Pubblichiamo di seguito una nuova versione di un testo di Lenin sul ruolo, le potenzialità e i limiti degli scioperi nella lotta di classe tra padroni e lavoratori. Già apparso in lingua italiana in Lenin, Opere Complete, vol. 4, Editori Riuniti, Roma, 1957, pp. 315-325.

Un testo “classico” di Lenin (“Sugli scioperi”, scritto nel 1899 per la Rabociaia Gazeta durante la deportazione, ma pubblicato solo nel 1924) ma di grande attualità, se considerato nel frangente dell’analisi delle nuove ondate storiche di scioperi e lotta di classe.

La spiegazione del fondamento oggettivo per il quale si sviluppano gli scioperi, le modificazioni che operano nella soggettività della classe operaia e il suo impatto sulla classe nel suo insieme, la relazione tra lotta economica e lotta politica contro i governi capitalisti e le loro leggi, il significato strategico degli scioperi (che Lenin definisce magistralmente come “scuola di guerra”), la relazione tra classe e partito rivoluzionario… Questi sono alcuni degli aspetti che il grande dirigente della Rivoluzione Russa affronta in questo breve ma prezioso lavoro, il quale continua ad essere una guida per l’azione e la riflessione delle nuove generazioni della classe lavoratrice che oggi lottano contro il capitale.


Negli ultimi anni, gli scioperi operai sono straordinariamente frequenti in Russia. Non esiste una sola provincia industriale dove non vi siano stati vari scioperi. In quanto alle grandi città, gli scioperi non cessano. Si osserva, inoltre, che gli operai coscienti e i socialisti si pongono ogni volta con maggior frequenza la questione del significato degli scioperi, dei modi di  portarli avanti e dei compiti che i socialisti si propongono quando vi partecipano.

Vogliamo tentare di fare un’esposizione di alcune delle nostre considerazioni su questi problemi. Nel primo articolo parleremo del significato degli scioperi nel movimento operaio in generale; nel secondo, delle leggi russe contro gli scioperi e nel terzo di come siano stati in grado di svilupparsi e di come si stiano sviluppando gli scioperi in Russia e quale deve essere l’attitudine degli operai coscienti di fronte ad essi.

In primo luogo, è necessario osservare come nascono e si diffondono gli scioperi. Chi ricorda tutti i casi di scioperi conosciuti per esperienza diretta, dai racconti di altri o attraverso i giornali vedrà immediatamente che gli scioperi sorgono e si estendono lì dove sorgono e si estendono le grandi fabbriche. Tra le fabbriche più importanti, nelle quali lavorano centinaia (a volte migliaia) di operai, a malapena si riuscirà ad incontrarne di quelle in cui non siano avvenuti scioperi. Quando in Russia erano poche le grandi fabbriche, scarseggiavano gli scioperi, ma dal momento in cui hanno iniziato rapidamente a crescere, tanto nelle antiche località manifatturiere come nelle nuove città e villaggi industriali, gli scioperi sono diventati sempre più frequenti.

Perché la grande produzione manifatturiera conduce sempre agli scioperi? Si deve al fatto che il capitalismo conduce sempre alla lotta degli operai contro i padroni, e quando la produzione si trasforma e diventa su grande scala questa lotta si organizza necessariamente nella forma di scioperi. Questo deve essere chiaro.

