Il comitato studentesco del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma ha promosso negli ultimi giorni una mobilitazione contro la proposta di mettere il CSC sotto diretto controllo del governo. Abbiamo intervistato due attiviste del collettivo.


Su proposta della Lega, il “Decreto Giubileo” contiene una norma specifica per condurre sotto il controllo di quattro ministeri, dunque del governo, il Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC) di Roma. Mercoledì scorso è passato in commissione un emendamento della Lega, il 12.03, che punta ad azzerare con due anni di anticipo il comitato scientifico del CSC, così che la gestione del centro passi rapidamente al governo stesso, in particolare al ministero dell’istruzione e del merito, ma anche del ministero delle finanze, cioè ai protagonisti dei tagli allo stato sociale e anche alle attività culturali. La misura è palesemente volta a lottizzare il CSC a vantaggio della destra al governo: un’operazione che rientra nel tentativo più generale di conquistare posizioni di forza nelle istituzioni di vario tipo per promuovere i propri favoriti e rafforzare la diffusione di idee conservatrici e reazionarie nel paese.

L’attacco del governo al CSC è di fatto in continuità con la scia di privatizzazioni e tagli alle istituzioni culturali, che cercano di mantenere per quanto possibile i vecchi sistemi di lottizzazione di partito, di cui è stato protagonista il centrosinistra e il Partito Democratico; gli stessi 5 Stelle, una volta saliti al governo con Salvini, uno dei peggiori reazionaria della stessa casta che denunciavano, non hanno assolutamente invertito la rotta, men che meno dopo con le larghe coalizioni. Ad esempio, nell’ultimo decennio, mentre si aumentava il numero dei lavoratori esternalizzati in un settore pubblico culturale sempre più intrecciato con fondazioni private e si tagliavano oltre 700 milioni alla cultura, l’ex ministro Franceschini aboliva la selezione per concorso dei dirigenti dei principali musei, sostituendola con una nomina di fatto politica. Non stupisce che anche democristiani nemici dei lavoratori e dell’accesso libero alla cultura, come Franceschini, siano a fianco della finta svolta a sinistra del PD con la segretaria Elly Schlein.

Lo stesso Centro Sperimentale di Cinematografia è già semi-privato, fatto che comporta alti costi delle rette e un forte elitarismo, come ci raccontano gli studenti, che hanno promosso un presidio all’interno del CSC come centro della lotta contro questo emendamento.

Sosteniamo la mobilitazione promossa dal comitato studentesco del CSC contro il provvedimento del governo. Rivendichiamo l’unità tra i lavoratori della cultura e gli studenti, per l’indipendenza delle istituzioni artistiche, museali ed educative, e il loro controllo democratico da parte di chi le fa funzionare e degli utenti, insieme al forte aumento dei fondi destinati alla cultura e la fine del lavoro esternalizzato.

Mattia Giampaolo, dottorando alla Sapienza di Roma e membro della nostra redazione, ha intervistato due rappresentanti del comitato, Renata e Sarah, che ci hanno spiegato come è nata la mobilitazione e quali sono le rivendicazioni da portare avanti.

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Sarah del comitato studentesco introduce brevemente la loro lotta.

Non succede spesso di sentire dell’occupazione del centro sperimentale, come se fosse un liceo romano o una facoltà della sapienza. Come siete arrivati a decidere questo presidio? Quali sono i problemi su cui avanzate delle rivendicazioni?

Vi è stata la consapevolezza di riprenderci uno spazio che ci fosse legittimo e che spesso abbiamo sottovalutato noi per primi. Nel senso che era da un po’ che stavamo portando avanti delle lotte e conquistato piccole vittorie interne, ma non c’era mai stato un attacco dall’esterno come in questo caso. In genere avevamo portato avanti delle piccole lotte legate alla didattica, alla mensa e alle borse di studio. Soprattutto la questione delle borse di studio è stata sempre centrale poiché essendo questa una scuola semi-privata le borse di studio rappresentano una boccata d’ossigeno per gli studenti.

