Il clima di “via libera” alla repressione, che Salvini vuole scatenare con le sue campagne mediatiche e con il Decreto Sicurezza, si concretizza a Roma nel tentativo di iniziare una grande campagna di sgomberi delle occupazioni abitative: è stato annunciato per domani lo sgombero dell’occupazione di via Cardinal Capranica, a Primavalle.


Da Minniti a Salvini: la repressione di ieri chiama altra repressione oggi

Il grande successo delle campagne di ordine e sicurezza, in patria come sulla sponda libica del Mediterraneo, portate avanti dal Ministro Minniti durante il governo PD Gentiloni, aspettano una degna prosecuzione da parte del Ministro-padre-padrone Salvini, che da quando è salito al governo non fa che riempirsi la bocca di sgomberi e repressione dei delinquenti e delle zecche che abitano occupazioni e centri sociali. Alle parole non sono seguiti però tanti fatti quanti ne può vantare il “progressivo”, “di sinistra” PD con Minniti e in generale nella legislatura 2013-18, a livello locale (esemplare la strategia di guerra prolungata e brutale al movimento di lotta per la casa nel “bastione rosso” di Bologna), nazionale… e internazionale, con il grande merito del rallentamento sostanziale dei flussi di immigrazione tramite il Mar Mediterraneo grazie agli accordi coi politici, signori della guerra e trafficanti libici, fatti a suon di campi di detenzione/concentramento direttamente in suolo africano.

Questo approccio di ristabilimento della pace sociale tramite lo sfoggio compiaciuto e brutale della forza e della repressione non trova nessuna rottura tra il PD (cambiato qualcosa fra Renzi e Zingaretti? Lo Zingaretti governatore del Lazio che nulla d’alternativo propone alle politiche filo-palazzinari e filo-sgombero? Mah!) e la Lega salviniana. Il M5S rimane un po’ strozzato, in questa dialettica, tra quello che rimane dei suoi già deboli vagiti a favore del popolo e della povera gente, e la sua natura di fedele difensore delle leggi, dell’ordine garantito tramite la repressione e della proprietà privata mantenuta tramite lo sfruttamento e la sopraffazione delle masse popolari.

A maggior ragione la sindaca Virginia Raggi, (ormai ex) volto pulito del Movimento che maldestramente tenta di sopravvivere all’infinita crisi del suo partito, di fronte al governo di una realtà metropolitana tentacolare e ben poco gestibile come quella della capitale, si trova da mesi in difficoltà presa tra i palazzinari e i grandi proprietari immobiliari – e ai loro sgherri fascisti lanciati contro poveri inquilini immigrati o appartenenti a minoranze etniche –  a cui deve rispondere dal momento che esercita per conto loro il potere politico formale sulla città, e la grande massa stessa degli inquilini in situazioni di degrado, precarietà, mancati investimenti, costretti a decine di migliaia a occupare una casa che altrimenti non sarebbe loro garantita nonostante, specie a Roma, la più che abbondanza di immobili sfitti e vuoti, lasciati marcire dai grandi proprietari e dallo Stato.

In questo contesto, le voci levatesi persino nello stesso M5S per fermare a Roma il piano-sgomberi “minnitiano” fortemente promosso da Salvini, con qualche soluzione, formale o informale che fosse, di compromesso coi coinquilini, si sono schiantate contro l’atteggiamento di responsabilità non verso la massa degli inquilini poveri ma verso il partito salviniano dell’ordine-e-repressione, e verso i proprietari privati e i settori della burocrazia statale (nel caso degli immobili di proprietà pubblica – com’è anche quello di via Cardinal Capranica!). Morale della favola: conferma del sistema di “classifica” dei 22 immobili da sgomberare in tempi brevi a Roma e, dopo un’iniziale retromarcia, conferma del tentativo di sgombero dell’occupazione di via Cardinal Capranica, a Primavalle, dove abitano circa 200 persone, per domani 15 luglio: il prefetto Gerarda Pantaleone mantiene la linea Salvini contro il parere non solo dei rappresentanti istituzionali di PD/centrosinistra, ma anche della stessa giunta Raggi, che rivendica la volontà (rimasta sulla carta) di arrivare a sgomberi “soft” associati a soluzioni alternative “solide” per gli inquilini – a fronte del patrimonio di case popolari che degrada e viene svenduto, c’è da chiedersi a quale “solidità” si riferiscono i politici grillini.