Se definiamo il capitalismo come quella forma di organizzazione della società in cui la terra, le fabbriche, i mezzi di etc., appartengono ad un piccolo numero di proprietari fondiari e capitalisti, mentre la massa del popolo possiede nessuna o quasi nessuna proprietà e deve , per questo, vendere la sua forza-lavoro. I latifondisti e gli imprenditori reclutano gli operai, li obbligano a produrre questo o quell’articolo, che poi vendono nel mercato. I padroni pagano all’operaio solo il salario necessario alla sopravvivenza dell’operaio e della sua famiglia e tutto ciò che l’operaio rende oltre questa quantità di prodotti necessaria al suo sostentamento lo intasca il padrone; questo costituisce il suo guadagno. Quindi, nell’economia capitalista, la massa del popolo lavora quotidianamente per gli altri, non per se stesso ma per il padrone e per ottenere un salario. Si capisce che i padroni cercano sempre di ridurre il salario: quanto meno danno agli operai, tanto più guadagno gli resta. Di contro, gli operai  cercano di ricevere il maggior salario possibile, per sostenere la propria famiglia con un’alimentazione sana ed abbondante, di vivere in una casa accogliente e di non vestirsi come mendicanti ma come vestono tutti. Per tanto, tra padroni e operai si crea una lotta costante per il salario: il padrone ha la libertà di reclutare l’operaio che maggiormente gli conviene e cerca quindi quello più economico. L’operaio ha la libertà di vendersi al padrone e cerca il più remunerativo, quello che paga di più. Che lavori in campagna o nella città, l’operaio affitta le sue braccia ad un latifondista, a un lavoratore ricco, ad un impresario o imprenditore, sempre contratta con il padrone, lottando per stabilire il salario.   

Ma, può l’operaio, da solo, sostenere questa lotta? Il numero di operai è ogni volta maggiore: contadini in rovina fuggono dai villaggi verso le città e le fabbriche. I latifondisti e  gli imprenditori introducono macchine, che lasciano gli operai senza lavoro.  Nelle città aumenta senza sosta il numero di disoccupati, e nei  villaggi, quello di gente ridotta in misera; l’esistenza di un popolo affamato fa sì che si abbassino sempre più i salari. Per l’operaio è impossibile lottare da solo contro il padrone. Se l’operaio esige un salario migliore o non accetta un ribasso dello stesso, il padrone contesterà: <<vattene da un’altra parte, ci sono molte persone affamate che aspettano alle porte della fabbrica e saranno contenti di lavorare anche per un salario basso>>.

Quando la rovina del popolo giunge ad un grado tale che nelle città e nei villaggi ci sono sempre masse di disoccupati, quando i padroni ammassano enormi fortune e i piccoli proprietari sono spodestati dai milionari, allora l’operaio salariato si trasforma in un uomo assolutamente impotente di fronte al capitalista. Il capitalista ottiene la possibilità di schiacciare completamente l’operaio, condannarlo a morte con un lavoro forzato e non unicamente lui ma anche sua moglie e i suoi figli. Infatti, si nota che  nelle industrie in cui gli operai non hanno fatto alcuno sciopero sono imbrigliati dalla legge e non possono offrire resistenza ai capitalisti ciò è comprovato dal fatto che la giornata lavorativa è incredibilmente lunga, fino a 17 o 19 ore, che bambini di 5 o 6 anni svolgono un lavoro estenuante e che gli operai patiscono la fame costantemente, condannati ad una morte lenta. Un caso esemplare è quello degli operai che lavorano a domicilio per il capitalista; ma ogni operaio ne conosce molti altri di casi simili! Nemmeno con la schiavitù e il regime servile è esistita in nessun caso un’oppressione tanto tremenda del popolo dei  lavoratori come quella che soffrono gli operai quando non possono opporre resistenza ai capitalisti ne conquistare leggi che limitano l’arbitrarietà dell’azione padronale.

Ebbene, per  non vedersi ridotti ad una situazione tanto estrema, gli operai iniziano la lotta risoluta. Vedendo che ognuno da solo è assolutamente impotente e vive sotto la minaccia di cadere sotto il giogo del capitale, gli operai iniziano ad alzarsi uniti contro i loro padroni. Danno inizio agli scioperi operai. All’inizio è frequente che gli operai non abbiano nemmeno un’idea chiara di quello che cercano di ottenere, non comprendono perché agiscono così: semplicemente rompono i macchinari e distruggono la fabbrica. Desiderano unicamente far conoscere ai padroni la loro indignazione, testano la potenza della loro forza aggregata per uscire fuori da una situazione insopportabile, senza sapere perché vivono una situazione tanto disperata e quali devono essere le loro aspirazioni..

