Agli inizi di marzo del 1921 i marinai della fortezza navale del Golfo di Finlandia si rivoltarono contro il giovane stato operaio russo. Nella Rivoluzione d’Ottobre del 1917 però, quegli stessi marinai avevano aiutato i bolscevichi a prendere il potere ed a mantenerlo nei momenti più difficili della guerra civile; che cosa successe realmente?

Nel momento della rivoluzione, distaccamenti di prodi marinai furono parte attiva assieme alle Guardie Rosse nella presa del Palazzo d’Inverno, nelle truppe che sciolsero l’assemblea costituente menscevica e in seguito si impegnarono concretamente su tutti i fronti della guerra civile.

Però nel 1921, sotto il vessillo di “soviet liberi” e per una “terza rivoluzione” che li avrebbe liberati dal “giogo comunista”, stabilirono un ammutinamento che durò sedici giorni prima di essere sconfitto dall’Armata Rossa.

I bolscevichi dovettero così affrontare l’ammutinamento del loro stesso esercito in un punto strategico della Russia che custodiva l’accesso a Pietrogrado. Un punto strategico come trampolino di lancio per un nuovo intervento dell’Esercito Bianco (la controrivoluzione). Kronstadt, situata nell’isola di Kotlin a soli 30 km da Pietrogrado, era a quell’epoca una città fortificata e la principale base navale della Flotta del Baltico. Il Golfo di Finlandia rimase congelato per più di quattro mesi in quell’anno è lo Stato operaio dovette agire rapidamente per evitare di perdere l’opportunità di accedere alla fortezza via terra, del resto la sua unica opzione, e quindi di evitare anche la possibilità di uno sbarco di truppe bianche e straniere.

Lo sviluppo dell’ammutinamento e le tracce della cospirazione

Nella metà del febbraio del 1921 le tensioni nella Flotta del Baltico avevano raggiunto un livello assai elevato. Il 28 febbraio si effettuò una riunione nella corazzata Petropavlovsk dove i marinai adottarono una risoluzione di 15 punti che esigeva, tra le altre cose, la rielezione dei soviet a scrutinio segreto dopo una campagna elettorale “libera”, la libertà di pensiero e di opinione per i partiti anarchici e socialisti, la liberazione dei militanti menscevichi e socialrivoluzionari, l’abolizione dei distaccamenti comunisti di combattimento e la fine delle requisizioni ai contadini, dando loro piena libertà di autogestirsi con la propria terra.

Il primo di marzo, in Plaza del Ancla a Kronstadt si celebrò una grande manifestazione di massa che propose l’elenco delle richieste votate nella corazzata e il 2 marzo si tenne una conferenza per discutere le nuove elezioni per il soviet locale. Durante la conferenza gli oratori comunisti furono interrotti più volte e non gli si permise di terminare i loro interventi. Kalinin, presidente della Repubblica Sovietica, fu detenuto momentaneamente prima di poter abbandonare l’isola.

Alla conferenza parteciparono delegati eletti in tutta fretta. La sessione iniziò circondata dai marinai armati ed è stata presieduta da Petrichenko, capo dei ribelli, che cominciò eleggendo un presidio di cinque uomini. Il commissario della Flotta del Baltico, Kuzmin, e altri due leader comunisti furono arrestati con il pretesto di assicurare che le elezioni fossero “veramente libere”. Quando però i delegati si rifiutarono di approvare la proposta di arrestare tutti gli altri comunisti presenti, venne emanato un annuncio drammatico e infondato sul fatto che la sala stava per essere circondata da distaccamenti armati di comunisti.

Furono le voci sull’accaduto a far precipitare l’inizio della rivolta. Il presidio della conferenza fu designato come Comitato Provvisorio Rivoluzionario sotto la presidenza di Petrichenko, che stabilì il suo quartier generale nell’ammiraglia di Petropavlovsk. Rapidamente questi inviò distaccamenti armati a occupare vari punti strategici, prendendo il pieno controllo della città. Il 3 di marzo, con tre leader bolscevichi incarcerati e il controllo dell’isola, gli ammutinati proibirono l’uscita dalla città, cancellarono le licenze militari e imposero il coprifuoco a partire dalle 11 di notte.

Una delle ragioni che allertarono i comunisti contro la rivolta, oltre al fatto che gli ammutinati erano influenzati e aiutati da una cospirazione controrivoluzionaria, fu l’apparizione della notizia, due settimane prima degli eventi, tanto sulla stampa internazionale quanto su quella degli esiliati russi. Trotsky segnalò anche la reazione al rialzo del mercato dopo aver sentito la notizia della rivolta.

