Tutti i critici odiano “Joker”: lo denunciano come un film senza un messaggio, o che ispirerà i terroristi di destra. Che film stavano guardando? In realtà, il messaggio politico che vi possiamo trovare non potrebbe essere più chiaro: i lavoratori devono dirigere la loro rabbia contro i ricchi.


Joker”, nelle parole del suo protagonista, è un film su un “solitario malato di mente” e una “società che lo abbandona e lo tratta come spazzatura”. Arthur Fleck, il protagonista, soffre di interminabili privazioni in una metropoli capitalista: sopravvive a malapena facendo un lavoro precario da clown. È stato rinchiuso in una prigione psichiatrica. Deve prendersi cura della madre disabile in un appartamento decrepito. E ora i suoi servizi di salute mentale sono stati eliminati a causa dei tagli del bilancio della città.

La rabbia di Arthur per la sua situazione lo porta a diventare un assassino, e alla fine, come deduciamo dal canone narrativo di Batman, un supercriminale in costume. Ma “Joker” è in realtà solo tangenzialmente legato alle storie dei supereroi. Il film si svolge nel 1981 a New York City – ci sono solo riferimenti occasionali che sia ambientato a “Gotham”.

Il film è stato preceduto da uno scandalo: è una glorificazione di incel violenti e uomini bianchi arrabbiati? Il cinema in cui sono andato a Brooklyn aveva un agente di polizia armato davanti all’ingresso.

Richard Brody, scrivendo sul New Yorker, ha descritto il film come razzista. È certamente una scelta infelice che la scena di apertura mostri Arthur, che lavora come un clown di strada, brutalmente attaccato da cinque giovani di colore: un vecchio cliché razzista su giovani neri che attaccano un bianco innocente. La scena non viene poi ripresa e si pone in contrasto con i messaggi di solidarietà operaia al di là delle linee razziali.

Ma questa scena ha poca rilevanza per il resto del film. La trasformazione di Arthur in un “vigilante” della classe operaia inizia quando viene avvicinato da tre banchieri della metropolitana. Individua correttamente i responsabili delle sue sofferenze: uomini ricchi in giacca e cravatta. L’assistente sociale oppresso di Arthur è una donna nera. Ma piuttosto che insinuare una contraddizione tra i due, serve una coscienza di classe pura: “Non gliene frega un cazzo delle persone come te. E non gliene frega un cazzo delle persone come me”.

La rabbia come quella di Arthur può essere facilmente distorta contro i gruppi emarginati: immigrati, donne, persone queer, ecc. Questo film, però, fa di tutto per mostrare chi sono i veri cattivi. Il plutocrate Thomas Wayne, l’uomo più ricco della città, inizia la sua campagna elettorale come sindaco esprimendo il suo disprezzo per i poveri, chiamandoli “clown” incapaci di farsi una vita. Presto, i manifestanti con maschere da clown sono pronti a scatenarsi davanti a una serata di gala alla Wayne Hall.

 

Che film hanno visto?

Numerosi critici hanno definito il film “poco profondo” o “vuoto“, sostenendo che non ha “niente da dire“. Vice fa eco e afferma che Joker è “terribile“, basato su recensioni “brutali”.

Che film hanno visto questi critici?

Lungi dall’avere “niente da dire”, il film è, se non altro, troppo pedante con la sua propaganda contro i ricchi. Quando Arthur prende il treno per la Hudson Valley (scusate: Gotham Valley), un’inquadratura mostra che ogni passeggero legge un giornale con il titolo “Uccidere i ricchi”. Un cartello dice anche: “Se pensi che L’AVIDITÀ sia cattiva, aspetta di sentire parlare di CAPITALISMO”.

Raramente i pregiudizi di classe dei critici professionisti sono stati più ovvi. “Joker” sta infatti svolgendo un ruolo enormemente progressista, enfatizzando la linea che divide le élite liberali dai lavoratori oppressi e arrabbiati. Questo può aiutare a spiegare perché, come ammette a malincuore Vice, l’accoglienza del pubblico al film “finora è stata molto, molto più positiva” rispetto alla risposta critica.

