Una «alternativa», a detta di Theirry Mariani, nuovo arrivato al Rassemblement National [RN, nuovo nome del Front National,ndt]. Ma a ben vedere il modello ungherese tanto decantato da RN assomiglia molto al modello che invece pretende di denunciare e verso cui si pone come alternativa: abrogazione del Codice del lavoro e della protezione sociale, il tutto condito da una buona dose di razzismo.

Una politica che si accompagna alla virata “europeista” per cui anche la destra francese non parla più di “uscire dall’euro” ma di “rimanere nell’eurozona cambiandone la governance”.


L’abbandono del tema dell’uscita dall’euro da parte di Marine Le Pen risponde ad un obiettivo chiaro: pescare dal terreno della destra in vista delle prossime elezioni europee. I populisti europei come Orban e Salvini sono ormai presi a modello da RN. Recentemente Thierry Mariani, ex ministro liberista di Sarkozy, fresco di approdo al RN, rende esplicito l’obiettivo del partito: cambiare l’UE dall’interno. “Oramai non possiamo far altro che restare in Europa, ma la cambieremo dall’interno. Manterremo l’euro ma tenteremo di cambiarne la governance. E questo ci conviene! […] Per la prima volta le elezioni europee saranno una vera sfida aperta. Con Salvini in Italia ed Orban in Ungheria è a portata di mano una vera alternativa!”

Si tratta davvero di una “alternativa”? A ben guardare, che si tratti di Salvini o di Orban, il modello vantato da RN sembra molto simile a quello che denuncia e rispetto al quale si propone come modello alternativo: abrogazione del Codice del lavoro e della protezione sociale, il tutto condito da una buona dose di razzismo. Victor Orban, primo ministro ungherese, usa una retorica spiccatamente “nazional-popolare”. Indicando gli stranieri come nemici del “popolo”, la sua politica neoliberale asseconda meglio di ogni altra cosa gli interessi industriali della Germania. Le recenti leggi sul lavoro, non a caso dette “Leggi-schiavitù”, hanno per la prima volta suscitato un moto di protesta nel paese che si è concretizzato in una massiccia mobilitazione del mondo del lavoro e dei giovani.

Ungheria, la legge sul lavoro permette ai padroni di non pagare ai dipendenti fino a 400 ore di straordinari

Dietro alla sua pseudo retorica “illiberale”, si cela il volto più disgustoso e banale del capitalismo nazionalista che dipende in realtà in maniera massiccia dagli investimenti internazionali e dai fondi europei.

Pronto a usare une retorica razzista per sviare l’attenzione pubblica dai reali problemi del paese, Orban resta in effetti stranamente silenzioso quando si tratta di parlare degli interessi industriali strategici dei paesi stranieri, anzi, meglio, li sostiene a braccia aperte. Invitato a prendere parola in occasione del lancio di una nuova linea di produzione Audi in Ungheria, Orban ha svelato la realtà del capitalismo, che difende malgrado i sotterfugi retorici, dichiarando che “l’Ungheria è impensabile senza la presenza di Audi”. Gli interessi del capitalismo sono ben evidenti e chiari ad entrambe le parti, al governo e agli industriali stranieri, se è vero che il direttore generale di Audi ha risposto al saluto di Orban dicendo che “noi di Audi ci sentiamo qui in Ungheria come a casa nostra”.

Sulla scia di questa corrispondenza di amorosi sensi, Orban ha dovuto affrontare nell’ultimo periodo le massicce contestazioni esplose dopo l’approvazione delle leggi schiaviste (scritte per attirare le industrie tedesche) che aumentano a 400 il limite massimo di ore di straordinario che un singolo operaio può fare in un anno e che concede ai proprietari delle aziende la possibilità di pagare gli straordinari con un termine massimo di 36 mesi.

L’altra legge che ha suscitato le proteste di piazza riguarda la creazione di «Tribunali amministrativi» che daranno ai giudici nominati dal partito Fidesz [il partito di Orban] la parola finale su tutta una serie di questioni riguardanti la spesa pubblica e la “trasparenza”. [Si tratta di un sistema parallelo di tribunali amministrativi alle dirette dipendenze del ministro della Giustizia con giurisdizione in materia di pubblica amministrazione, legge elettorale, corruzione e diritto di manifestare. Queste competenze vengono quindi sottratte ai tribunali ordinari, ndt]. Questa legge è destinata evidentemente a proteggere gli interessi di Fidesz. Si tratta in realtà dell’ultimo chiodo piantato sulla bara dello Stato di diritto e della democrazia liberale. Attirare le industrie tedesche (strategia tanto denunciata da RN in Francia) e reprimere le manifestazioni di dissenso: proprio un bel modello!

