Dopo aver aiutato Jair Bolsonaro a vincere le presidenziali, in particolare, imprigionando il suo principale avversario Lula da Silva, il giudice Sergio Moro si unisce al governo di estrema destra, ma in questo modo rischia di essere messa in discussione la legittimità del ruolo di “arbitro” – ben poco super partes – giocato dalla magistratura a partire dal 2015 nella scena politica brasiliana.

Come ha recentemente riconosicuto il presidente del Tribunale Supremo Federale, José Antonio Dias Toffoli: “nel 2015, sono state effettuare operazioni e indagini che hanno coinvolto i vertici della politica e dei settori economici. Nel 2016, l’impeachment del presidente [Dilma Rousseff] e il licenziamento del presidente della Camera dei Deputati [Eduardo Cunha]. In tutti questi eventi chi è stato il grande arbitro della nazione brasiliana? La magistratura. Sia che siamo d’accordo o in disaccordo con le decisioni prese, la magistratura brasiliana, in particolare la STF, ha avuto la saggezza, la determinazione e la vocazione per adempiere alla funzione di moderare i conflitti politici, aspetti federativi, sociali ed economici della società brasiliana”.

In questa rara ammissione per la sua sincerità, ci sono ancora delle “dimenticanze”. Infatti, Toffoli “dimentica” di includere nella sua enumerazione i principali eventi degli ultimi anni, vale a dire l’imprigionamento arbitrario di Lula e la proscrizione della sua candidatura alle elezioni presidenziali. Ma la più grande omissione di Toffoli, è il significato stesso di “moderazione” del potere giudiziario: modellare la scena politica brasiliana, con il pretesto della lotta alla corruzione, per favorire gli interessi dei borghesi industriali e finanziari, dell’agro-economia e dei capitali stranieri.

Surfando l’onda “della lotta alla corruzione” con l’operazione Lava Jato, la magistratura ha guadagnato una grande popolarità a livello internazionale e nazionale, soprattutto tra la classe benestante, ma non solo. Nonostante ovvie manipolazioni, la magistratura è riuscita a creare una parvenza di “neutralità”, un’istituzione “imparziale” che investiga su tutti i partiti e settori economici (sebbene la realtà fosse molto diversa).

L’incidente Bolsonaro

In quella che doveva essere l’elezione più manipolata e antidemocratica della storia recente del paese, Bolsonaro non doveva affatto esserne il principale beneficiario. Eppure un “incidente” si è verificato. È in questo senso che si può dire che Bolsonaro era “il figlio indesiderato” del bonapartismo giudiziario, avendo beneficiato del clima anti-PT creato dalla cosiddetta lotta anticorruzione e dal collasso dei partiti centro e centro-destra, anch’essi interessati dal business.

Quando tutti i sondaggi hanno dimostrato che i “candidati preferiti” della magistratura non sarebbero andati al secondo turno, è stata presa una svolta pro-Bolsonaro per impedire al PT di tornare al potere. Tuttavia, il potere giudiziario doveva mantenere le distanze con il candidato che era diventato il presidente dell’estrema destra e assicurarsi di poterlo controllare in base ai suoi interessi. La grande opportunità di farlo è arrivata dallo scandalo del finanziamento illegale della campagna di Bolsonaro, rivelata prima del secondo turno. Alla fine il potere giudiziario ha rinviato il caso per poter mettere una “spada di Damocle giudiziaria” sulla testa del futuro presidente. Appaiono dunque delle frizioni tra il campo di Bolsonaro e la magistratura.

Il riavvicinamento Bolsonaro-Moro

Durante la campagna si sono espresse affinità indirette tra il giudice Sergio Moro, la principale figura giudiziaria della Lava Jato e responsabile della detenzione di Lula, e Bolsonaro. Ma il giudice è rimasto di gran lunga una figura associata all’ “indipendenza della giustizia” nei confronti dei partiti e di altri poteri. Tuttavia, una volta eletto, Bolsonaro ha offerto molto rapidamente a Moro un posto a capo del Ministero della Giustizia e della Pubblica Sicurezza, un “super ministero”. E’ il giudice ha accettato rapidamente.

La manifestazione di Moro è senza dubbio una vittoria per Bolsonaro, almeno nel breve periodo. Perché fa entrare nel suo governo il giudice “protagonista” della lotta alla corruzione, che trasmette l’idea al suo elettorato, tra le altre cose, di “ripulire il regime brasiliano” dalla corruzione, e che sta “realizzando le sue promesse”.