Il 4, il Comitato di Difesa di Pietrogrado aprì una risoluzione dove si esortavano i marinai ad abbandonare quella pericolosa avventura. Il 5 Trotsky emise “l’ultimo avvertimento”, un duro ultimatum affinché i ribelli deponessero le armi. Quello stesso giorno il Comitato di Difesa di Pietrogrado lanciò sull’isola tramite degli aeroplani un opuscolo dove si avvertiva che si stava ingannando i marinai con false promesse di libertà e che dietro i socialisti rivoluzionari e i menscevichi mostravano i loro denti gli ufficiali bianchi. Lo stesso comitato esigeva inoltre la liberazione di circa 300 comunisti incarcerati e un termine di 24 ore massimo per dichiarare la resa, prevedendo che i suoi dirigenti, quando tutto sarebbe stato perduto, fossero fuggiti in Finlandia.

Il giorno seguente, estendendo il termine, il Soviet di Pietrogrado propose ai ribelli che una delegazione di membri di affiliati e non al partito avrebbe visitato Kronstadt in qualità di osservatori. Ma questa proposta fu respinta con un’opposizione inflessibile. Il gelo e la neve nelle vie di Kronstadt cominciarono a ritirarsi. Il giorno 7, nel pomeriggio, scaduto il termine massimo concesso, le guarnigioni militari di Sestroretsk e Lisy Nos aprirono il fuoco contro Kronstadt. Trotsky disse in proposito: “Abbiamo aspettato il più possibile per i confusi marinai compagni affinché vedessero con i loro occhi dove la rivolta li stava portando”.

Il 17 marzo, cominciata l’avanzata, Petrichenko assieme alla maggior parte del Comitato Rivoluzionario Provvisorio fuggì in Finlandia assieme a Kozlovsky e altri funzionari militari, seguiti da alcune migliaia di esiliati.

Il carattere di classe dell’ammutinamento di Kronstadt

I marinai di Kronstadt nel 1921 non erano gli stessi del 1917. La composizione sociale della flotta aveva subito profonde perdite a causa della guerra civile. Nel 1917 la Flotta del Baltico, con le sue necessità di competenze tecniche e ingegneristiche, aveva una consistente maggioranza di estrazione operaia proveniente da Pietrogrado. Ma mentre i combattenti con più coscienza di classe partivano per i distinti fronti della Guerra Civile – più di 40000 parteciparono nella lotta contro i Bianchi – o assumevano incarichi amministrativi o diretti nell’apparato del nuovo Stato operaio, questi venivano sostituiti da strati sociali più arretrati e più legati alle campagne che includevano un numero considerevole di reclute provenienti dalle aree ribelli dell’Ucraina.

Le difficili condizioni materiali imposte al popolo e ai rivoluzionari russi da quattro anni di guerra imperialista, l’intervento militare imperialista di quattordici eserciti che scatenò una feroce guerra civile di tre anni, così come il blocco economico imperialista, obbligarono i comunisti ad adottare una politica economica transitoria conosciuta come “comunismo di guerra”.

Questo tipo di politica fu la chiave per poter superare uno dei periodi più difficili dello Stato operaio. Anche i contadini lo compresero, e per questo motivo rimasero nella stragrande maggioranza in appoggio alla rivoluzione per difendere le loro conquiste. Ma inevitabilmente si erosero le relazioni nel blocco di classe della rivoluzione: il piccolo proletariato a i contadini,ampiamente maggioritari. Questi ultimi cominciarono ad esprimere più apertamente il loro malcontento verso le misure eccezionali in quella che è conosciuta come la crisi del marzo 1921, di cui l’ammutinamento di Kronstadt fu l’espressione più acuta.

Questo periodo fu attraversato dalle difficoltà della smobilitazione di quasi la metà dell’Armata Rossa, in combinazione con il fatto che la distribuzione delle terre, incoraggiata dai bolscevichi, aveva convertito buona parte dei contadini poveri, proletari e semi-proletari in contadini medi. Nel 1921 poi la situazione si aggravò a causa della cattiva vendemmia, lo scarso foraggio e l’aumento della mortalità del bestiame. L’obiettivo dell’embargo economico all’URSS da parte delle potenze economiche occidentali era provocare “rivolte della fame” contro il potere sovietico.

La cospirazione controrivoluzionaria

Lontana dall’essere una ribellione “spontanea”, fu una cospirazione controrivoluzionaria che, mirando ad utilizzare il malcontento dei marinai di Kronstadt, aveva i suoi propri piani.

