Martedì 20 giugno, giorno festivo in Argentina, i 600 lavoratori e lavoratrici della sede argentina della Pepsico trovavano un foglio che li informava che erano sospesi dal lavoro.
Lo scorso mercoledì Pepsico Argentina ha diffuso l’annuncio del termine delle attività del suo stabilimento a Florida, nella zona nord di Buenos Aires, e del licenziamento dei lavoratori dello stabilimento “a causa degli ostacoli inerenti all’ubicazione dello stabilimento in un’area prevalentemente residenziale, la complessità dei suoi costi e gli importanti requisiti logistici”.
Nell’àmbito della crisi economica che attraversa il paese, la multinazionale vuole far credere alla popolazione che non poteva che prendere questa scelta.
Però i bilanci dell’impresa smentiscono gli argomenti esposti per cercare di buttare centinaia di famiglie per strada. La Pepsico non è propriamente una piccola azienda in difficoltà, ma si tratta di una gigantesca multinazionale di origine statunitense che commercia bibite e snack. Ha la sua sede legale a Puchase, New York, e nel 2016 ha ricavato 10,3 miliardi di dollari di profitti a livello mondiale, dei quali l’8% è stato procurato dalla sua divisione in America Latina.
Lo stesso comunicato emesso dall’azienda mostra la grandezza delle sue operazioni in Argentina, quando afferma che “opera in Argentina da 58 anni, raggiungendo i propri consumatori tramite 15 filiali commerciali, 5 centri di distribuzione e una rete di distributori che copre 900 rotte per raggiungere 200.000 punti di vendita in tutto il paese”. Sempre all’interno del comunicato afferma che “l’obiettivo di questi piani (in riferimento alla chiusura dello stabilimento di Florida) è quello di garantire la crescita e lo sviluppo sostenibile di Pepsico in Argentina sul lungo termine”.
Manager milionari, operai e operaie licenziati
La multinazionale che ha annunciato il licenziamento di 600 lavoratori e lavoratrici, no ha lesinato nel “premiare” il lavoro dei suoi dirigenti. “Indra Nooyi, 61 anni, presidente esecutivo di PepsiCo Inc., ha ricevuto 29,8 milioni di dollari di stipendio per la sua attività nel 2016. Nooyi ha ricevuto 14,4 milioni di premi in denaro e 8,91 milioni in azioni. Il suo pacchetto include anche uno stipendio di 1,73 milioni”. I dati vengono da un articolo dallo spiritoso titolo “PepsiCo zucchera i guadagni del suo CEO Indra Nooyi” pubblicato tra gli altri dal giornale di settore Economía Hoy.
Come annunciato dalla società lo scorso aprile, Pepsico ha conseguito un utile di competenza netto di 1,318 milioni nel primo trimestre dell’anno, il 41,5 % in più rispetto allo stesso periodo nel 2016. Questi numeri fanno presagire che Nooyi annuncerà una nuova e importante crescita.
Solo in Argentina la fatturazione di PepsiCo, sommando le sue divisioni bibite e snack, è aumentata di 800 mlioni di pesos argentini secondo l’ultimo rapporto pubblicato dalla rivista Mercado.
I lavoratori licenziati, sulla base dello stipendio che ricevevano, impiegherebbero 2200 anni per guadagnare quello che Nooyi ha ricevuto in un anno soltanto. Ma ora il CEO vuole togliere loro anche questo diritto.
I lavoratori annunciano un piano di lotta contro i licenziamenti
La Commissione Interna dei lavoratori ha risposto annunciando la continuazione di un piano di lotta in difesa dei 600 posti di lavoro, esigendo la riapertura della fabbrica, dato che essa “è perfettamente in grado di produrre”.
I referente della Commissione Interna di PepsiCo ha parlato con La Izquierda Diario e ha denunciato la chiusura della fabbrica da parte della proprietà
In questo senso, da anni i lavoratori della PepsiCo denunciano lo svuotamento dell’azienda che si registra a Florida (con la chiusura delle linee di produzione, prepensionamenti volontari e manovre antisindacali) e procedendo con mezzi di lotta come i blocchi e presidi per affrontarlo. L’obiettivo della multinazionale è quello di spostare la produzione in un’altra fabbrica della stessa marca, nel Mar de la Plata, dove il lavoro è più precario, oppure continuando a produrre a Florida, ma con meno addetti e assumendo nuovi operai più flessibilizzati.
Non è la prima volta che si sentono argomenti del genere per giustificare la chiusura di un’impresa. All’AGR-Clarin l’azienda giustificava la chiusura col fatto che la Commissione aveva rifiutato di accettare peggiori condizioni di lavoro.
I lavoratori hanno richiesto al Sindacato dell’Alimentazione che fornisse fondi per il fondo di lotta, che la sua direzione iniziasse la lotta per la riapertura e che lanciasse uno sciopero di tutta la categoria.
Dopo quasi tre ore di plenaria e dopo che la referente combattiva dei lavoratori PepsiCo, Katy Balaguer, aveva rimproverato a Rodolfo Daer e ai “verdi” che stavano tradendo la lotta, Daer fece procedere alla votazione in una forma ambigua, sottolineando che aveva prevalso la maggioranza che affermava che durante questi dieci giorni dove si discuteva come prevenire la crisi, lo STIA (Sindacato dei Lavoratori Industriali dell’Alimentazione) avrebbe dovuto lottare per la riapertura e, alla scadenza dei termini, avrebbe dovuto lottare per il migliore indennizzo possibile.
Di fronte a questa situazione la plenaria si è divisa in due, da un lato quelli che tradivano la lotta rimanendo sul posto, dall’altro lato i lavoratori e le lavoratrici di PepsiCo, insieme ai compagni della fabbrica Cri Mondelez di Victoria, della Bordò di Mondelez Pacheco e Vittoria lasciavano lo STIA per concentrarsi a parte, tenere una riunione e decidere di marciare verso il Ministero del Lavoro dove convocare una nuova assemblea pubblica.
Le operaie e gli operai della PepsiCo hanno dato una grande lezione: si sono presentati in massa allo STIA ad esigere che convocasse lo sciopero, davanti al tradimento di Daer e dello STIA non si sono demoralizzati e hanno marciato verso il Ministero del Lavoro, dando vita poi a una grande assemblea di dibattito davanti alla fabbrica di Florida.
Se la lotta operaia si sviluppa, e nel suo trascorso conquista vigore e ardore combattivo, è possibile sconfiggere la PepsiCo.
Questa è la prospettiva. Per la riapertura della PepsiCo, tutti in sciopero nazionale di tutto il settore dell’alimentazione, e per una grande cassa di resistenza nazionale.
Traduzione da La Izquierda Diario
Giornale militante online fondato nell'aprile 2017.
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