Da quando ci siamo noi come collettivo abbiamo sempre portato avanti piccole battaglie e un confronto diretto con la dirigenza e i docenti che spesso è stato conflittuale, ma che era sempre stata confinata all’interno di queste mura. Il problema è arrivato dal momento in cui tutte le nostre lotte e conquiste erano minacciate non dall’interno, ma dall’esterno.

Da qui, ci siamo chiesti quale sarebbe stato il modo migliore per contrastare questi attacchi. Abbiamo discusso diverse ipotesi ovvero come far sentire la nostra voce all’esterno. La discussione interna è stata principalmente se questa dovesse essere un’occupazione o un presidio. Siamo arrivati alla conclusione del presidio perché volevamo in un qualche modo aprirci all’esterno poiché ci sembrava un po’ barricarsi all’interno e una sorta di chiusura rispetto alle realtà esterne.

Alla fine siamo una realtà molto piccola e quindi siamo stati costretti ad aprirci a chiunque esprimesse solidarietà.

Quanti partecipano a questo presidio?

Naturalmente ci dobbiamo scontrare con il fatto che questo attacco arriva nel cuore dell’estate nel periodo più infausto dell’anno quando la maggior parte delle persone sono in vacanza o hanno finito le attività didattiche. Siamo molto pochi, ma le persone del collettivo, che erano ritornati nelle proprie case fuori regione, stanno tornando poco a poco, e oggi arriviamo a circa 50 persone. Un numero a nostro avviso importante. Questo naturalmente perché dal momento in cui l’emendamento della Lega verrà discusso a breve, la partecipazione di un numero cospicuo di studenti è importante. Chi sta tornando oggi qui al presidio, dimostra di fatto l’importanza di lottare tutti insieme contro l’emendamento.

Recentemente, il coordinamento collettivi sapienza ha fatto una campagna di solidarietà ai lavoratori di guardianìa in appalto alla Sapienza, contro condizioni di lavoro pessime. Voi siete già riusciti a dialogare e mobilitarvi insieme al personale del centro o altri lavoratori del settore dello spettacolo?

Per ora no, ma in questi giorni abbiamo ricevuto la solidarietà di molte realtà cittadine e questo ci da la convinzione che bisogna smettere di ragionare in maniera atomizzata e separata dalle altre realtà. In questi giorni ad esempio è venuta qui la SIPA che è legata al conservatorio di Santa Cecilia che ha fatto un concerto qui. Ci sono alcuni studenti dell’Università Sapienza che stanno venendo a studiare qui. Qui è importante ribadire l’importanza di un presidio aperto a tutti e a tutte le realtà scolastiche. Perché un punto focale in questa battaglia, come lo è stato per l’occupazione ad esempio di Scienza Politiche a La Sapienza, non è confinata all’interno di questa struttura. Va fatto un discorso culturale e politico e bisogna chiedersi in che modo questo governo sta attaccando le realtà culturali di questo paese. Qui si va ad una mera spartizione di poltrone e di nomine politiche come successo in RAI come pure a Cinecittà. Per questo motivo il discorso è molto più ampio e che si lega ad altre lotte e realtà.

Quello che vediamo in questi giorni è una separazione sempre più netta delle lotte nonostante siano legate da fili rossi che di fatto dimostrano come la radice sia invece comune.

È innegabile che noi siamo partiti dalle nostre problematiche e dalle nostre rivendicazioni, ma proprio questa iniziativa ci sta invece dimostrando quanto sia importante unire le forze. In questi giorni ci stanno venendo a fare visita diverse realtà cittadine con le quali ci stiamo confrontando. Ad esempio abbiamo intavolato un dibattito e un confronto con l’Associazione per i Diritti degli Attori e abbiamo avuto modo di parlare sul sistema lavorativo e sulle situazioni dei lavoratori dello spettacolo. Un confronto necessario e anche di preparazione nell’affrontare le scelte di questo governo, sia oggi che in futuro.

