L’ANPI di Grosseto ha deciso di annullare la manifestazione anti-fascista di domenica prossima indetta contro il raduno in Maremma di Casapound dopo aver ricevuto alcune lettere anonime che contenevano minacce verso il giornalista Andrea Joly. Se basta questo per far recedere l’ANPI è più che evidente la necessità di un’organizzazione dal basso che coinvolga il movimento operaio, studentesco e transfemminista contro i picchiatori di Casapound e l’estrema destra di governo che li legittima.


Chiunque conosca anche semplicemente da lontano l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (ANPI) è certamente consapevole di non essere di fronte ad una struttura particolarmente militante. Per quanto infatti sul sito ufficiale si possa leggere l’auto-rivendicazione di essere una “tra le più grandi associazioni combattentistiche presenti e attive oggi nel Paese”, la battaglia non è proprio l’arma migliore di un’organizzazione interamente burocratizzata e subordinata politicamente al centrosinistra che fa perno su quel Partito Democratico (PD) che risulta essere il principale partito di riferimento per il grande capitale in Italia. Ciò detto, apprendiamo con una certa incredulità la decisione dell’Anpi di Grosseto di annullare la manifestazione indetta per domenica prossima 8 settembre per protestare contro il contemporaneo raduno in Maremma dei “fascisti del terzo millennio” di Casapound.

La decisione giunge dopo che alla sede provinciale dell’Anpi sarebbero pervenute numerose lettere anonime che avrebbero preso di mira il giornalista de La Stampa, Andrea Joly, già malmenato un mesetto fa dai fascisti a Torino e inizialmente atteso domenica a Grosseto per la manifestazione. Il segretario provinciale dell’Anpi, Luciano Calì, ha parlato di “intimidazioni pesanti”. Tra queste si legge addirittura un “Joly stai attento” – ovvero, tendenzialmente molto meno di quanto viene detto dopo un qualsiasi diverbio tra automobilisti nel caotico traffico cittadino. Non è però il contenuto delle lettere spedite dai fascisti il succo del problema, ma il comportamento dell’Anpi.

La premessa sulla natura di questa organizzazione è stata fatta in apertura e mantiene validità qui. Ciononostante esiste un cortocircuito totale tra il fatto di rappresentare teoricamente la resistenza al nazi-fascismo e la codardia di fronte a delle semplici lettere anonime. Questo non perché ricevere delle minacce sia piacevole o una medaglietta da mettersi al petto. Il punto è un altro e riguarda la natura dei movimenti e dei partiti fascisti. Visto che questi fanno della violenza politica organizzata, minacciata o agita che sia, uno dei principali strumenti per veicolare le proprie idee e per mettere a tacere le forze di sinistra e le organizzazioni operaie, da un’associazione antifascista ci si aspetterebbe un certo grado di capacità di resistere alla violenza fascista, soprattutto quando questa si limita a delle lettere anonime. Se così non è, qual è il senso della struttura? Potremmo continuare questo articolo citando alcuni esempi storici della resistenza al nazi-fascismo in Italia, ma non lo facciamo. Il comportamento dell’ANPI di Grosseto (ma non solo, visto che dubitiamo che la decisione non sia stata avallata in qualche modo dal livello regionale e/o nazionale) non merita infatti alcun paragone di questo tipo.

Se l’ANPI fosse un’organizzazione di massa con un minimo di vitalità al suo interno condurremo una campagna dal basso per far recedere la direzione dell’organizzazione dalla decisione presa. Come detto però, l’ANPI non è niente di tutto questo. L’invito generico è quindi a tutti gli antifascisti grossetani e toscani a mantenere in piedi la manifestazione di domenica, che assume adesso ancora più significato. Più in generale, esiste una lezione da trarre da questa vicenda. Non vi è nessuna novità, ma serve forse ribadirla. Nel caso vi fosse una reale crescita delle formazioni fasciste, non può essere fatto nessun affidamento sugli apparati di stato e le organizzazioni del fronte borghese, al cui interno rientra ovviamente l’ANPI. L’unico serio e reale antidoto al fascismo è la creazione di un fronte unico dal basso che sia centrato sulle lavoratrici e sui lavoratori, sia radicato nei quartieri operai e popolari, e coinvolga il movimento studentesco e transfemminista.

Come abbiamo più volte scritto, non esiste al momento alcun pericolo reale di presa del potere da parte delle forze fasciste o anche semplicemente il rischio di una loro crescita esponenziale. Al tempo stesso, il governo Meloni non è una mera copia di quelli che lo hanno preceduto. Rappresenta un salto di qualità in tre differenti campi:

(a) nel farsi portatore di un messaggio politico che, per quanto non apertamente simpatetico ai valori fascisti, è certamente ostile all’antifascismo e alla resistenza. Dietro una finta posizione di equidistanza tra “le opposte ideologie”, ben evidenziata dalle parole del sindaco di destra di Grosseto che si è definito “indifferente” rispetto al raduno di Casapound, vi è una costante copertura ideologica e politica ai gruppuscoli di picchiatori fascisti, che di conseguenza mostrano una maggiore aggressività verbale e fisica;

(b) nell’attacco alle condizioni materiali e ai diritti della classe lavoratrice. Per quanto infatti siano stati i governi di centrosinistra i migliori alfieri delle controriforme volute dal grande capitale, contribuendo quindi a spianare la strada alla salita al potere dell’estrema destra, il governo Meloni mostra un carattere apertamente anti-operaio e anti-popolare, eclatante ad esempio nel lungo braccio di ferro che ha contrapposto i ferrovieri al ministro Salvini sul diritto di sciopero e nell’abolizione del reddito di cittadinanza;

(c) nel veicolare un messaggio razzista e reazionario che prende di mira i lavoratori e le lavoratrici migranti, al fine di dividere la classe lavoratrice lungo linee ‘nazionali’, e i movimenti che difendono il diritto all’aborto e una concezione plurale della sessualità e della famiglia

Di fronte a tutto questo non ha alcun senso aspettare le camice nere in parlamento per organizzarsi. Deve essere fatto adesso e lungo linee di indipendenza di classe. Il primo punto del programma è semplice: nessuna fiducia nelle forze partitiche e organizzative dell’arco borghese.

Gianni Del Panta

Gianni Del Panta, studioso di scienze politiche, vive a Firenze ed è autore di "L'Egitto tra rivoluzione e controrivoluzione: da Piazza Tahrir al colpo di stato di una borghesia in armi" (Il Mulino, 2019).