Come era stato ampiamente preannunciato nel 2012 il Comune di Napoli si trova in una situazione molto difficile dal punto di vista finanziario, uno status di bancarotta che si ripercuote sulle tasche dei lavoratori che vivono quotidianamente un disagio di una città senza servizi e senza garanzie per le fasce più povere. Dal 2013, con l’adesione alla procedura di riequilibrio, procedura innescata a seguito del pre-dissesto finanziario, il Comune ha ottenuto vistosi aiuti statali, circa 1 miliardo e 400 milioni, soldi dello Stato che Napoli in passato non aveva mai sognato di ricevere.

Eppure questa montagna di euro non è servita a dare slancio e convertire Napoli in quella realtà rivoluzionaria così come promessa in campagna elettorale dal sindaco De Magistris. E allora quei fondi a cosa sono serviti ? È evidente che siano stati utilizzati a pagare i debiti alle banche, a ripianare un deficit non certo accumulato dalle masse popolari, a pagare lauti stipendi a funzionari e dirigenti del Comune e delle partecipate, ad alimentare un sistema di clientele che seppur di colore arancione tale rimane.  È chiaro insomma che grazie a quei soldi la giunta è riuscita a galleggiare su un magma che è diventato incandescente. Ma ora, dissipata rapidamente quella liquidità, la realtà dei conti torna a galla.

In questi anni non è stata portata avanti alcuna azione politica progressista. Il Comune continua ad essere una macchina del tutto inefficiente, che produce debiti fuori bilancio, non riscuote le entrate, non applica una tassazione progressiva ai grandi proprietari e  non è capace di riqualificare ,mettere a valore il patrimonio immobiliare pubblico, anzi la Giunta De Magistris si è adoperata in una svendita dei beni immobili alla proprietà privata ed a società gestite in regime di diritto privato. Ad oggi non si ha ancora un reale censimento dei beni immobili, eppure questo è il secondo mandato del sindaco. Non vi è stata alcuna riorganizzazione delle società partecipate, se non il fallimento di alcune di queste: Terme di Agnano e Napoli Sociale.

Il più recente capolavoro ? L’ultimo bilancio di previsione, uno strumento finanziario il cui scopo è quello di coprire i fallimenti politici e amministrativi: un buco di bilancio di 800 milioni che così come valutato dagli uffici è sottostimato se si considera che il Comune ha in pancia circa 2 miliardi di crediti – tra fitti, multe e varie tasse non pagate – che non riesce a riscuotere, se non in percentuali risibili. Ed allora come uscire dal pantano ? Beh Palazzo San Giacomo vuole far credere che si incasseranno nei prossimi 8 mesi circa 120 milioni dalla vendita del patrimonio immobiliare, confermando pertanto un indirizzo politico tutt’altro che popolare, ma è evidente che anche tale scempio rimarrà nelle intenzioni impraticabili (per fortuna stavolta) della Giunta arancione considerato che nell’intero 2016 si è riusciti a ricavare a malapena solo un milione di euro. Altri 120 milioni dovrebbero arrivare dalla cartolarizzazione dell’Albergo dei Poveri, cosa per la quale non sussiste uno straccio di analisi tecnica o di accordo con il Demanio. E poi il Comune dovrebbe quadruplicare le entrate da lotta all’evasione e aumentare ancora le multe. Davvero spassosissimo, se non fosse che poi il conto lo pagano i lavoratori, gli studenti ed i disoccupati.

Insomma i problemi non risolti si accumulano, si va avanti a colpi di fantasie e trucchetti contabili, più volte rilevati dalla Corte dei Conti. Sono messi in vendita i gioielli del patrimonio pubblico, sono aumentate le tasse e ridotti ulteriormente i servizi. A dispetto di tutto ciò, si sono pure perse decine di milioni di fondi europei e regionali. E poi, in barba alle esternazioni progressiste del sindaco, è praticamente azzerata la spesa sociale del Comune, con tagli drammatici all’assistenza sociale, alle scuole, asili nido ed ai servizi per gli anziani. Restano quasi solo le risorse statali e regionali a presidiare questi capitoli di spesa. A fronte di tutto questo forse allora era meglio dichiarare il dissesto nel 2011 e rimettere in discussione tutto, debito pubblico, patto di stabilità ed ogni altra regola funzionale solo all’egemonia degli industriali e banchieri. Ma naturalmente questa sarebbe stata un’altra altra storia, una bella storia che non aveva i presupposti affinché si avverasse, visto che la preannunciata rivoluzione di De Magistris era arancione in partenza, sbiadita e svuotata di quei contenuti di classe, di quei principi anticapitalisti che non possono seguire né concretizzarsi materialmente con una semplice vittoria elettorale, perché quello che manca è un’organizzazione politica militante, fatta di studenti e lavoratori, manca paradossalmente il contatto con la gente comune e con i propri problemi, quello che invece rivendica quotidianamente De Magistris, una rivendicazione che alla prova dei fatti si imbatte nel degrado e disagio sociale di questa città.

 

Paolo Prudente

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