Roma è considerata una grande città del cinema, sia per vederlo sia per farlo. Qual è la vostra esperienza concreta di giovani artisti in città, in questo senso?

Sicuramente Roma ha una centralità storica per il cinema e molto spesso ci si chiede se è una scelta o il destino essere a Roma. Questo è problematico in sé, poiché tende a centralizzare anche la vita degli attori e degli artisti perché Roma, ad oggi, è l’unico luogo per fare cinema e spettacolo nonostante vi siano altri luoghi in Italia dove poter fare il nostro lavoro. Penso ad esempio alla Puglia o alla Campania che sono due regioni che si stanno spendendo per il cinema e nonostante ciò non decollano. Questo di fatto limita e implica la costruzione di un circolo ristretto di persone, chiuso su se stesso.

Questa protesta, inoltre, ha portato alla superficie di quanto questa scuola, che di fatto è risulta essere un po’ elitaria una sorta di roccaforte delle scuole di cinema, è chiusa su stessa e tende ad isolare dal resto del mondo. Inoltre, la posizione periferica, rispetto alla città, non aiuta e questo presidio: essere riusciti ad ospitare diverse realtà cittadine ci ha fatto uscire dall’isolamento più assoluto.

Proprio alla luce di questo isolamento, c’è stato in questi giorni un contatto con realtà vicine come Cinecittà o altre?

Per quanto riguarda Cinecittà, a livello istituzionale c’è un grande collegamento con il Centro, così come con l’Istituto Luce per quanto riguarda gli archivi. Noi, ad esempio abbiamo la fortuna di poter accedere agli archivi dell’Istituto, una fortuna riservata a pochi eletti, tuttavia, il grande problema è che non ci pone all’interno di queste realtà l’importanza del dibattito politico. Questa è una battaglia che riguarda questa istituzione, ma speriamo che si solchi il terreno per una lotta molto più ampia, soprattutto sotto il punto di vista culturale. C’è una connessione strettissima tra il cambio dirigenziale di Cinecittà e la condizione culturale e politica nella quale viviamo in questo paese. Cosa sta facendo questo governo in merito alla cultura? È preoccupante? Sì, assolutamente. Che bisogna fare? Bisognerebbe eliminare le influenze governative, dalla RAI a Cinecittà, sulle nomine per eliminare la lottizzazione che sta colpendo anche la nostra realtà. Il centro e il consiglio di amministrazione è sotto il controllo governativo e li stanno esautorando due anni e mezzo prima della scadenza. È un intervento aggressivo e immotivato.

Questa mossa è partita dalla Lega: un decreto Omnibus che è all’interno del Decreto Giubileo, un’estreneità completa rispetto agli scopi della Scuola. Questo fa capire molto dal punto di vista politico.

Voi avete avuto qualche confronto con partiti politici?

Noi stiamo avendo un dialogo con tutte le forze politiche di opposizione, ma vogliamo ribadire che questa battaglia è una battaglia del comitato studentesco indipendente dai partiti politici istituzionali. Ovviamente riceviamo la solidarietà, interessata, dei partiti di opposizione per ovvi motivi. Sono venuti tutti a parlare con noi in sede e ovviamente la posizione nostra è chiara netta, loro faranno il loro in Commissione parlamentare, ma il nostro obiettivo è quello di fare la nostra lotta all’interno della Scuola. L’unica cosa che abbiamo chiesto loro è che debbono spingere per il ritiro immediato dell’emendamento senza alcun compromesso e questo è quello che rivendichiamo oggi. 

 

Mattia Giampaolo 

 

Laureato in storia contemporanea dei paesi arabi alla Sapienza di Roma, nel 2018 ha conseguito il master in Lingue e Culture orientali alla IULM University.
Dottorando alla Sapienza presso il Dipartimento di Scienze Politiche, con una tesi su Gramsci, la rivoluzione passiva e la Primavera Araba.