In seguito al nuovo attacco terroristico di sabato scorso a Londra, il Primo Ministro britannico annuncia la linea dura puntando il dito contro l’eccesso di tolleranza nei confronti dell’estremismo di matrice islamica.

Un intervento complessivamente scontato ed in linea con le promesse della campagna elettorale di un Paese come la Gran Bretagna, un ex potenza coloniale coinvolta da sempre nei conflitti nel Medio Oriente. E proprio un paio di mesi fa Theresa May era in visita ufficiale in Giordania e, soprattutto, in Arabia Saudita. Durante la conferenza stampa nella capitale Riyad, una giornalista chiese al Primo Ministro cosa facessero lì i militari britannici e la risposta è stata “Aiutano l’aviazione saudita a bombardare i ribelli Houti sciiti, ed è anche un modo per mantenere sicure le strade britanniche”, in realtà è una campagna sciagurata che sta provocando la morte di migliaia di civili nello Yemen.

Non è certo un mistero il fatto che sia andata a vendere armi, ancor prima di Trump, a quello che è il principale partner commerciale dell’area. Nel 2016 l’85% delle esportazioni di armi del Regno Unito è andato verso l’Arabia Saudita, un peso assai rilevante nel quantitativo di armi esportate nel mondo, inoltre le società miste anglo-saudite producono fatturati che sfiorano i 20 miliardi di sterline annui.

Si tratta perciò di una solida collaborazione economica e militare con un Paese retrogrado e dispotico, un regno indissolubilmente legato alle gerarchie religiose che diffondono il wahabismo ovvero il caposaldo ideologico dell’ISIS. Perché il famigerato califfato islamico non è un’orda disordinata composta da pazzi scatenati, sono dei freddi esecutori che senza ingenti somme di denaro e armamenti moderni non avrebbero alcuna agibilità. Ancora nel 2007, Stuart Levey, sottosegretario del Tesoro americano col compito di monitorare e impedire il finanziamento del terrorismo, dichiarava: “Se potessi tagliare i fondi ad Al-Qaeda da parte d’un Paese col solo schiocco delle dita, questo sarebbe l’Arabia Saudita”.

In definitiva la leader del Partito Conservatore “alza la voce” solo per sciorinare la retorica dei valori, della civiltà e dei diritti umani da difendere, nella miglior tradizione sciovinista europea; sono i prodromi per la riaffermazione del nazionalismo oltranzista e xenofobo, becera copertura ideologica per nascondere i torbidi interessi capitalistici. La spirale di violenza e orrore che ha raggiunto anche le metropoli occidentali è frutto di una situazione sfuggita di mano, dopo aver seminato vento per decenni il Regno Unito e i membri del G7 stanno raccogliendo la tempesta.

Roger

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.