In tutti i paesi, l’indignazione degli operi cominciò con proteste isolate, con sommosse, disordini, come li chiamano polizia e padroni, qui in Russia. n tutti i paesi questi disordini diedero luogo, da un lato, a scioperi più o meno pacifici e, dall’altro, ad una lotta sfaccettata della classe operaia per la sua emancipazione.

Qual è il significato degli scioperi (o blocco dell’attività lavorativa) nel quadro più ampio della lotta della classe operaia? Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima soffermarci su alcuni ulteriori dettagli degli scioperi. Se il salario dell’operaio si determina – come abbiamo spiegato – da un accordo tra padrone e operaio, e se ciascun operaio, isolato è del tutto impotente, risulta chiaro che gli operai, devono necessariamente difendere uniti le proprie rivendicazioni, ricorrere agli scioperi per impedire che i padroni ribassino il salario o per ottenere un salario più alto. E, in effetti, non esiste paese capitalista alcuno nel quale non scoppino scioperi operai. In tutti i paesi europei e in America, gli operai si sentono impotenti quando agiscono individualmente; solamente se sono uniti possono opporre resistenza ai padroni, dichiarandosi in sciopero, usandolo come minaccia. Quanto più si sviluppa il capitalismo, quanto più si moltiplicano le grandi fabbriche, quanto più sono spodestati i piccoli capitalisti dai grandi, tanto più imperiosa è la necessità di una resistenza unitaria degli operai, perché si aggrava la disoccupazione, si acutizza la competizione tra capitalisti, che cercano di produrre merci al minor costo possibile (proprio per questo è indispensabile pagare l’operaio il meno possibile), e tanto più si accentuano le oscillazioni dell’industria e le crisi. Quando l’industria prospera, gli imprenditori ottengono grandi benefici e non pensano a condividerli con gli operai; ma durante le crisi cercano di scaricare le perdite su di essi. La necessità degli scioperi nella società capitalistica è a tal punto riconosciuta da tutti che nei paesi europei la legge non li proibisce; solo in Russia vigono ancora le barbare leggi contro gli scioperi (di queste leggi e della loro applicazione parleremo in n altro moneto).

Gli scioperi, determinati dalla natura stessa della società capitalista, stanno a significare l’inizio della lotta operaia contro questa struttura della società. Quando con i potentati capitalisti si confrontano operai immiseriti che agiscono individualmente, equivale alla totale schiavizzazione di questi ultimi. Quando, invece, questi stessi operai immiseriti si uniscono, la cosa cambia. Non c’è ricchezza che possa portare profitto ai capitalisti se questi non incontrano operai disposti a lavorare con gli strumenti e i materiali dei capitalisti, e a produrre nuova ricchezza. Quando gli operai si fronteggiano individualmente con i padroni, continuando ad essere realmente schiavi che lavorano sempre per un estraneo per un pezzo di pane, come salariati sottomessi e silenziosi. Ma quando proclamano uniti le proprie rivendicazioni e rifiutano di sottomettersi a colui che ha la borsa ben piena, allora cessano di essere schiavi, diventano uomini e cominciano ad esigere che il loro lavoro serva piuttosto che ad arricchire unicamente un pugno di parassiti permetta ai lavoratori di vivere come esseri umani. Gli schiavi iniziano a presentare la rivendicazione di diventare padroni: lavorare e vivere non come vogliono i possidenti terrieri ma come vogliono i lavoratori stessi. Gli scioperi infondono sempre molto spavento ai capitalisti proprio perché cominciano a far vacillare il loro dominio. “Tutti gli ingranaggi si mantengono se così vuole il tuo braccio vigoroso”, dice sugli operai una canzone degli operai tedeschi. In effetti: le fabbriche, le aziende agricole ei latifondisti, le macchine, le ferrovie, etc. etc., sono, per così dire, ingranaggi di un enorme meccanismo: questo meccanismo estrae prodotti differenti, li elabora, li distribuisce dove è necessario. Tutto questo è messo in moto dall’operaio, che coltiva la terra, estrae minerali, lavora le materie prime nella fabbrica, costruisce case, officine e linee ferroviarie. Quando gli operi rifiutano di lavorare, tutto questo meccanismo minaccia di paralizzarsi. Ogni sciopero ricorda ai capitalisti che i veri padroni non sono loro, ma gli operi, che proclamano con forza crescente i loro diritti.

