La letteratura contemporanea tedesca vede alcuni “grandi nomi”, maschili e femminili, che ritroviamo spesso sugli scaffali di librerie e biblioteche. Purtroppo, altri nomi non hanno potuto vincere il passare del tempo e sono stati dimenticati. Uno di questi nomi è quello di Gisela Elsner, autrice di critiche spietate alla borghesia del Dopoguerra e al suo consumismo.


Gisela Elsner nasce a Norimberga nel 1937 da una famiglia dell’alta borghesia tedesca. Come ogni bambina privilegiata, Gisela viene spedita in convento per approfondire gli studi di arte e teologia. In adolescenza conosce Klaus Roehler, un aspirante scrittore che conduce una vita estremamente bohemien. Lo spirito libero e i discorsi su una poetica politica e distante da una struttura, ritenuta classica ed obsoleta di Klaus, attirano Gisela che se ne innamora. I due innamorati si devono scontrare con il disappunto della famiglia Elsner che, secondo i buoni principi borghesi, non vede in Klaus un uomo degno di Gisela. Dopo una tormentata corrispondenza tra i due amanti, nel 1955 Gisela e Klaus fuggono e si uniscono al Gruppo 47. Dal 1955 ha inizio la carriera letteraria di Gisela.

 

Il gruppo 47

Il Gruppo 47 fu un movimento culturale nato tra le strade di Monaco di Baviera strettamente legato alla rivista Der Ruf fondata da Alfred Andersch e Hans Werner Richter. Lo scopo di questo movimento era quello di ricreare un nuovo tipo di cultura e letteratura tedesca, letteratura che sfociava inevitabilmente in una visione politica e filosofica sulle due Germanie. Klaus Roehler e Gisela Elsner, influenzati dagli studi del Gruppo pubblicano nel 1956 una raccolta di racconti surrealisti dal titolo Triboll. Tuttavia, è proprio tra il 1955 e il 1956 che Gisela Elsner comincia a scrivere il suo primo libro, considerato ancora oggi il suo capolavoro. Il libro si intitola I nani giganti (in Italia tradotto e distribuito da Einaudi) e pone le basi per quello che poi diverrà il tratto distintivo della grottesca prosa della Elsner. Il protagonista del libro è un adolescente di nome Lothar, figlio di una ricca famiglia borghese, che osserva il mondo che lo circonda. Lothar nota soprattutto la voglia da parte dei suoi genitori o degli adulti in generale, di fagocitare e mangiare (in senso letterale) ogni cosa che gli capita tra le mani. L’occhio di Lothar è l’occhio della stessa scrittrice che vede l’esplosione della società dei consumi. Nel 1962, dopo aver rotto la relazione con Lothar, Elsner abbandona anche la facoltà di filosofia e di teatro per dedicarsi completamente alla sua produzione letteraria. Nel 1964, fortunatamente, I nani giganti viene pubblicato e distribuito a livello europeo, causando l’ira dei media e dei politici di destra. Nonostante il linguaggio (volutamente) scurrile, le subordinate infinite e l’atmosfera borghese portata all’esasperazione, I nani giganti vince il prestigioso Premio Formentor.

 

La fama stroncata

Nonostante l’apprezzamento de I nani giganti da parte degli ambienti intellettuali dell’epoca, Gisela Elsner non riesce ad imporre i propri libri sul mercato. I critici l’hanno a lungo accusata di abuso del linguaggio, oscenità e di mancanza di criticità. I critici più severi furono proprio gli uomini del Partito Comunista Tedesco, al quale la Elsner aderì nel 1972, che pretendevano dagli scrittori l’uso del realismo socialista. Di tutta risposta, la Elsner pubblica Non commettere atti impuri che vede l’esplosione e la voluta esagerazione dell’uso del grottesco e di un linguaggio solo ed unicamente volgare. Non commettere atti impuri ha una prosa estremamente difficile da seguire: periodi lunghissimi, personaggi che alternano dialoghi a lunghi ed improvvisi flussi di coscienza, le voci dei personaggi si sovrappongono come i loro corpi creando il caos. I protagonisti del romanzo sono facoltosi rampolli della borghesia tedesca, amici sin dall’infanzia che si trovano catapultati nella vita adulta senza sapere cosa farsene. Credendo di essere padroni una libertà che spetta loro per diritto di nascita, i quattro uomini decidono di organizzare orge e continui scambi di coppie con le proprie compagne. La critica della Elsner, in questo caso, è nuovamente rivolta verso la società dei consumi, ma anche verso quel lato famelico della borghesia che ha divorato anche il corpo dell’essere umano. Il suo ultimo grande romanzo è Das Windei (1987) che non ottiene alcun successo commerciale, forse anche a causa delle poche traduzioni in altre lingue. Nel 1988 la casa editrice rompe ufficialmente il contratto con la Elsner e la lascia sola con sé stessa.

 

No place to go

Nel 1992, dopo la caduta del muro di Berlino e dopo essere stata dimenticata dal mondo letterario, Gisela Elsner si suicida. La Elsner si è sempre definita una leninista, e l’aver visto la Germania ufficialmente conquistata dalla società dei consumi l’ha distrutta definitivamente. Nel 2000 il figlio della Elsner, Oskar Roehler, dirige un film dal titolo No place to go dedicato agli ultimi anni di vita della madre. Il film riesce leggermente a riportare l’attenzione sulla figura della Elsner, ma solo per essere immediatamente collegata ad altri nomi femminili della letteratura contemporanea. Un nome fra tutti viene spesso affiancato a quello di Gisela Elsner: Elfriede Jelinek. Molti critici hanno descritto la Elsner come una sorta di sorella maggiore della Jelinek, una sorella rimasta a lungo nell’ombra. Il nome della Jelinek esplose proprio tra le fine degli anni ’70 e gli anni ’80, cioè nel ventennio che vide venir meno la figura della Elsner. Lo stile della Jelinek ha parecchi punti in comune con quello della Elsner, punti che la Jelinek stessa sviluppa e manovra sempre meglio fino a creare un linguaggio unico e collegato unicamente alla sua produzione letteraria. Davanti alla genialità della Jelinek, Gisela Elsner pare non reggere il confronto. Tuttavia, è ingiusto dimenticare un’artista solo perché l’allieva ha superato la maestra.
I libri di Gisela Elsner non sono facilmente reperibili, soprattutto perché le uniche edizioni italiane, sono quelle Einaudi degli anni ’70. In Germania degli editori stanno lavorando per dare il via a nuove ristampe del lavoro della Elsner, speriamo che in Italia qualche traduttore ed editore faccia altrettanto.

 

Sabrina Monno

Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.