Questo lunedì i due decreti fortemente voluti dal Ministro dell’Interno Salvini (sicurezza e immigrazione) sono confluiti in un unico testo che è stato approvato all’unanimità dal Consiglio dei Ministri. Leggendo i 42 articoli del documento, che aspetta solo la firma di Mattarella per entrare in vigore, ciò che balza subito all’occhio è la volontà palese dell’esecutivo di minare alle fondamenta il diritto di asilo ai richiedenti e di rendere ancora più difficile la vita agli immigrati.

Da vent’anni a questa parte i vari governi hanno solo cambiato il nome delle strutture detentive in cui gli “extracomunitari” sprovvisti di regolare titolo di soggiorno vengono reclusi: in principio erano i CPT (Centri di Permanenza Temporanea) istituiti dalla Legge Turco Napolitano sull’immigrazione, poi denominati CIE (Centri di identificazione ed espulsione) dalla legge 189 del 2002 la famigerata Bossi Fini, rinominati infine CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri) dal decreto Minniti Orlando della passata legislatura. Nel territorio sono presenti soltanto sei Centri per il rimpatrio, ciò è dovuto al fatto che molte regioni hanno rifiutato di averne uno nella propria, eppure il decreto raddoppia il limite di permanenza consentito da 90 a 180 giorni; se non saranno sufficienti gli hot spot e i CPR ai fini dell’espulsione possono essere utilizzate anche “strutture idonee nella disponibilità della pubblica sicurezza”… Ergo le carceri.

Confermata l’eliminazione, già avvenuta con Minniti e Orlando, del secondo grado di giudizio negli iter per ottenere lo Status di rifugiato, mentre si procede anche al taglio dell’assistenza legale gratuita per gli “aspiranti” rifugiati. La normativa, poi, limita il sistema di accoglienza Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) agli immigrati nei cui paesi d’origine ci siano calamità naturali e ai minori non accompagnati, i quali comunque non avranno il diritto di iscriversi all’anagrafe del comune. Viene abolita, in altre parole, la possibilità di erogare permessi di soggiorno eccezionali per gli immigrati ai quali non sia concesso lo status di rifugiato; strumento – quello dei “permessi umanitari” – che fungeva da argine alle odiose leggi sulla clandestinità e la cui eliminazione costringerà sempre più persone a vivere sotto il ricatto dell’illegalità, quindi ad ingrossare le fila della manodopera iper-sfruttata e della criminalità. Questo, ovviamente, a tutto vantaggio dei settori più reazionari della borghesia – in primis i padroni della filiera agroalimentare con la quale la lega ha forti legami – e dei mafiosi; alla faccia della retorica del governo secondo cui il decreto dovrebbe servire ad aumentare la “sicurezza”. Forse, però l’obiettivo del ministro degli interni è proprio quello di rafforzare il legame “stranieri”-delinquenza così da continuare a giustificare un aumento della repressione, nonché a creare un diversivo per nascondere l’incapacità del governo – che non può ne vuole rompere con l’UE capitalista e la classe dominante – di mantenere le promesse elettorali, o più in generale di risolvere l’immane “questione sociale” aperta dalla crisi del capitalismo.

Come mostra l’ultimo report dell’Associazione Antigone, infatti, non esiste nessun automatismo tra immigrazione e aumento della delinquenza; anzi, negli ultimi dieci anni la percentuale di cittadini stranieri detenuti s’è ridotta: nel 2008 erano 21.562 mentre oggi sono calati a 19.868 nonostante la popolazione straniera in Italia sia raddoppiata. Peraltro i numeri di quella che i leghisti definiscono invasione risultano piuttosto modesti se confrontati alla popolazione complessiva del Paese. L’Organizzazione internazionale delle migrazioni, un’agenzia collegata alle Nazioni Unite, rileva che l’Italia ha registrato il punto più basso di ingressi negli ultimi cinque anni (19.761), appena sopra gli standard della Grecia (18.529) e al di sotto della Spagna (27.994), dove gli sbarchi procedono con ritmi di crescita pari a quattro volte quelli dell’Italia.

Il decreto Salvini colpisce insomma i migranti per coprire gli interessi dei padroni e colpire i lavoratori e i poveri: nel testo, infatti, non mancano gli attacchi alle occupazioni abitative sotto forma di pene fino a 4 anni e multe da 206 a 2.064 euro per gli inquilini. In continuità con le misure attuate dall’ex ministro Minniti, il Daspo urbano è stato rafforzato; ricordiamo che quella norma permetteva già ai sindaci di impedire l’accesso al territorio cittadino a chiunque avesse ricevuto una condanna per reati che colpiscono “la persona o il patrimonio”, o avesse commesso infrazioni di vario genere. Parliamo insomma di furti, aggressioni, spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, o fenomeni di abusivismo (vedi: vendita di merce contraffatta), ma anche di scritte sui muri, o occupazioni non autorizzate di spazi pubblici come ad esempio bivacchi e accattonaggio. Ebbene, il nuovo DASPO ha un raggio d’azione più ampio del precedente, coinvolgendo anche presidi sanitari, zone di particolare interesse turistico e aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati pubblici e spettacoli.