Ogni sciopero ricorda agli operai che la loro situazione non è disperata e che non sono soli. Ecco che si vede l’enorme influenza che esercita uno sciopero tanto sugli scioperanti come sugli operi delle fabbriche vicine o prossime, o delle fabbriche dello stesso ramo industriale. In tempi normali, pacifici, l’operaio svolge in silenzio il proprio compito, non discute con il padrone né riflette sulla sua situazione. Durante uno sciopero proclama a voce alta le proprie rivendicazioni, ricorda ai padroni tutti i soprusi di cui è stato vittima, proclama i suoi diritti, non pensa solo a se stesso né solo al suo salario, ma anche a tutti i suoi compagni, che hanno abbandonato il lavoro insieme a lui e che difendono la causa operaia senza timore delle privazioni. Tutti gli scioperi procurano all’operaio numerose privazioni, terribili privazioni che possono trovano un paragone solo con le calamità portate dalla guerra: fame per tutta la famiglia, perdita dl salario e spesso detenzione, espulsione dalla città dove si è abituato a vivere e lavorare. E nonostante tutte queste calamità gli operai, gli operaio disprezzano chi li abbandona e si schiera con il padrone. Ed ancora, nonostante le calamità dello sciopero gli operai delle fabbriche vicine provano entusiasmo quando vedono che i loro compagni hanno iniziato la lotta. “ Gli uomini che resistono a tali calamità per spezzare l’opposizione di un solo borghese spezzare anche la forza dell’intera borghesia” diceva un gran maestro del socialismo, Engels, parlando degli scioperi degli operai inglesi. Di solito basta che si dichiari in sciopero una fabbrica perché immediatamente cominci una serie di scioperi in molte altre fabbriche. Tanto grande è l’influenza morale degli scioperi, tanto contagiosa è l’influenza che sugli operai esercita la vista dei loro compagni che anche se solo temporaneamente si convertono da schiavi a persone con gli stessi diritti dei ricchi! Tutti gli scioperi infondono con enorme forza negli operai, l’ idea del socialismo: l’idea della lotta di tutta la classe operaia per la propria emancipazione dal giogo del capitale. È molto frequente che prima di un grande sciopero gli operai di una fabbrica o di un industria o di una qualsiasi città ignorino quasi il socialismo né pensino ad esso, ma dopo lo sciopero si diffonde sempre più nei loro circoli ed associazioni, e siano più e più gli operai che diventano socialisti.

Lo sciopero insegna agli operai ad acquisire coscienza delle proprie forze e di quella dei padroni, gli insegna a pensare non solo al proprio padrone e i propri compagni, più vicini, ma a tutti padroni, a tutta la classe dei capitalisti e a tutta la classe degli operai. Quando un fabbricante che ha ammassato milioni al costo di del lavoro di diverse generazioni di operai, rifiuta anche il più modesto aumento del salario o cerca persino di ridurlo ancor di più e se gli operai oppongono resistenza allora migliaia di famiglie affamate vengono lasciate alla mercé della corrente, allora risulta chiaro agli operai che tutta la classe dei capitalisti è nemica di tutta la classe degli operai e che gli operai possono confidare solo su se stessi e la loro unione. Accade molto spesso che un imprenditore cerca d’ingannare con ogni mezzo gli operai, di presentarsi come il loro benefattore, di occultare lo sfruttamento con un’elemosina qualsiasi, con false promesse. Ogni sciopero distrugge in un sol colpo questo inganno, mostrando agli operai che il loro “ benefattore” è un lupo travestito da agnello.