Poca “solidità”, come al solito, ha mostrato il Ministero dell’Interno guidato da Salvini, che ha mancato di pubblicare il rapporto annuale sugli sfratti del 2018, come ha denunciato Massimo Pasquini, Segretario Nazionale Unione Inquilini:

Per tutto il mese di giugno abbiamo sollecitato il Ministero dell’interno a pubblicare il rapporto sugli sfratti dell’anno 2018. Lo abbiamo fatto con mail e telefonate. Il rapporto per legge deve essere pubblicato entro il mese di giugno. Ad oggi 6 luglio il rapporto sfratti non è stato pubblicato. Il Ministero dell’interno, anche in assenza di alcuna comunicazione sui motivi del ritardo, e a tutti gli effetti inadempiente e sta attuando un comportamento illegittimo.
Non vorremmo che il Ministro dell’interno oltre a chiudere i porti abbia deciso anche di chiudere i flussi informativi relativi agli sfratti.
Negli anni scorsi non è mai successo un simile ritardo. Nel 2018 il rapporto sfratti relativo al 2017 fu pubblicato l’8 giugno.
Perché questo ritardo?
Il rapporto su gli sfratti è importantissimo per monitorare la situazione degli sfratti, per capire il loro impatto sulle famiglie, per conoscere le motivazioni degli sfratti, per richiedere politiche abitative sostenute proprio dalla conoscenza di questi dati oltre che di altri indicatori.
Questo ritardo da parte del Ministero è inammissibile, chiediamo che il rapporto sugli sfratti 2018 sia immediatamente pubblicato sul sito del ministero dell’interno.

Contando sulla sua aura di “intoccabile” sostenuto dalle masse (quando i calcoli sulle recenti elezioni europee hanno confermato che la grande maggioranza degli italiani non sta con la Lega), Salvini cerca di disinnescare il più possibile il contraccolpo politico e mediatico della campagna di sgomberi che ha lanciato, e lo fa a partire da quei dati sulla tragedia sociale degli sfratti di migliaia di famiglie indigenti che, da lui stesso forniti, porterebbero l’attenzione ben lontano dalla sua retorica reazionaria su zecche rosse, clandestinirom – recente la dichiarazione di Salvini che dice di voler schedare su base etnica i rom che abitano nei campi, campi istituiti dallo stesso governo Berlusconi appoggiato dalla Lega, e a Roma dalla giunta Alemanno!

Una retorica, quella di Salvini, che vuole invece rilanciarsi a partire dalla composizione fortemente multietnica e legata alla “nuova” immigrazione da varie parti dell’Asia, dell’Africa e dell’America del Sud che caratterizza le occupazioni abitative collettive, specie nella capitale: un argomento in più, per la retorica nazionalista della nuova Lega, contro questi immigrati che non vogliono integrarsi e dunque vivere sotto un ponte se non hanno abbastanza denaro per pagare l’affitto, e che guarda caso sono mediamente un po’ troppo poco bianchi, troppo giovani rispetto al modello dell’uomo bianco, padre-padrone padan…italiano che Salvini vuole difendere da coloro che questo stesso padrone “ariano” sfrutta senza pietà nella propria azienda e disprezza ogni giorno nella vita sociale.

 

La risposta del movimento per l’abitare romano

La (ir)resistibile avanzata del piano-sgomberi a Roma ha fatto scendere in piazza lo scorso 22 giugno oltre 10.000 persone per le strade della capitale: una mobilitazione unitaria del movimento di lotta per l’abitare, del sindacalismo di base e dei movimenti romani che, insieme all’assemblea che l’ha lanciata, non aveva precedenti in città da diversi anni. Una data che si è inscritta nella campagna comune Roma non si chiude, lanciata in risposta alla campagna di sgomberi che ministro dell’interno e prefetto vorrebbero concludere nel giro di poco tempo, con o senza soluzioni temporanee per gli sgomberati, e alimentata dagli hashtag #chidisprezzasgombera #Romanonsichiude #stopsgomberi#nodecretosicurezzabis.

Uno degli striscioni del corteo del 22 giugno a Roma.

A seguito del tira-e-molla tra sindaco, prefetto, ministro dell’interno, municipi e partiti della capitale, la conferma dello sgombero di via Cardinal Capranica non ha fatto che rafforzare la campagna lanciata dal movimento per l’abitare romano sulla base di diverse rivendicazioni, a partire dal blocco degli sfratti e dallo sblocco di fondi da destinare agli inquilini indigenti e in particolare per riqualificare e potenziare il patrimonio delle case popolari: una mobilitazione che ha toccato anche le sedi del consiglio e della giunta della Regione Lazio, fortino di quel “nuovo” PD zingarettiano che ben poco ha da dire e da offrire quando si tratta di tagli del welfare, di repressione della popolazione povera e di garanzia del grande capitale e della rendita.

Infine, per difendere Cardinal Capranica, l’occupazione e il movimento cittadino per l’abitare hanno chiamato a un grande muro popolare col quale respingere il tentativo di sfratto, e che prenderà vita da domattina alle 5 (qui l’evento fb). Di seguito, riportiamo il comunicato pubblicato dagli inquilini di Cardinal Capranica in seguito all’annuncio dello sgombero:

