L’ultima notizia rilasciata dallo Studio Ghibli, che ci informa del ritorno di Hayao Miyazaki alla regia, è un’ottima occasione per parlare del film che ha, in un certo modo, consacrato questo fantasioso regista. Il film in questione è La città incantata, premio Oscar per miglior film d’animazione nel 2002.

Chihiro, la protagonista della pellicola, è una ragazzina di appena 12 anni (la fanciullezza è un tema ricorrente nella filmografia di Miyazaki) che sta traslocando insieme ai genitori. A causa di una deviazione, la famiglia si ritrova in una città apparentemente deserta. Tuttavia, i ristoranti all’interno di questa misteriosa città paiono funzionare, data l’ingente quantità di cibo presente. L’ingordigia dei genitori (i quali inizieranno ad ingozzarsi non preoccupandosi delle eventuali conseguenze) risveglia la città incantata. Chihiro si ritrova magicamente sola. Sola in una realtà diversa da quella in cui è cresciuta, composta da magia, streghe, spiriti e personaggi enigmatici. Chihiro impara ad essere adulta. Prima regola del “mondo dei grandi”: trovare un lavoro. Lavora o la strega Yubaba ti farà scomparire, oltre che privarti del nome. Fortunatamente, Chihiro avrà accanto Haku, un giovane maestro stregone, capace di trasformarsi in un drago. Ben presto, la ragazzina inizierà la sua avventura per salvare i suoi genitori, trasformati da Yubaba in maiali.

In questa pellicola sono presenti tutti i temi cari a Miyazaki. Prima di tutto, si potrebbe parlare di un “romanzo di formazione”, dato che, minuto per minuto, assistiamo alla crescita di Chihiro. Vediamo il distacco dai genitori e l’impatto con il mondo lavorativo. Il concetto di lavoro che Miyazaki collega a quello di privazione. Di fatti, Yubaba deruba Chihiro del proprio nome (indirettamente anche della propria identità) ribattezzandola con il nome di Sen, e solo con il duro lavoro, potrà “ricomprare” se stessa. Altro tema molto caro al regista giapponese è la natura. La stessa crescita economica, ottenuta dallo sfiancante lavoro dei dipendenti, distrugge la natura. Scena simbolo di questo concetto è l’entrata in scena dello spirito “Senza – Volto” che, nonostante divori tutto e tutti, l’intero staff continuerà ad osannare e sfamare, dato che lo spirito in questione elargisce loro denaro. Altri elementi chiave, collegati alla natura, sono il paesaggio e l’acqua.: un fiume separa il mondo magico da quello “ordinario”; l’acqua si fa personaggio attivo della storia (di fatti, Haku altro non è che lo spirito del fiume).

Perché, dunque, quando il “cartone animato” uscì nelle sale, molti genitori pensarono bene di non portare i propri figli a vedere questo capolavoro? La risposta la troviamo nell’elemento nuovo che Miyazaki introduce in questa pellicola: la paura. La città incantata è impregnata di paura. Yubaba, gli spiriti, la stessa scelta di colori cupi per “colorare” la città incantata sono volutamente aberranti, incutono timore anche nei più grandi. La trasformazione dei genitori in maiali (come la trasformazione della matrigna cattiva in strega in Biancaneve) è un misto di terrore e disgusto. Perché quindi inserire la paura in un film-fiaba? Per due semplici motivi: prima di tutto, un “cartone animato” non è esclusivamente un genere per bambini, soprattutto nella cultura giapponese: il fatto che sia una tecnica molto utilizzata per questo tipo di narrazione non deve farci dimenticare che è appunto una tecnica, come altre, per la realizzazione di un’opera d’arte cinematografica. Infine, perché i bambini sono inconsciamente attratti dalla paura: più un ostacolo sembra spaventoso, più il bambino, impaurito, si sforzerà di superarlo. Esattamente come Chihiro nel film.

Premiato con l’Oscar e l’Orso d’oro di Berlino, ancora oggi La città incantata resta un film tremendamente attuale e godibile, nonché la punta di diamante dello Studio Ghibli. Vedremo dove condurrà la prestigiosa casa di produzione giapponese il ritorno sulle scene di Hayao Miyazaki.

 

Sabrina Monno

 

 

Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.