Il 18 aprile di quest’anno si è svolto il processo alla corte d’appello di Torino per le morti d’amianto alla fabbrica Olivetti di Ivrea. Gli imputati, i fratelli Carlo De Benedetti, ex presidente, e Franco De Benedetti (ex vicepresidente e ex amministratore delegato), inizialmente condannati a 5 anni e due mesi di reclusione per omicidio colposo e lesioni colpose plurime per la morte di venti dipendenti a causa del contatto con l’amianto presente nello stabilimento.

I decessi avvennero tutti tra il 2008 e il 2013, quando i lavoratori erano già in pensione affetti da mesotelioma pleurico che avevano lavorato fra gli anni ’70 e ’90. L’accusa basata sul sospetto che gli imputati non avessero adottato contromisure necessarie per evitare che gli operai venissero in contatto con le fibre di amianto gravemente dannose per la salute.

In tutto gli imputati al processo erano 13 (tutti ex dirigenti) fra i quali anche l’ex ministro Corrado Passera, anche lui condannato inizialmente ad un anno e undici mesi ed ora assolto come tutti gli altri. “Il fatto non sussiste” così si è espressa la corte, duro il commento di Carlo Maria Pellicano, uno dei tre magistrati che hanno sostenuto l’accusa che ha promesso battaglia nel caso, dopo il deposito delle motivazioni della sentenza, ci siano pei profili per l’impugnazione della stessa.

Per ora, invece, rimane la morte di venti operai morti per malattie sicuramente legate all’esposizione a sostanze presenti nelle fibre di amianto e di certo presenti nel talco utilizzato per il montaggio di parti meccaniche e elettroniche nella fabbrica. Al centro della controversia potrebbe esserci il fatto che Franco De Benedetti fu in carica solo dal 1978 quando i dipendenti avevano già contratto la malattia e non è chiaro ancora nemmeno alla comunità scientifica se le fibre possano essere responsabili di un “effetto acceleratore” della stessa.

A prescindere da questo la sostanza non cambia: venti operai si sono ammalati gravemente o sono morti per patologie legate al lavoro, con il proprio sfruttamento hanno costruito il profitto di padroni e manager dell’azienda, e ora rischiano di non veder riconosciuti nemmeno i danni causati, prima o dopo una certa data, da questo stesso sfruttamento.

CM