubblici.

In perfetto stile Brunetta poi, al fine di incentivare clientelismo e favorire i raccomandati, alla luce delle recenti modifiche legislative, è stato individuato un nuovo meccanismo per l’attribuzione degli incentivi economici al personale, che ha l’obiettivo di riconoscere premi aggiuntivi a coloro che abbiano ottenuto le valutazioni più elevate. In sostanza chi si atterrà con più bravura a quanto voluto dalla politica e dalla dirigenza avrà una quota in più di produttività in termini salariali in busta paga: un sistema che vuole disinnescare un processo di lotte ancora timido nel pubblico impiego, ma che inizia a prendere quota soprattutto in virtù di una crisi del capitalismo che da quasi 10 anni sta colpendo tutti, compresa la piccola borghesia impiegatizia.

Il contratto ha infine creato le basi per promuovere un nuovo modello di “welfare contrattuale”, già conosciuto nei contatti aziendali privati, che consenta di sviluppare e diffondere sistemi analoghi a quelli già presenti nel settore privato. E’ stata prevista la possibilità di riconoscere ai dipendenti prestazioni integrative nei seguenti ambiti: sostegno al reddito della famiglia (aiuti economici e sussidi), supporto all’istruzione e promozione del merito dei figli (ad esempio borse di studio), contributi a favore di attività culturali, ricreative e con finalità sociale; prestiti a favore di dipendenti in difficoltà ad accedere ai canali ordinari del credito bancario o che si trovino nella necessità di affrontare spese non differibili; polizze sanitarie integrative delle prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale.

Questo contratto in definitiva costituisce un passo importante verso la privatizzazione del pubblico impiego e dei rapporti tra parte datoriale e organizzazioni sindacali. Non c’è che dire, proprio un bel regalo hanno fatto i sindacati collaborazionisti ai dipendenti del pubblico. In particolar modo quelli non appartenenti poi alle Funzioni Centrali (enti locali, sanità ecc.) che non si vedranno nemmeno il misero aumento di 85 euro: d’altronde far felici padroni e governanti è sempre stata la priorità di CGIL, CISL e UIL.

Paolo Prudente

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.