queAbbiamo intervistato uno dei protagonisti dell’occupazione del liceo Tasso che, lo scorso autunno, con parecchie altre scuole ha riacceso la fiamma del movimento studentesco a Roma. Quella del Tasso, come abbiamo già scritto, è stata un’esperienza di occupazione particolarmente avanzata nei metodi e nei contenuti e dimostra l’esistenza di un grande potenziale non soltanto di ripresa della lotta politica degli studenti in Italia, ma anche del possibile recupero dei più avanzati metodi di organizzazione e lotta, così come di un discorso e di una prassi politica che stiano contro il sistema capitalista, dalla parte della classe lavoratrice.

Dopo la fine dell’occupazione, puntuale è arrivata la repressione del preside.


Dai vostri comunicati emerge che avete valutato positivamente l’occupazione dello scorso novembre: è stata anche una prova importante per il vostro collettivo di scuola. Quale reazione c’è stata di fronte alla misura del 6 in condotta per il trimestre? [l’anno scolastico al Tasso, come in una parte delle scuole superiori italiane, si divide in trimestre e pentamestre]

Il 6 in condotta è arrivato e noi già ce lo aspettavamo; è una cosa che conferma che la nostra lotta ha inciso, non è stata un fatto indifferente, perché l’istituzione, dal momento che è lesa, deve reagire in quanto istituzione, altrimenti non sarebbe tale. Secondo noi, il 6 in condotta ha dato valore alla nostra azione; inoltre, ha portato un’altra cosa, cioè la nostra compattezza di fronte al tentativo del preside di trovare dei “delatori” che “denunciassero” gli occupanti confermando nomi e cognomi di chi aveva partecipato all’occupazione. Il preside ha fatto questa mossa e, lasciando perdere qualsiasi correttezza, ha annunciato allo stesso tempo di avere comunque già una lista di nomi degli occupanti. Di fronte a questa situazione, abbiamo giocato d’anticipo su possibili spaccature e ci siamo “autodenunciati” per evitare che si formasse una frattura a metà fra chi aveva occupato e avrebbe preso il 6 in condotta e chi invece “misteriosamente”, pure se il preside sapeva già tutti i nomi, sarebbe stato escluso da questa misura in modo arbitrario. È stato un tentativo di farci paura che è fallito.

Dopo il 6 in condotta, come si è evoluta la situazione a scuola?

Le relazioni col preside sono poi rientrate in una situazione normale, ordinaria, anche se è chiaro che ha adottato alcune misure “standard” punitive dopo l’occupazione, come la cancellazione dei viaggi d’istituto, di molte uscite già previste – misure che per me sono sbagliate e non risolvono niente, anche se è chiaro che queste punizioni sono una reazione, una ripercussione della nostra azione politica: le rigettiamo ma non ci sorprendiamo ingenuamente che siano state adottate; ce le siamo addossate senza problemi perché il nostro è stato un atto forte che è riuscito a colpire dove doveva colpire nel modo in cui doveva colpire.

Come si è evoluta l’attività del collettivo dopo l’occupazione? C’è una dinamica di riflusso?

C’è stato un riflusso che si può comprendere tenendo conto che siamo studenti non emancipati rispetto alle nostre famiglie: hai la madre a casa che si incazza, eccetera. C’è ancora oggi una adesione forte alle assemblee e alle iniziative del collettivo, ma minore di prima: per capire questa situazione, bisogna tenere conto anche del fatto che l’opposizione politica nata nel processo d’occupazione è dissolta, o meglio si è ritirata senza esporsi anche adesso; ciò secondo me dimostra la futilità dei motivi che la muovevano, perché gli argomenti, che erano oggetto di polemica prima, rimangono. Penso che non avremmo fatto l’occupazione nello stesso modo se non avessimo avuto la pressione, la spinta di chi ci dava contro: hanno stimolato in noi la necessità e la volontà di dimostrare che volevamo fare una cosa, potevamo farla e sapevamo farla bene. Alcuni elementi ancora fanno sentire la loro voce e mantengono un minimo dialogo, ma sicuramente senza una contrapposizione come prima.

Siete riusciti a formulare un piano d’azione per continuare la vostra attività politica nel pentamestre?

Abbiamo fatto un’azione, in un centinaio di persone, tenendo un’assemblea/sit-in davanti alla scuola per poi entrare la seconda ora. Negli ultimi collettivi, ad ogni modo, abbiamo dato molto più spazio alla riflessione e all’analisi politica, senza programmare molte attività/manifestazioni esterne. Con la ripresa del pentamestre dobbiamo chiaramente rivedere e ripensare il nostro programma d’azione.

Diversi professori e insegnanti vedevano con favore la vostra iniziativa, durante l’occupazione? Come va ora coi professori?

Non c’è nemmeno quell’aura di tensione che si respira dopo un’occupazione, con tutti i professori che si maldispongono. Ricordo l’occupazione che si fece quando ero in quarta ginnasio: i professori erano arrabbiati molto di più con quelli del mio anno che con “i grandi”: giustamente, dal punto di vista dell’istituzione, cosa fanno, loro? Educano, cercano di fare in modo che queste azioni non si verifichino, insistendo a partire dai più piccoli. Anche nel caso di quest’anno, gli studenti più giovani sono stati penalizzati un po’ di più.

Per quanto riguarda i professori oggi, alcuni sono stati contenti dell’occupazione: c’è chi l’ha detto esplicitamente, chi no, anche perché esporsi su questo terreno comporta diversi problemi e rischi a livello lavorativo e “relazionale” tra il corpo docenti e con la burocrazia scolastica.

C’è stato qualche sviluppo delle piattaforme e dei coordinamenti degli studenti in occupazione a Roma, rispetto a dicembre?

Finora no. A fine occupazione avevamo deciso di rivederci con ragazzi di altre scuole, in una data ancora da decidersi, per cercare di portare avanti altre manifestazioni e azioni per mostrare che il movimento studentesco non muore con l’inizio del pentamestre: i voti del pentamestre sono quelli “finali” dell’anno, la gente ha paura e più la posta in gioco diventa alta, più c’è qualcosa da perdere, meno la gente è invogliata a esporsi e rischiare.

Come giornale e gruppo politico stiamo sostenendo la costruzione di un percorso largo, partecipato di costruzione della data dell’8 marzo, anche in Italia come sarà in molti altri paesi, come sciopero generale. L’anno scorso è stata una data di lotta “smorzata”, senza sciopero generale. Possiamo dire però che il dibattito del movimento femminile, la volontà di diversi strati del movimento sindacale di non lasciar passare un “inverno freddo”, la delusione o l’ostilità di tanti fra le classi subalterne nei confronti del governo stanno creando condizioni migliori perché ci sia una grande giornata di sciopero l’8 marzo, una giornata dove si sciopera e si sta in piazza, si lotta, non si sta a casa a guardare la TV. Secondo te è importante che il movimento studentesco scenda in piazza questo 8 marzo?

In collettivo si parlerà sicuramente di questo. In generale, noi portiamo avanti un discorso di analisi e azione politica dentro tutte le nostre assemblee settimanali. Questo 8 marzo penso che ci sarà una bella adesione, parlandone per tempo dentro scuola anche coi professori, dato che è una manifestazione che si può vivere insieme, studenti e lavoratori, insegnanti. C’è la possibilità dunque, credo, che il Tasso scenda in forze, come altre scuole, ad esempio il Plinio e il Righi.

 

 

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.