La difficile domanda, apertasi nel settembre scorso, ha avuto una risposta ancora più caotica dei mesi che l’hanno preceduta. Ma, come al solito, non premia certo la classe operaia e gli studenti, che nei mesi scorsi hanno dato forza alle proprie rivendicazioni con scioperi costanti manifestazioni di piazza. Il risultato ha visto più note negative di quante ci si potesse aspettare. I partiti del fronte filo-Madrid si sono trovati, con l’eccezione del PP (-4.25%) ad aumentare i propri consensi (Socialisti +1.16% e, soprattutto, Ciudadanos +7.47%). Proprio Ciudadanos, formazione populista di destra, fortemente pro-Unione, si è confermata primo partito catalano, davanti a Junts per Catalunya di Carles Puidgemont ed Esquerra Republicana. Nonostante un leggero aumento nei consensi per queste due formazioni, non è arrivato l’exploit che molti si aspettavano (anche la CUP – Candidatura de Unitat Popular ha subito un tracollo pesante, passando da 10 a 4 seggi), e questo pone, ai marxisti, oggi, un’ulteriore domanda: quali sono le ragioni per questa improvvisa battuta di arresto (apparente) per l’indipendentismo catalano? E, soprattutto, la natura delle sollevazioni popolari aveva carattere meramente nazionalistico o, quantomeno in certi casi, si poteva parlare già di una natura di classe dello scontro di piazza?

Molti esponenti dell’estrema sinistra si sono lanciati in definizioni strampalate per definire gli eventi di settembre e ottobre, alcuni addirittura usando la parola “Rivoluzione”. Oggi, è palese come questa decantata “rivoluzione catalana” non sia altro che un’illusione creata per fomentare alcuni avventurieri della sinistra, che tanto bene conosciamo, alla maniera di come si usò il fenomeno di Syriza pochi anni fa. Altresì non si spiegherebbe come mai un partito di chiara ispirazione anticapitalista, con forti legami nei sindacati promotori degli scioperi post-referendari, come la CUP, possa aver subito una perdita così consistente di voti (più di 100.000 rispetto alla tornata precedente). E così, tutti restano con le mani in mano, allibiti. Si dovrebbe fare ammenda, ripensare, riorganizzare. Ma nel silenzio assordante del palcoscenico, solo tre attori si alzano a fare baccano: Puidgemont, Esquerra Republicana e Ciudadanos. Ognuno pretende di aver vinto la gara, sembra che siano tre partiti tutti in coalizione: eppure, solo Ciudadanos può affermare di averle vinte queste elezioni. E allora perché Puidgemont rivendica vittorie inesistenti, anche dopo aver negato la possibilità di una coalizione con ER e la CUP? Molto probabilmente per nascondere un fallimento, e la vera ragione della sconfitta dell’indipendentismo catalano (come movimento) nel 2017: il fallimento di aver avuto un mandato, un mandato in cui l’indipendenza era centrale, e non solo non essere riuscito a portare a termine il compito nelle sedi legali, ma anche essere riuscito a mandare un movimento allo sbando, sfidando regolamenti senza la forza necessaria per farlo, cercando riconoscimenti da chi non ne avrebbe mai dati, con solo un po’ di borghesi catalani a dargli sostegno. E poi, nell’ora più buia, con un intero popolo sulle spalle, essere scappato a Bruxelles: simbolo definitivo di una sconfitta che non è cominciata tre giorni fa, bensì da un mese e mezzo. Puidgemont sta ancora a Bruxelles, insieme alla borghesia catalana che sempre ha voluto realmente proteggere, ma a Barcellona chi rimane?

Rimangono i catalani, gli operai, gli studenti e i disoccupati, in balìa di un risultato incerto e di una nuova crisi economica. Non possiamo, oggi, sapere se la questione a breve rimarrà su binari “nazionali” o si evolverà più sul terreno di clase; di certo, guardando indietro, nella tornata referendaria, la componente di classe possiamo ormai decretarla come più debole. Ma nei prossimi giorni i caratteri potranno tornare a cambiare. E i marxisti saranno pronti a rispondere, là dove nessun partito, nemmeno la CUP, è in grado di operare i cambiamenti realmente necessari per il popolo catalano?

 

Luca Gieri

 

Nato a Toronto nel 1998, studente di scienze politiche all'Università di Bologna presso il campus di Forlì, militante della FIR e redattore della Voce delle Lotte. Cresciuto a Bologna, ha partecipato ai movimenti degli studenti e di lotta per la casa della città.