IL DIBATTITO PER UNO SCIOPERO GENERALE UNITARIO

Nell’ultimo periodo in Italia si è prodotto un dibattito attorno alla possibilità di costruire una piattaforma unitaria del sindacalismo combattivo finalizzata a mettere in campo uno sciopero generale contro le politiche del Governo.

A fronte della volontà precisa delle burocrazie sindacali della CGIL – ad oggi il più grosso sindacato presente nel Paese – di non chiamare i lavoratori alla mobilitazione, alcuni settori del sindacalismo di base hanno provato a costruire iniziative di sciopero, alcune delle quali hanno avuto successo al punto da costringere il Governo ad annunciare una legge per limitarli.

In particolare lo sciopero del 16 di giugno, durante il quale sia i trasporti pubblici sia quelli privati che lo smistamento delle merci, sono rimasti bloccati con picchi di adesione andati ben oltre le percentuali di iscritti del sindacalismo di base.

Tale sciopero convocato da CUB, Si Cobas, SGB, USI e Adl Cobas ha rappresentato un’istanza di mobilitazione e unità chiesta a gran voce dai lavoratori combattivi. Proprio per questo motivo la sua riuscita è andata ogni oltre più rosea previsione.

A questo sciopero è mancato però il supporto di altri settori importanti del movimento sindacale, tra cui USB, CoBas e l’area classista della CGIL (Il Sindacato è un’altra cosa).

La scesa in campo dei lavoratori ha, quindi, sbaragliato le carte in tavola di un sindacalismo conflittuale impantanato in una impasse senza precedenti, arroccato in polemiche di bandiera tra le organizzazioni che lo compongono, preoccupate più di far prevalere la propria autocentratura piuttosto che di unire i lavoratori in lotta.

La necessità di unificare il fronte dei lavoratori a partire dai delegati più combattivi, al di là dell’appartenenza sindacale, si è fatta sempre più impellente ed è un sentimento condiviso dalla larga maggioranza dei lavoratori di queste organizzazioni. Per questo motivo, un gruppo di essi iscritti all’USB ha lanciato un appello, che ha trovato un’ampio riscontro anche tra quelli di CUB, Si Cobas, CGIL e altri sindacati minori, per il lancio di uno sciopero generale autunnale, che componesse il variegato mondo sindacale combattivo, coinvolgendo oltre ai protagonisti dello sciopero del 16 giugno anche quelli della USB e della sinistra CGIL.

Questo appello, a nostro avviso in gran parte condivisbile, rimarcava l’importanza di far convergere tutti i lavoratori in un’unica data generalizzata al fine di colpire più efficacemente i padroni dove sentono più dolore: al portafoglio.

L’iniziativa di questi lavoratori ha riaperto un dibattito che era stata tranciato con la nascita di USB nel 2010 a seguito del “Patto di Base”, un percorso che avrebbe dovuto portare alla fusione delle più importanti organizzazioni del sindacalismo conflittuale.
Un percorso che abortì perchè vittima delle logiche settarie delle dirigenze di tale settore, che concepiscono lo strumento sindacale alla stregua di un’organizzazione politica o addirittura di un luogo dove far nascere quest’ultima.

Tali distorsioni hanno condotto il sindacalismo di base in un vicolo cieco, proprio quando i governi borghesi annunciavano politiche lacrime e sangue per far fronte alla crisi del capitalismo più importante degli ultimi 80 anni.

Ma le scelte miopi delle dirigenze non hanno risolto il problema principale: costruire e avanzare nella politica del fronte unico dei lavoratori. Una questione che, per altro, non è soltanto sindacale, ma riguarda l’insieme delle organizzazioni politiche, sindacali e sociali del movimento operaio.

L’appello dei lavoratori USB ha soltanto fatto emergere quanto già bolliva in pentola. I lavoratori non hanno alcun interesse a trincerarsi dietro una bandiera piuttosto che a un’altra. Il loro obiettivo è unirsi per sconfiggere le politiche di tagli ai salari, alle pensioni, ai servizi pubblici e di lottare contro il dilagante razzismo, diventato negli ultimi tempi di massa.

Pertanto, nonostante i firmatari dell’appello – a cui hanno aderito con convinzione anche i lavoratori della Frazione Internazionalista Rivoluzionaria – non siano tra i dirigenti più importanti del movimento sindacale, il loro atto politico ha fatto riemergere la questione e ha letteralmente costretto le direzioni sindacali ad esporsi pubblicamente.

La USB è dovuta uscire con un comunicato dove si dichiara formalmente disposta a discutere con il resto del sindacalismo di base, ma chiedendo di spostare la data del 27 ottobre.
Il Si Cobas ha risposto ribadendo la volontà di avanzare verso l’unità senza arroccarsi sulla data del 27 stesso, ma discutendone all’assemblea del 23 settembre a Milano con tutti i lavoratori. I Cobas hanno anche loro risposto dichiarandosi disposti a fare fronte unico su qualunque data disponibile.