Ma lo sciopero apre gli occhi agli operai, non solo in riferimento al capitalista , ma anche per ciò che riguarda il Governo e le leggi. Allo stesso modo in cui gli imprenditori vogliono farsi passare per benefattori, i funzionari e i loro lacchè si impegnano per convincere gli operai che lo zar e il suo Governo si preoccupano allo stesso modo dei padroni e degli operai, con spirito di giustizia. L’operaio non conosce le leggi né si mescola con i funzionari, e men che mai con gli alti funzionari, per queste ragioni molto spesso da credito a tutto ciò. Ma nel momento in cui scoppia uno sciopero e si presentano in fabbrica il fisco, l’ispettore del lavoro, la polizia e spesso l’esercito, allora gli operai si rendono conto che hanno violato la legge: la legge permette agli imprenditori di riunirsi e discutere apertamente su come ridurre il salario degli operai, mentre questi sono additati come delinquenti se cercano un accordo! Sfrattano gli operai dalle loro case, la polizia chiude i negozi che potrebbero fornirgli cibo a credito e si aizzano i soldati contro gli operai, anche quando questi mantengono un attitudine pacifica e serena. Si inizia a dare ai soldati l’ordine di aprire il fuoco contro gli operai, e quando uccidono i lavoratori inermi, sparandogli alle spalle, lo zar manifesta la sua gratitudine alle truppe (come fece con i soldati che nel 1895 assassinarono gli scioperanti di Earoslavl). A tutti gli operai diventa chiaro che il Governo zarista è un nemico giurato, che difende gli interessi dei capitalisti ammanettando gli operai. Si comincia a comprendere che le leggi si fanno a beneficio esclusivo dei ricchi, che anche i funzionari difendono gli interessi dei ricchi, che il popolo lavoratore viene zittito, imbavagliato e non gli si permette di esprimere le proprie necessità, e che la classe operaia deve necessariamente lottare per il diritto di sciopero, di pubblicare giornali operai e di avere rappresentanza in un assemblea popolare incaricata di promulgare le leggi e di vigilare sul loro compimento. A sua volta, il Governo comprende molto bene che gli scioperi aprono gli occhi agli operai e per questo motivo gli incutono paura e si sforzano in ogni modo per reprimerli il prima possibile. Un ministro dell’interno tedesco, che acquisì particolare fama per la sua aspra persecuzione dei socialisti e degli operai coscienti, dichiarò, non senza motivo, in un’occasione, innanzi i rappresentanti del popolo: “Ad ogni sciopero si affaccia l’idra (mostro) della rivoluzione”. Con ogni sciopero cresce e si sviluppa negli operai la coscienza che il Governo è suo nemico e che la classe operaia deve prepararsi a lottare contro di lui, per i diritti del popolo.

Gli scioperi, dunque , abituano gli operai ad unirsi, gli permettono di vedere che possono sostenere la lotta contro i capitalisti solo in comune, li abituano a pensare che alla lotta di tutta la classe operaia contro tutta la classe degli imprenditori e contro il Governo autocratico e di polizia. Por questo i socialisti chiamano gli scioperi “scuola di guerra” scuola nella quale gli operai imparano a condurre la guerra contro i loro nemici, per l’emancipazione di tutto il popolo, di tutti i lavoratori, dal giogo dei funzionari, dal giogo del capitale.

Ma la “scuola di guerra” non è ancora la vera e propria guerra. Quando gli scioperi raggiungono grande diffusione, alcuni operai (e alcuni socialisti) cominciano a pensare che la classe operaia può limitarsi agli scioperi e alle società di resistenza, che già solo con gli scioperi la classe operaia può conseguire un grande miglioramento della propria situazione e persino la propria emancipazione. Vedendo la forza che rappresentano l’unione degli operai e finanche i suoi scioperi più piccoli, alcuni pensano che agli operai basti dichiarare lo sciopero generale in tutto il paese per conseguire dai capitalisti e dal governo tutto quello che chiedono. Questa opinione fu espressa anche da operai di altri paesi quando il movimento operaio stava alle sue tappe iniziali e gli operai avevano ancora molto poca esperienza Ma quest’opinione è sbagliata. Gli scioperi sono un mezzo di lotta della classe operaia per la propria emancipazione ma non l’unico, e se gli operai non prestano attenzione ad altri mezzi di lotta ritardano lo sviluppo e i risultati della lotta della classe operaia.

