Non servivano i sondaggi per il Presidente della Repubblica Mattarella per capire che la gioventù è sempre più scollata dallo strumento elettorale. Un elemento che farebbe esultare gli astensionisti di principio, i c.d. “comunisti di sinistra” e tutti coloro considerano inutile partecipare al “teatrino istituzionale della politica borghese”. Purtroppo, siamo ben lontani da una presa di coscienza generalizzata della gioventù e da un suo protagonismo politico cosciente.

I sondaggi ci mostrano una fotografia della gioventù che quasi al 70% non voterà alle prossime elezioni. Un dato enorme e preoccupante per i rappresentanti del capitalismo italiano. Uno dei meccanismi su cui si regge la dittatura democratica è proprio la partecipazione al voto. I borghesi sono costantemente terrorizzati da una possibile sommossa delle classi subalterne e hanno continuamente paura del malcontento che cova tra i settori più dinamici della società. La gioventù, pur non essendo una classe, rappresenta un segmento che storicamente si fa carico dei compiti strategici dei grandi cambiamenti politici. È sempre stato così nelle fasi pre-rivoluzionarie e durante le grandi rivoluzioni. Porta con sè la carica di entusiasmo, di studio e di passione per cambiare il mondo. Se poi questa gioventù si appropria delle idee e delle prospettive del movimento operaio si gettano le basi per la costruzione embrionale di nuovi organismi di potere politico, dove studenti e classe operaia costruiscono un blocco sociale strategico attorno al quale formare e precisare i propri obiettivi.

Ecco che l’astensionismo è visto dalla borghesia como il preambolo di lotte generalizzate, soprattutto se questo viene dalla gioventù. Non è così in questo caso, per fortuna di banchieri ed industriali.
La gioventù che si asterrà alle prossime elezioni lo farà perchè se ne “infischia” letteralmente della contesa politica. Figli di una generazione le cui aspirazioni son state massacrate dalla crisi economica e dalle leggi di precarizzazione, i giovani considerano la politica qualcosa per gli addetti ai lavori o comunque in un certo qual senso immodificabile finanche col protagonismo giovanile.

Pertanto, l’astensionismo di massa, divenuto nelle democrazie borghesi oramai fisiologico, è da considerarsi nè espressione di rabbia sociale nè di coscienza di classe, bensì di un sentimento populista, superficiale, che considera “i politici tutti uguali”. Si fonda, però, su un elemento di scontento sociale, quello si, che viene dalla mancanza di lavoro. I dati statistici infatti evidenziano che i giovani ad astenersi sono i disoccupati, quelli che sono in cerca di lavoro.

Un dato importante in sè che i rivoluzionari devono cogliere al fine di organizzare questo settore di oppressi e di evitare che questo sentimento venga incanalato su binari reazionari e capitalizzato dalle forze della destra, così come successo con l’ascesa dei regimi militari fascisti durante il novecento.
Un monito per le liste di sinistra che si autoproclamano rappresentanti di scontenti e classi oppresse. A giudicare dai dati non sembrano aver convinto i giovani.

Douglas Mortimer

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.