Tuttavia, anche se le parti alleate di Bolsonaro si congratulano, questa nomina è vista con grande sospetto da altri partiti di opposizione. Anzi, alcuni temono che Moro userà i suoi legami nel sistema giudiziario per rimuovere gli oppositori del governo, dando alla giustizia un carattere più apertamente partigiano, infrangendo l’illusione della “neutralità” del potere giudiziario.

Le preoccupazioni del bonapartismo giudiziario

Accettando di integrare il governo di estrema destra di Bolsonaro, Moro mette in pericolo l’intero sistema giudiziario; mette in pericolo la legittimità e la credibilità del bonapartismo giudiziario. In ogni caso, questo è ciò che l’ex ministro dell’STF, Carlos Ayres Britto, sembra temere: “il potere giudiziario è definito dal beneficio di un’indipendenza che non può essere sconfitta. I magistrati devono mantenere la massima distanza dagli altri due poteri [esecutivo e legislativo]. Questo non sembra far rima con “lo spirito della cosa” che un membro della magistratura si dimetta e assume immediatamente, con armi e bagagli, una posizione all’interno del potere esecutivo (…) Questo tipo di inversione di marcia, anche veloce, proietta nell’inconscio collettivo, nella comunità, un’immagine sfavorevole dei membri della magistratura “.

Uno dei più importanti giornali del paese, Folha de São Paulo, tra i principali sostenitori del colpo di stato istituzionale e dell’arbitrio giudiziario, esprime in un articolo un timore simile: “Quando accetta un posto con super poteri nel nuovo governo, Moro beneficia direttamente della sua stessa azione. Il giudice diventa una figura nella scena politica ed elettorale che lui stesso ha partecipato alla formazione. Il prezzo della migrazione è alto. Moro è ora confuso con il progetto di Bolsonaro …”.

Esiste davvero un rischio reale per il bonapartismo giudiziario di perdere la sua legittimità, costruito sull’illusione e la maschera della “giustizia indipendente nella lotta alla corruzione”. Moro da ragione a tutti quelli che denunciano fin dall’inizio l’operazione Lava Jato, dichiarando che ha obiettivi politici; che l’imprigionamento di Lula ma anche le altre manovre di Moro e della magistratura durante la campagna avevano lo scopo di favorire i candidati di destra e Bolsonaro. Le maschere cadono.

Una disputa tra Bolsonaro e la Magistratura?

Questo colpo contro la magistratura allo stesso tempo migliora l’equilibrio di potere di Bolsonaro. Ovviamente, non possiamo escludere che parte del sistema giudiziario stia cercando un Moro all’interno del governo per controllare il nuovo presidente più da vicino e soprattutto per modellarlo più direttamente attraverso la vita politica del “super ministero”. In questo senso, alcuni analisti ritengono che Moro sia uno dei due “super ministri” del governo (l’altro è l’economista neoliberale Paulo Guedes) che potrebbe rapidamente diventare un mezzo di pressione per Bolsonaro: una possibile fuoriuscita dal governo di Moro avrebbe un impatto molto importante.

Anche se non si può escludere né questo scenario, e né che la magistratura cerchi di continuare a influenzare e determinare in altri modi la vita politica brasiliana, ciò che è certo è che la magistratura sembra essersi divisa con una fazione che avanza sempre più in una esplicita fusione/associazione con Bolsonaro e un’altra che preferirebbe mantenere le distanze ma con un atteggiamento, per il momento, “benevolo”.

Anche un’altra cosa è  chiara: di fronte all’arbitrarietà della magistratura, i lavoratori e tutti gli oppressi non possono fidarsi del governo di Bolsonaro e del giudice Moro. Di fronte al rinforzo reazionario bonapartista del governo Bolsonaro, i lavoratori e le classi lavoratrici non possono fidarsi neanche del potere giudiziario. Queste sono fazioni diverse di una potenza dannosa e molto pericolose per la classe operaia. Le donne, le persone LGBT, le persone di colore e le popolazioni indigene, i giovani precari e oppressi e i lavoratori devono intraprendere la strada della lotta, nelle strade, nei luoghi di studio e di lavoro, nei quartieri della classe operaia militarizzata. Questo è l’unico modo per rompere l’offensiva della classe dirigente reazionaria locale e dei loro “sponsor” imperialisti.

 

Philippe Alcoy

Traduzione a cura di Annalisa Esposito da Révolution Permanente

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.