Venerdì 30 agosto sarà passato un anno dalla strage di Brandizzo, in cui persero la vita cinque lavoratori, impiegati in subappalto per svolgere la manutenzione dell’infrastruttura ferroviaria. Sabato 31 i ferrovieri si ritroveranno alle ore 11 presso la stazione di Brandizzo, insieme alle realtà solidali, per ricordare i colleghi e per denunciare un modello economico-organizzativo che, nel favorire la privatizzazione del servizio pubblico e rendere sempre più precarie le condizioni lavoro, continua a mettere a rischio la sicurezza dei lavoratori.
A distanza di un anno è più che mai necessario che il tragico accaduto di Brandizzo venga inserito nel quadro delle condizioni che lo hanno reso possibile. Perché la commemorazione dei colleghi non venga sterilizzata dalla retorica della fatalità, ma che sia invece occasione di unire la lotta dei lavoratori, nel denunciare un modello economico-organizzativo che sta mostrando tutte le sue nefandezze.
Ormai da decenni RFI tende alla completa esternalizzazione delle attività di manutenzione, favorendo la privatizzazione in un settore strategico come quello ferroviario. Lo rivela ad esempio dalla nascita di ANCEFERR nel 2011, associazione datoriale delle ditte edili appaltatrici operanti in ferrovia, che a ottobre 2023, a distanza di neanche due mesi dalla strage di Brandizzo, organizza il convegno “Cantieri in marcia”, durante il quale intervengono l’AD di RFI Gianpiero Strisciuglio e il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. Ma di Brandizzo non fanno parola.
Una pesante esternalizzazione che favorisce la proliferazione di appalti e subappalti, all’interno di servizio come quello del trasporto ferroviario che non può essere ritenuto sano finché per garantirne una crescita, di cui beneficiano sempre più in larga parte i detentori di capitale, continuano ad essere penalizzate le condizioni dei lavoratori.
In un’intervista per il programma televisivo Report, Antonio Veneziano, ex-operaio della ditta in subappalto Si.Gi.Fer., in cui lavoravano i cinque lavoratori deceduti, denuncia che una mattina si poteva essere assunti, e la sera ritrovarsi in mezzo ai binari. Senza alcuna formazione, fondamentale in uno scenario lavorativo tanto complesso come quello ferroviario, per garantire la sicurezza di lavoratori e passeggeri.
Nel contempo fanno scalpore le parole del tecnico RFI Antonio Massa nel video girato dal più giovane dei lavoratori deceduti, da cui si intuirebbe che gli operai sarebbero saliti sul binario prima dell’effettiva interruzione della circolazione, esponendosi a un rischio inaccettabile. E immediatamente RFI provvede a licenziare il tecnico, ancora prima di una condanna in sede giuridica, dichiarandosi estranea e intransigente a una pratica assolutamente non consentita. Quando tutt’oggi sono in vigore due versioni dello stesso testo normativo di RFI (IPC) che regola la sicurezza dei cantieri ferroviari: una che impedisce di svolgere qualsiasi lavorazione in presenza della circolazione dei treni, l’altra che invece consente di svolgerne alcune.
In questo scenario contraddittorio, i fondi del PNRR sembrano rappresentare in ferrovia (come negli altri settori), un’occasione per accelerare il processo di privatizzazione. Esso, mentre da una parte dà un impulso ai mercati, dall’altra continua a schiacciare i salari e ad aggravare le condizioni dei lavoratori, che dunque non ne traggono alcun beneficio.
È allora evidente quanto sia centrale la mobilitazione compatta dei lavoratori, la quale, con la sostanziale immissione del settore nel ‘libero mercato’, viene fortemente indebolita a causa dello svuotamento della platea di lavoratori firmatari del CCNL Attività Ferroviarie. Per lasciare spazio al vasto e frammentato mondo dei contratti in Italia. Un ulteriore colpo alla coesione dei lavoratori, fondamentale per acquisire potere contrattuale e per sviluppare parole d’ordine comuni e percorsi di lotta.
In questo scenario, il presidio di sabato 31 agosto a Brandizzo è di fondamentale importanza: un appuntamento di convergenza tra assemblee autorganizzate dei lavoratori, sindacati di base e realtà solidali, uniti per ricordare i cinque lavoratori ingiustamente deceduti. Superando le divisioni che l’attuale scenario economico vorrebbe imporre, i ferrovieri chiamano quei lavoratori per nome, ricordandoli come colleghi.
Uniti per rivendicare un miglioramento sostanziale delle condizioni di lavoro, che parta da una pretesa di maggiore sicurezza, che deve concretizzarsi nelle casse delle imprese. Maggiore sicurezza per i lavoratori significa maggiori investimenti in assunzioni, in formazione, nella riduzione dell’orario di lavoro. Significa abolizione di accordi al ribasso come quello firmato il 10 gennaio scorso nel settore della manutenzione – contro cui i manutentori incroceranno nuovamente le braccia il prossimo 6 settembre. Significa abolizione della legge antisciopero 146/90, che sterilizza la fondamentale pratica democratica dello sciopero.
Carlo Canetti
Carlo Canetti
Nato nel 1988, ferroviere, collabora con la Voce delle Lotte