Arthur alla fine si rivolge alla violenza individuale contro le persone che gli hanno fatto un torto, una soluzione totalmente reazionaria. Ma il film non lo presenta come inevitabile. Quasi per coincidenza, Arthur si trova immerso nella massa di rivoltosi di fronte a Wayne Hall: li ha ispirati, ma è a malapena consapevole del movimento. Mentre cantano slogan contro Wayne, Arthur serra il pugno e si crogiola nella giusta rabbia. In questo breve momento, vediamo l’antidoto alla sua bruciante solitudine. Arthur, sfortunatamente, si lancia fuori dalla folla per affrontare Wayne da solo.

Batman è sempre stata una storia incredibilmente reazionaria, presentando l’uomo più ricco della città come l’unico che può garantire la giustizia. Il Joker di Heath Ledger in “The Dark Knight” (2008) è apparso come una forza della natura, negandoci qualsiasi visione della vita interiore del personaggio. Era un uomo che “vuole solo guardare il mondo che brucia”. Questo era solo un noioso riflesso dell’ideologia imperialista degli anni di Bush. I terroristi, ci è stato detto, non erano motivati dalla rabbia per i crimini imperialisti in Medio Oriente. No, erano semplicemente “malvagi”, “nemici della libertà”, ecc. Batman, per fermarli, aveva bisogno di usare la tortura e la sorveglianza di massa illegale, proprio come la CIA.

Il prossimo film della serie, “The Dark Knight Rises” (2012), è stato ancora più reazionario. Il regista Christopher Nolan ha basato i suoi cattivi sia sul movimento Occupy che sui sanculotti della Rivoluzione Francese come cattivi. Batman è stato in grado di sconfiggerli al fianco della “candida” polizia. Questo ultimo film di Batman era essenzialmente una fantasia sull’aristocrazia francese che sconfiggeva la rivoluzione. Come quasi tutte le precedenti storie di Batman, i film di Nolan offrivano una concezione della “giustizia” basata costantemente sugli interessi dei ricchi. Le implicazioni di classe sono chiare, anche se i Wayne spesso sembrano assomigliare più da vicino alla nobiltà terriera che ai capitalisti moderni.

“Joker”, al contrario, instillerà in ogni spettatore della classe lavoratrice la “pazza idea” di battere quel protofascista di Batman. Avevamo sempre sentito dire che il padre di Bruce Wayne è stato ucciso in una rapina – e se invece si trattasse di un atto di vendetta per i suoi anni di sfruttamento degli operai di Gotham?

 

Maschere e gilet

Anche in altri modi, “Joker” capovolge il racconto reazionario del franchise di Batman. Anche se Arthur Fleck finisce per commettere crimini orribili, è chiaro che non è nato come un criminale, ma è portato alla follia da un sistema criminale. Il film lo mostra, almeno in queste prime fasi, isprirare ampie masse a combattere contro la loro oppressione. Quando la polizia lo insegue in una metropolitana affollata, gli agenti sparano a uno spettatore innocente. La folla, indossando simboli condivisi e riconoscendo così il proprio potere collettivo, può facilmente sopraffare questi poliziotti assassini e così vendicarsi. Le maschere da clown potrebbero sembrare sciocche, ma chi può guardarle senza pensare ai gilets jaunes che sfidano il potere statale in Francia?

Il film “Joker” ha molte debolezze. Il ruolo di Zazie Beetz come vicina di casa di Arthur è abbozzato e prevedibile. Robert De Niro, pur offrendo un accenno notevole a “Taxi Driver”, da cui questo film trae ispirazione, manipola ogni scena in cui si trova con una performance poco plausibile. E anche le belle scene di ribellione sono contaminate dal fatto che i rivoltosi sembrano essere esclusivamente uomini (mentre ogni movimento insurrezionale nel mondo moderno presenta donne in prima linea). Si tratta, dopo tutto, di un film fatto con 60 milioni di dollari – non poteva sfuggire all’immagine della “folla cattiva”. Tuttavia, Joker riflette come sta cambiando la coscienza negli Stati Uniti. Con l’aggravarsi della crisi sociale, possiamo aspettarci più film come questo.

Nathaniel Flakin

Traduzione da Left Voice

Nathaniel è un giornalista e storico freelance che vive a Berlino. Fa parte della redazione del giornale online Left Voice. Nathaniel, noto anche con il soprannome Wladek, ha scritto una biografia di Martin Monath, un trotskista combattente nella resistenza in Francia durante la seconda guerra mondiale, pubblicata in tedesco e in inglese. È nello spettro autistico.