Trotsky sottolineò che “la logica della lotta avrebbe dato predominanza agli estremisti nel forte, ovvero agli elementi controrivoluzionari. La necessità di disposizioni avrebbe reso quelli direttamente dipendenti dalla borghesia straniera e dai suoi dirigenti, gli emigrati bianchi. Tutti i preparativi necessari per questo fine erano già in elaborazione”. Gli archivi lo confermano.

La chiamata prodotta il 6 di marzo dal Centro Nazionale affinché gli emigranti appoggiassero la rivolta trovò il suo eco. Il Centro Nazionale era un’organizzazione controrivoluzionaria fondata nel 1918 per gli emigranti russi bianchi con centro a Parigi. L’Unione Russa di Commercio e Industria di Parigi manifestò la sua intenzione di inviare forniture a Kronstadt. Al tempo stesso, comunicò al Comitato Rivoluzionario di Kronstadt il suo pieno appoggio alla “sacra causa di liberare la Russia”. Avevano ottenuto dal ministro francese delle relazioni estere una promessa di aiuto per gli insorti. E il 9 di marzo si era stabilito un comitato con il fine di organizzare la fornitura per Kronstadt e Pietrogrado.

Nel frattempo, la filiale del Centro Nazionale a Helsingfors (Finlandia) formò un comitato per canalizzare le forniture agli insorti. Parteciparono anche banche francesi e russe, compagnie assicurative e di interessi finanziari di tutta Europa, così come la Croce Rossa Russa, che canalizzò le forniture al Centro Nazionale. Addirittura lo stesso generale Wrangler da Costantinopoli inviò un messaggio a Kozlovsky offrendogli l’appoggio del suo esercito, rifornito dal governo francese.

Uno dei documenti del Centro Nazionale si vantava di come gli emigranti di destra russi, travestiti da delegazione della Croce Rossa Russa, fossero ben accolti a Kronstadt da Petrichenko e da altri leader degli ammutinati. È stato persino scoperto dallo storico Paul Avrich un “Memorandum segreto” tra gli archivi di questa organizzazione che ha rivelato piani dettagliati, con una conoscenza della situazione militare e politica della fortezza, per rifornire gli ammutinati di aiuti militari.

Molto illustrativa è l’evoluzione di alcuni dei massimi dirigenti della rivolta. Petrichenko assieme ad altri dirigenti della rivolta offrirono in Finlandia i loro servizi come volontari al generale bianco Wrangler. Alla fine e a modo suo, Petrichenko fu d’accordo con Lenin e Trotsky, i quali, come avevano sempre sottolineato, non vedevano una via di mezzo tra le forze della rivoluzione e della controrivoluzione.

Conclusioni

Gli archivi non fanno altro che confermare la caratterizzazione dei bolscevichi. Questo portò lo storico simpatizzante dell’anarchismo P. Avrich ad affermare che “Kronstadt presenta una situazione nella quale lo storico può simpatizzare con i ribelli e concedere, tuttavia, che i bolscevichi fossero giustificati nel sottometterli. Riconoscendo questo fatto si può cogliere il vero significato di tutta la tragedia di Kronstadt”.

I bolscevichi non smisero di vedere motivi onesti nella rivolta, compresero la situazione calamitosa in cui versava il paese e non temettero le richieste economiche del movimento. Ma gli atti dei dirigenti, seguiti dai marinai, divennero una ribellione armata che, qualunque fosse la loro intenzione, non poteva che aiutare le forze della restaurazione capitalista e obbligare i bolscevichi a sopprimerla.

I difensori dell’ammutinamento di Kronstadt si costituirono in un fronte unico che va dagli anarchici fino alle Guardie Bianche e all’imperialismo francese. E hanno fatto di Kronstadt il centro di un grande mito che è stato propagato, soprattutto dai primi, con lo scopo di screditare la lotta dei marxisti per la dittatura del proletariato sulla borghesia.

Tuttavia il fallimento delle idee anarchiche è evidente nelle parole di Trotsky diciassette anni dopo i fatti, mentre era testimone del tradimento dei leader anarchici nella rivoluzione spagnola: “Il governo spagnolo del Fronte Popolare soffoca la Rivoluzione socialista e fucila i rivoluzionari. Gli anarchici partecipano a questo governo o, quando vengono espulsi, continuano a sostenere i carnefici. E i loro avvocati e alleati stranieri nel frattempo sono impegnati in una difesa … dell’insurrezione di Kronstadt contro i rudi bolscevichi. Un’aberrazione vergognosa!” (1).

Note

(1)“Alarma por Kronstadt”, in Cómo se armó la revolución. Escritos militares de León Trotsky, Buenos Aires, Editorial CEIP León Trotsky, 2006.

 

Federico Grom
Traduzione da La Izquierda Diario

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