DIFESA DI UN TETTO.
Tanti anni fa, come molte persone in tutta Italia, abbiamo perso il lavoro e quindi anche la casa. La volontà di mettere un tetto sulla testa dei nostri figli ci ha portato ad abitare nell’ex scuola di via Cardinal Domenico Capranica, uno spazio condannato all’abbandono dal Comune (vergogna!) ma dove oggi vivono 340 persone, cioè ben 78 famiglie con oltre 70 ragazzi minorenni: bambini e bambine che vanno a scuola, fanno sport e frequentano le parrocchie e gli spazi sociali e ricreativi del XIV Municipio. È una storia, quella di via Cardinal Domenico Capranica, che parla di riscatto, integrazione e inclusione sociale: un esempio concreto di come, dal basso, si possa reagire all’inefficenza e alla corruzione politica, dando risposte concrete a un diritto negato come quello alla casa. Tutto questo, però, diventa oggi qualcosa di evidentemente scomodo, tanto per il governo gialloverde, che anziché dare risposte concrete all’emergenza abitativa preferisce assistere o fomentare guerre tra poveri e contro i poveri, quanto per l’amministrazione capitolina, che grida alla “legalità” ma non ha mai cominciato a cambiare marcia, smettendo di favorire i palazzinari e iniziando finalmente a parlare delle case popolari che mancano in una città dove è sempre più difficile, per sempre più persone, arrivare alla fine del mese. Via Cardinal Domenico Capranica è un esempio di questa situazione: vergognosa perché, anziché parlare di soluzioni in grado di ridare speranza e diritti reali, si agitano i manganelli dell’ordine pubblico, pronti a calare su teste di uomini, donne e bambini nel caso in cui si paventasse uno sgombero violento, possibilità di cui si parla apertamente sui giornali. La comunità delle famiglie occupanti di via Cardinal Domenico Capranica, nell’esprimere solidarietà a tutte le famiglie che a Roma si trovano nella stessa situazione e insieme alle famiglie delle occupazioni del XIV Municipio (Via di Torrevecchia e Via Battistini), rifiutano di essere trattate come polvere da nascondere sotto un tappeto. Al contrario, rivendicando la loro piena cittadinanza in questa città e in questo Municipio, chiedono soluzioni concrete, nel rispetto dei diritti umani e civili, oltre che della dignità, a cui in nessun caso saranno disposte a derogare.

La difesa e alcune concessioni non ci basteranno

La resistenza all’attacco annunciato dal prefetto e da Salvini sarà una grande prova di forza per il movimento di lotta per la casa romano, per gli immigrati, i lavoratori, le donne e gli studenti che in prima persona o come solidali vi parteciperanno: sarà messa alla prova anche e soprattutto la capacità di mobilitazione unitaria aldilà dell’esistenza di diverse organizzazioni, identità politiche e percorsi delle varie realtà operaie e popolari, tallone d’Achille nel nostro paese (ma non solo!) sul quale, insieme all’impotenza politica e allo spirito collaborativo filo-padronale delle grandi burocrazie sindacali, i capitalisti e i loro politici di riferimento possono picchiare con sicurezza ancora oggi, mantenendo diviso, frammentato, dispersivo, disorientato il tentativo di risposta della classe lavoratrice e di tutti gli oppressi alla lunga scia di sconfitte e perdita di condizioni di lavoro e di vita conquistate e date per acquisite, condizioni che dal tempo della crisi finanziaria del 2008 la classe dominante non ha più alcuna intenzione di mantenere senza lottare palmo a palmo provando a strapparcele per poter aumentare e moltiplicare i propri profitti.

All’interno di un processo di riorganizzazione, radicalizzazione politica e rilancio della lotta nei posti di lavoro e nei vari settori della società, senz’altro è possibile resistere, ricompattarci e riprenderci qualcosa di tutto ciò che ci hanno tolto i Jobs Act, i Decreti sicurezza, i tagli alle tasse dei ricchi e al welfare per i poveri. Ma, se la lotta pacifica, democratica, ordinata ottenere alcune riforme ha portato a questa situazione di decenni di controriforme, è evidente che un po’ di soldi e diritti in più (anche se arrivassero con meccanismi meno parziali e arbitrari di quello del Reddito di Cittadinanza) e un po’ di repressione di meno non risolverebbero neanche stavolta la situazione; anzi, a fronte della stagnazione dell’economia italiana ed europea, e dello scenario globale di competizione spietata e violenta (anche a suon di guerre) tra i grandi capitali e i grandi Stati a loro associati, non ci sarà mai abbastanza ricchezza per garantire allo stesso tempo i loro profitti e i nostri bisogni: o uno o l’altro. E’ per questo che la reale soluzione al problema della mancanza di una casa per tutti, degli affitti e delle condizioni sempre più terribili di una parte del patrimonio immobiliare nazionale, non può essere un compromesso tra i grandi proprietari di casa (quelli “laici” così come la Chiesa cattolica) e le masse di inquilini, ma l’esproprio delle grandi proprietà dei primi, a partire da quelle che lasciano sfitte, per metterle sotto controllo popolare e risolvere così qualsiasi problema in tal senso, mettendo fine anche alla penuria che dà ossigeno ai discorsi reazionari di Lega e fascisti che vorrebbero mettere in competizione cittadini italiani e immigrati anche su questo terreno.

Le case per tutti ci sono: si tratta di toglierle ai grandi proprietari che le lasciano marcire!

 

Giacomo Turci

 

 

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.