In effetti, perché gli scioperi abbiano un esito favorevole sono necessarie le casse di resistenza per sostenere gli operai durante il conflitto. Gli operai (ordinariamente quelli di ogni industria, di ufficio e officina) organizzano queste casse in tutti i paesi, ma in Russia fare ciò è molto difficile perché la polizia le chiude, si prende il denaro e arresta gli operai. Naturalmente, gli operai sanno mettersi al riparo dalla polizia; naturalmente, la organizzazione di queste casse è utile e noi non vogliamo dissuadere gli operai dall’occuparsi di questo. Ma non si deve confidare sul fatto che, essendo proibite dalla legge , le casse di resistenza operaia possano contare molti membri; e essendo scarso il numero dei contribuenti, le suddette casse non sono di grande utilità. Inoltre, persino nei paesi in cui esistono liberamente le associazioni operaie, e in quelli in cui le casse sono più forti, anche lì la classe operaia non deve in alcun modo limitarsi nella sua lotta agli scioperi. Basta che sopraggiungano difficoltà nell’industria (una crisi, come quella che, per esempio, si avvicina in tutta la Russia), perché i padroni provochino, anche premeditatamente, scioperi, perché a volte gli conviene sospendere temporaneamente la produzione, è evidente che le casse operaie così terminano i loro fondi. Da qui risulta che gli operai non posso in alcun modo limitarsi agli scioperi e alle società di resistenza.. In secondo luogo, gli scioperi sono vittoriosi lì dove gli operai possiedono abbastanza coscienza, dove sanno comprendere il momento giusto per dichiarali, dove sanno presentare rivendicazioni, dove mantengono contatti con i socialisti così da ricevere volantini ed opuscoli. Operai così sono ancora pochi in Russia ed è necessario dirigere tuti gli sforzi ad aumentare il loro numero. A far conoscere la causa operaia alle masse operaie, a farle conoscere il socialismo e la lotta operaia. Questa è la missione che devono assumere su di sé i socialisti, formando per loro il Partito Operaio Socialista. In fine, gli scioperi mostrano agli operai, come abbiamo visto, che il governo è suo nemico e che è giusto lottare contro di esso. In effetti, gli scioperi hanno insegnato gradualmente alla classe operaia, in tutti i paesi, a lottare contro i governi per i diritti degli operai, e per i diritti di tutto il popolo. Como già abbiamo detto, questa lotta può essere condotta fino in fondo solo dal Partito Operaio Socialista, diffondendo tra gli operai le giuste idee sul governo e sulla causa operaia. In un’altra occasione riferiremo sulle modalità in cui si realizzano gli scioperi in Russia e su come devono utilizzarli gli operai coscienti. Per adesso dobbiamo indicare che gli scioperi sono, come già abbiamo notato sopra, una “scuola di guerra”, ma non sono la guerra stessa; gli scioperi sono solo uno dei mezzi di lotta, una delle forme del movimento operaio. Dagli scioperi isolati gli operai possono e devono passare, e passano realmente in tutti i paesi, alla lotta di tutta la classe operaia per l’emancipazione di tutti i lavoratori. Quando tutti gli operai coscienti diventano socialisti, quando, cioè, tendono a questa emancipazione, quando si uniscono in tutto il paese, per promuovere tra gli operai il socialismo e insegnare loto tutti i mezzi di lotta contro il oro nemici, quando formano il Partito Operaio Socialista, che lotta per liberare tutto il popolo dall’oppressione del governo e per emancipare tutti i lavoratori dal giogo del capitale, solo allora la classe operaia si incorpora realmente al gran movimento degli operai de tutti i paesi, che raggruppa tutti gli operai e sventola in alto la bandiera rossa sulla quale sono scritte queste parole: “Proletari di tutto il mondo, unitevi!”

 

Vladimir Lenin

Giornale militante online fondato nell'aprile 2017.
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