Mentre non si riesce a trovare la quadra per gli ammortizzatori sociali (nelle prossime settimane scadrà la cassa integrazione straordinaria per oltre 140.000 lavoratori, a causa delle prescrizioni del Job Act), Salvini conta poi di reinvestire 1 miliardo di euro l’anno nelle forze dell’ordine; i Comuni con oltre 100mila abitanti potranno poi dotare 2 poliziotti municipali di Taser, la pistola elettrica paralizzante già introdotta in via sperimentale sempre dal piddino Minniti. Presentato come strumento non letale in realtà il Taser ha già provocato numerose morti dal 2001 ad oggi: negli Stati Uniti la Reuters ha documentato 1.042 casi di persone uccise dalla pistola elettrica impugnata da un poliziotto. Un quarto delle vittime soffriva di crisi psicotiche o disturbi neurologici, in nove casi su dieci la vittima era disarmata. La sostanziale impunità degli assassini di Cucchi, Aldrovandi, Bianzino etc., risultato della copertura scientifica operata dagli apparati statali a vantaggio dei poliziotti,  ci suggerisce che il Taser non farà altro che dare agli sbirri la possibilità di perpetrare ulteriori abusi senza conseguenze.

Restando sempre in tema di repressione, last but not least, l’articolo 25 del decreto prevede che il “blocco stradale” torni ad essere reato penale e non una violazione amministrativa, tradotto in soldoni: i delegati sindacali che guidano i lavoratori a occupare le strade, anziché rischiare di subire una semplice sanzione pecuniaria , potranno dover avere a che fare col carcere.

La misura fin qui analizzata dovrà ora passare al vaglio del Quirinale, e dall’opposizione quota PD e Liberi Uguali si levano già gli appelli a un intervento del Presidente. Eppure Mattarella – così zelante ad esercitare pressioni sulla nomina di Savona all’economia per rassicurare i “mercati” (vedi le grandi imprese e le banche) – non ci risulta abbia mosso un dito per redarguire Salvini quando, senza rispettare la procedura amministrativa e la catena di comando istituzionale, bloccava la nave Diciotti al porto di Catania. Se alla fine gli immigrati sono riusciti a scendere dalla nave – e a dileguarsi impunemente – è stato infatti solo grazie all’importante reazione di solidarietà delle realtà di movimento siciliane e di migliaia di normali cittadini.

Per contrastare il decreto immigrazione-sicurezza la strada da percorrere rimane perciò quella della costruzione della mobilitazione, un terreno, anche questo, che va però chiarificato. Come abbiamo accennato, la ratio della legge è quella di appoggiarsi sulle percezioni distorte rispetto all’immigrazione e alla “sicurezza” dei settori più arretrati della società, cosi da coprire la natura anti proletaria ed anti-popolare di questo governo sulle questioni sociali. Palese, in questo solco e come si evince in particolare dall’art. 25 sui blocchi stradali, la volontà di aumentare la stretta repressiva in vista della perdita di consensi che comincerà a manifestarsi quando saranno evidenti gli effetti dell’ennesima finanziaria – schiacciata dai vincoli dell’UE capitalista – sui settori popolari e i lavoratori (nel frattempo è chiaro l’obiettivo immediato dell’art. 25: colpire gli strati operai più combattivi e in particolare quelli della logistica per cui il blocco degli ingressi dei magazzini e degli interporti è un’arma di lotta fondamentale).

Non basta pertanto lottare contro “il razzismo e la repressione”, bensì è necessario collegare questi temi all’opposizione alle politiche reazionarie che l’esecutivo Lega-5Stelle porterà avanti sul piano economico. Pena rafforzare la presa di Salvini & co. lasciando l’ “antirazzismo” in mano a quelle forze  come il PD che per prime hanno la responsabilità di quasi un decennio di austerità (e le quali – lo attesta il Decreto Minniti Orlando, oltre alla Turco-Napolitano che introdusse i CIE – non hanno nulla a che spartire con la difesa dei diritti degli immigrati).

È necessario, in altre parole, spiegare a quelle fasce di lavoratori preda della propaganda leghista a causa di decenni di passività delle burocrazie sindacali e di errori della sinistra di classe, che il razzismo di Stato approfondito dall’ultimo decreto non è altro che un modo per dividerli dai loro fratelli immigrati e proseguire indisturbati l’attacco alle condizioni di vita e di lavoro di tutti.  E’ necessario spiegargli che per affrontare la devastazione economica e sociale determinata dalla crisi del capitalismo l’unica soluzione è lottare uniti, a prescindere dalle differenze etniche e di religione, contro i padroni e il governo, in base a una programma di rottura con le compatibilità di un sistema economico e politico che non ha più nulla da offrire. Nulla più da offrire ne agli italiani ne agli stranieri, i quali fuggono dall’Africa, dal Medio-Oriente etc. a causa delle stesse dinamiche – quelle innescate dal dominio economico e politico sul pianeta di un pugno di banchieri e industriali – che qui generano la distruzione del welfare, povertà e iper-sfruttamento e là – oltre a tagli a sanità e istruzione, compressione del costo del lavoro etc. – determinano immani processi di espropriazione delle masse contadine e, last but not the least, guerre (qui chiamiamo tutto ciò “Austerità”, là “Imperialismo”).

Alla luce di una prospettiva del genere – che è quella che animerà lo sciopero del sindacalismo combattivo del 26-7 Ottobre – allora, opporsi all’ultimo decreto sicurezza-immigrazione significa rivendicare l’abolizione anche di tutte le misure repressive e razziste precedenti che, istituzionalizzando la clandestinità e criminalizzando gli immigrati, aumentano la ricattabilità di un settore sempre più importante della classe lavoratrice (minandone la compattezza), oltre a creare un capro espiatorio – quello dello “straniero irregolare” – molto utile ai governi borghesi di ogni schieramenti per occultare gli effetti e le responsabilità delle politiche di massacro sociale.

 

Roger

Django Renato

Ricercatore indipendente, con un passato da attivista sindacale. Collabora con la Voce delle Lotte e milita nella FIR a Firenze.