Dopo trent’anni passati a svolgere la stessa mansione nella stessa ditta, viene chiamato dalla dirigenza per comunicargli il licenziamento. Viene introdotta una nuova macchina che può sostituire l’operaio e questo viene lasciato a casa. Una storia che si ripete di continuo sin dall’introduzione della macchina a vapore.

Sappiamo che alla stampa borghese in generale non interessa la classe il cui lavoro è alla base della società in cui viviamo. Che cosa rende il caso tanto grave da spingere Repubblica a riportare la notizia? L’operaio in questione (Oussmou Lahbib) ha 62 anni e gliene mancano cinque alla pensione. Il sogno della pensione e l’incubo di essere licenziati coesistono, perché trovare un lavoro diverso a quell’età è molto difficile. Se poi non si ha l’uso della mano destra (persa, tra l’altro, sul lavoro), è quasi impossibile.

Il caso è estremamente esplicativo di tutto il cinismo di cui sono capaci i padroni. Non importa da quanto tempo lavori lì o se ci hai perso una mano, non importa se a casa hai (come Oussmou) quattro figli disoccupati, non importa se venendo licenziato è quasi impossibile trovare lavoro. Tutto deve essere fatto in nome del profitto, e se non servi a questo scopo vieni lasciato a casa.

Oussmou Lahbib, l’operaio licenziato

Nel riportare la notizia, Repubblicava titolava con “operaio licenziato da una macchina”. Un punto di vista sulla questione sbagliato, utile solo a chi vuol far vedere il nemico nella macchina e non in chi la possiede. L’introduzione di nuove macchine in grado di alzare la produttività, permette di produrre la stessa quantità lavorando meno. L’innovazione tecnologica non può essere nemica dei lavoratori: essa deve liberarli dal tempo dedicato al lavoro permettendogli di avere il tempo da dedicare alla propria esistenza.

Perché non avviene questo? Perché l’introduzione di nuove macchine significa per l’operaio ritmi disumani e licenziamenti? La causa è l’irrazionalità del sistema, che non agisce in modo da dare quanti più vantaggi a quanti più individui possibili. Il capitalismo fa gli interessi di una ristrettissima minoranza, che con l’innovazione tecnologica (questa sì!) è arrivata allo stadio in cui non ha minimamente bisogno di lavorare.

Succede però anche l’esatto contrario! Le innovazioni vengono tenute a freno e le macchine già disponibili non vengono introdotte. Lavori alienanti e usuranti vengono fatti svolgere all’uomo perché sfruttare il lavoro umano è in tanti casi più conveniente della macchina. E si tratta di un principio tanto comune ai paesi in via di sviluppo quanto alle potenze economiche industrialmente più sviluppate.

Se si rifiuta la superstizione della macchina cattiva che ruba il lavoro, se si assegna all’innovazione tecnologica un carattere positivo in grado di liberare l’uomo dal lavoro salariato, è necessario rivendicare il controllo sopra la società degli unici veri produttori di ricchezza: i lavoratori. Il controllo operaio della produzione è oggi più che mai il requisito fondamentale per una società più giusta, dove non esista più una ristrezza minoranza che gode dello sfruttamento della vasta aggioranza.

Gabriele Bertoncelli

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.