Il finanziamento e le sovvenzioni agli investimenti esteri diretti per le industrie che producono per l’export sono di fondamentale importanza per Orban. Se nel campo della comunicazione politica Orban ha dispiegato una retorica ultra razzista, prendendo di mira ebrei e migranti, l’interesse dei capitalisti ungheresi impone in realtà di accogliere capitali stranieri e rendere flessibile il mondo del lavoro. Oltre alle donazioni dirette all’industria (crediti d’imposta e sussidi alle imprese) la Camera di commercio tedesca è stata invitata a partecipare alla stesura di sezioni chiave della riforma dell’istruzione. Le inchieste giornalistiche hanno dimostrato che, come conseguenze di queste scelte politiche, l’Ungheria ha il più basso livello di tassazione sulle aziende tra i paesi membri dell’UE.

Le novità introdotte dalla “Legge-schiavitù” sono in continuità con le politiche di precarizzazione e deregolamentazione del mercato del lavoro: la riforma del codice del lavoro del 2012 ha segnato una vera svolta nella precarizzazione del lavoro, introducendo un’organizzazione oraria variabile a seconda dei cicli economici. Le aziende possono costringere i lavoratori a fare pesanti straordinari quando la domanda è elevata e li colloca a riposo non retribuito o sottopagato quando la domanda è bassa.

Fidesz ha fatto approvare inoltre un piano che ha sostituito le indennità di disoccupazione con un sistema cosiddetto “universale” che concede indennità di disoccupazione in cambio dell’obbligo ad essere impiegati in lavori socialmente utili e nelle opere di utilità pubblica. In breve, un ritorno al lavoro forzato.

Contrapponiamo il nostro modello di classe a quello di RN

Tutto questo lascia presagire che anche in Francia si potrebbero prendere soluzioni di questo tipo in caso andasse al governo RN. La vernice “anti-austerità” non basta a contrastare in maniera efficace il progetto delle classi dominanti. I due esempi esaminati dimostrano che, sia che si tratti di smantellare il sistema dello stato sociale, sia che si tratti di precarizzare il mercato del lavoro, il neoliberalismo prosegue con successo per la propria strada. Come ricorda bene l’economista Stefano Palombarini “occorre ricordare che il cuore del neoliberismo non è l’austerità di bilancio ma la flessibilità dei salari, mano libera agli industriali per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, un sistema di protezione sociale piegato alle regole del mercato. L’austerità è stata utilizzata, in Francia come in altri paesi, per far apparire inevitabile e ineludibile l’approvazione delle riforme neoliberali che sono invece all’origine della diffusione della precarietà, della povertà e delle disuguaglianze sociali sempre più grandi: e queste dinamiche continueranno finché non si invertirà la tendenza, ad esempio passando ad adottare politiche espansive di bilancio”.

In entrambi i casi il sistema della sicurezza sociale è smantellato in nome di una cosiddetta protezione universale (che significa però il ritorno ai lavori forzati) e di una estrema precarizzazione del mercato del lavoro. Si tratta di politiche antisociali e precarizzanti, politiche che usano il razzismo come strumento di divisione delle classe lavoratrice per meglio mascherare le divisioni della loro base sociale di riferimento.

Di fronte a questa retorica che maschera la lotta di classe dietro al cosiddetto «popolo», le manifestazioni in Ungheria, Italia ed anche in Francia hanno segnato la via da seguire per la lotta contro il neoliberalismo in tutte le sue forme. In Ungheria per la prima volta studenti e lavoratori si organizzano apertamente in solidarietà gli uni con gli altri contro il regime di Orban. In Francia i Gilet Gialli hanno fermato l’agenda neoliberale di Macron e ne hanno proposta una diversa. Tenendosi sempre lontani dalla spregevole strategia elettorale di Le Pen, solo una mobilitazione della gioventù e del mondo del lavoro riuscirà a bloccare l’approvazione delle riforme neoliberali di cui i populisti sono i responsabili principali e i maggiori beneficiari, malgrado la loro opposizione di facciata.

Max Demian

Traduzione di Vera Pavlovna da Révolution Permanente

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