È del tutto evidente che ognuna di queste direzioni prova ad anteporre il proprio ruolo, in particolar modo la USB, che negli ultimi anni ha sempre preferito lanciare scioperi in maniera isolata. È probabile che non vi sarà la possibilità di unificare su questo primo momento di lotta autunnale i due segmenti del sindacalismo combattivo (USB e CUB sono in eterna polemica sin dai tempi della rottura di RdB per la fondazione di USB nel 2010). La questione però non si esaurisce il 27 di ottobre (o il 17 novembre, data probabile dello sciopero USB), ma andrà avanti, perchè non riguarda semplicemente la data di una chiamata “alle armi”, bensì la capacità del movimento di classe di oppore una forza uguale e contraria all’attacco del Governo Gentiloni, che in autunno varerà una nuova manovra finanziaria e probabilmente formulerà un disegno di legge contro quel che è rimasto del diritto di sciopero.

Come Frazione Internazionalista Rivoluzionaria siamo impegnati in questi mesi in diverse battaglie del movimento operaio coi nostri compagni sia nel Si Cobas, sia nella USB che nella FIOM-CGIL (Il sindacato è un’altra cosa).
Coerentemente con quanto da noi elaborato nei nostri documenti politici abbiamo individuato nel coordinamento intersindacale dei lavoratori combattivi la proposta più concretamente praticabile. Ma non abbiamo pensato di calarla in astratto o preconfezionarla, come pensano di fare altri gruppi della sinistra marxista. 

Nè teorizzare in astratto il fronte unico nè farne una caricatura autorappresentandolo soggettivamente risolverà il problema della necessità di unificare i lavoratori dinanzi al comune nemico. Per questo motivo reputiamo importante l’appello lanciato dai lavoratori USB – ma che oramai è diventato trasversale anche a quelli di altre organizzazioni sindacali – e di dargli un profilo che possa andare anche oltre lo sciopero del 27. A tal proposito formuleremo una proposta politica a questi compagni che vada in tal senso.

Avanzare nella costruzione di una tendenza classista rivoluzionaria nel movimento sindacale significa per noi costruire quel coordinamento intersindacale tra i lavoratori combattivi necessario e propedeutico al fronte unico.
Poniamo la necessità di tale fronte perchè è per noi l’embrione da cui nasce la democrazia operaia, ovvero la trasversalità, l’orizzontalità e la capacità dei lavoratori – nonchè delle loro organizzazioni – di sperimentare metodo di potere nuovo.

IL PROBLEMA DELL’AUTODIFESA: UN DIBATTITO DA FARE ADESSO

Esiste un ulteriore elemento che pone la necessità della costruzione del fronte unico a partire dai settori più avanzati della classe dei lavoratori. L’ondata di razzismo con aggressioni xenofobe, manifestazioni delle truppe di estrema destra, episodi d’intolleranza etnica; le violenze sessiste con decine e decine di casi di stupro, maschilismo e ricatti ai danni delle proletarie; le sempre più autoritarie scorribande della polizia dei capitalisti, che picchiano, denunciano e arrestano i lavoratori in picchetto, i senza casa che occupano e gli studenti in protesta, pongono la centralità della discussione sul problema dell’autodifesa.

Tale questione non può più essere rimandata e le aggressioni quotidiane a cui i settori del proletariato sono costretti mostrano la totale impreparazione dinanzi a un eventuale massiccio attacco repressivo.
Le scene di stampo cileno a cui abbiamo assistito a Roma, dove la polizia ha buttato per strada lavoratori e lavoratrici, donne e bambini; i teoremi giudiziari organizzati contro le avanguardie di lotta, in particolare contro Aldo Milani, riconosciuto dirigente del movimento della logistica (prevalentemente composto da immigrati) sono solo due casi lampanti della strategia della borghesia in Italia.

La fase politica che abbiamo dinanzi inoltre sarà contrassegnata dalle elezioni nazionali del 2018. Tutto l’arco dei partiti politici borghesi, dalle destre populiste e xenofobe come Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia, Lega Nord fino ai partiti del centro sinistra, anche quelli che hanno rotto col PD, ma che fino a ieri hanno votato tutte le loro leggi antioperaie, è pronto a costruire sulla pelle dei lavoratori – in particolar modo di quelli immigrati – tutta la prossima campagna elettorale.

Per questo motivo la prossima fase politica dello scontro di classe pone da un lato la necessità di costruire il fronte unico dei lavoratori e dall’altro di mettere in piedi un percorso per la costruzione e il radicamento di un partito rivoluzionario degli sfruttati e degli oppressi.

 

Frazione Internazionalista Rivoluzionaria

La FIR è un'organizzazione marxista rivoluzionaria, nata nel 2017, sezione simpatizzante italiana della Frazione Trotskista - Quarta Internazionale (FT-QI). Anima La Voce delle Lotte.