Domenica 1 Luglio siamo andati a portare la nostra solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici della Ex-Invatec, azienda bresciana acquistata nel 2010 dalla Medtronic, in sciopero con blocco delle merci e presidio permanente da ormai più di tre settimane in risposta alla decisione della multinazionale USA – leader nella produzione biomedicale – di licenziare tutti i 314 dipendenti impiegati nei siti di Torbole e Roncadelle (BS). Ne abbiamo approfittato anche per dare voce agli operai e alle operaie – a dire il vero per la maggior parte donne – intervistando Donatella Benini, delegata Filctem Cgil della RSU . Al colloquio, in realtà, hanno partecipato più o meno direttamente tutte le lavoratrici presenti al presidio i cui preziosi interventi sono stati integrati nelle varie risposte. In fondo al testo gli estremi per contribuire alla cassa di resistenza necessaria per aiutare i lavoratori e le lavoratrici della Invatec-Medtronic a portare fino in fondo la loro coraggiosa lotta.
Dopo avervi ringraziato per l’accoglienza al presidio, cominciamo con un breve resoconto della vicenda che vi vede coinvolti.
La nostra lotta comincia il 7 giugno scorso quando l’azienda ci ha annunciato l’intenzione di chiudere i due stabilimenti bresciani entro il 2020 e l’avvio di una procedura di licenziamento di tutti i 314 lavoratori da completarsi nel giro di sei mesi. In realtà la decisione arriva dopo una pesante ristrutturazione dell’organico avvenuta recentemente, nella quale lo Stato ha speso milioni di euro per cassa-integrazione, mobilità etc… Dopo gli ultimi i licenziamenti datati meno di dodici mesi fa, per altro, la Medtronic ci aveva rassicurato che i siti di Torbole e Roncadelle erano da ritenersi centrali per le sue strategie, in quanto “polo di eccellenza”.
La proprietà, inoltre, non manifesta nessun problema finanziario…
Si, infatti. I profitti guadagnati dall’azienda solo negli stabilimenti bresciani sono stati di oltre 10 milioni di euro nel 2017, mentre si tratta di una multinazionale che è leader mondiale del biomedicale. Per questo non pensavamo ci fossero gli estremi per un nuovo attacco.
Come è stata giustificata allora la decisione?
I padroni hanno giustificato il progetto con l’esigenza di aumentare le quote di produzione in Messico e Irlanda: evidentemente non gli è bastato incassare – proprio nei giorni in cui ci comunicavano i licenziamenti – dividendi del 9% più alti rispetto all’anno scorso, magari sfruttando forza lavoro meno tutelata o regimi fiscali ancora più favorevoli di quello italiano per il capitale privato.
Avete detto che l’attacco della Medtronic vi ha colto di sorpresa, ma non alla sprovvista. Quali sono le modalità di lotta che avete messo in campo?
Da oltre 3 settimane la quasi totalità dei circa 180 operai e operaie sono in sciopero, mentre meno estesa è stata la risposta degli impiegati. Dispiace l’assenza di comprensione della gravità della situazione e di solidarietà da parte di molti di loro; la produzione comunque è completamente ferma – siamo noi che facciamo andare avanti la fabbrica – mentre presidiamo giorno e notte, sette giorni su sette, i cancelli degli stabilimenti per evitare l’uscita e l’entrata delle merci, ad eccezione di quelle necessarie per la manutenzione (che, sia chiaro, possono passare solo dopo una nostra accurata verifica).
In effetti perdere settimane di stipendio non è facile…
Si, soprattutto in una situazione come la nostra, dove molte lavoratrici sono membri di famiglie monoreddito, vuoi perchè donne sole, vuoi perchè il marito è disoccupato, mentre numerose sono le operaie con figli a carico. Perdere settimane di stipendio è un pesante sacrificio, ma ancora più pesante sarebbe perdere il posto di lavoro, per giunta senza aver fatto di tutto per difenderlo. Solo lottando, insomma, potremo continuare a lavorare nella nostra azienda, e soprattutto a guardarci allo specchio.
Quale è la percentuale delle donne lavoratrici rispetto agli uomini? Siete peraltro una forza lavoro molto variegata anche dal punto di vista etnico…
La nostra composizione sociale e di genere è piuttosto singolare, non solo il 90% di noi è donna, ma oltre la metà non è nata in Italia. E’ un bel messaggio contro chi sostiene che gli immigrati rubano il lavoro agli italiani vedere che invece è possibile lottare insieme contro il padrone; quello si che ruba il lavoro a tutti…
Risulta che non siete l’unico polo Medtronic presente in Italia. Quali sono i rapporti con i lavoratori e le lavoratrici degli altri stabilimenti? Avete in programma mobilitazioni comuni?
Medtronic ha altri tre stabilimenti in Italia le cui RSU ci hanno inviato messaggi di solidarietà. Detto questo, per ora non abbiamo ancora in programma azioni coordinate, anche se sarebbe sicuramente utile metterle in campo.
Questo sabato, il ministro del lavoro e vice-premier Di Maio è venuto a far visita al vostro presidio. Qual è la vostra valutazione rispetto al suo intervento?
Nel complesso valutiamo positivamente l’interessamento di Di Maio e il suo impegno, preso sabato di fronte a noi, ad utilizzare tutte le risorse a disposizione del MISE per fare fronte alla nostra situazione. Ci lascia comunque un po’ perplesse il fatto che il leader 5Stelle abbia messo le mani avanti dicendo che la norma del decreto dignità contro le delocalizzazioni probabilmente non potrà essere applicata al nostro caso…
Se mi è permessa una battuta: non è stato un po’ come confessare che in fondo i lavoratori non hanno santi in paradiso?
Se proprio la vogliamo metterla in questi termini, Di Maio ci ha detto di “essere il nostro angelo custode” [detto sorridendo, nda], ma noi sappiamo benissimo che se si sta muovendo qualcosa a livello politico-istituzionale è solo grazie alla nostra determinazione a portare avanti la lotta. Se dopo l’annuncio dei licenziamenti e della chiusura dell’azienda non ci fosse stata un’adesione totale degli operai e delle operaie alla mobilitazione, se non avessimo presidiato giorno e notte per settimane la fabbrica, se non avessimo avuto la comprensione della necessità di sacrificare tempo e stipendi per difendere i nostri posti di lavoro, i politici dei vari schieramenti non sarebbero nemmeno venuti a trovarci per la passerella della campagna elettorale [due settimane fa ci sono state le elezioni comunali a Brescia, nda].
Quali sono le prossime tappe della mobilitazione?
Proprio oggi (1 luglio) stiamo entrando nella quarta settimana consecutiva di sciopero e presidio con blocco delle merci. Dopo il primo incontro al Ministero dello Sviluppo Economico, in cui i padroni non si sono presentati al tavolo, siamo riusciti ad ottenere un nuovo incontro per il 12 luglio, al quale dovrebbero partecipare anche rappresentanti degli uffici centrali della Medtronic e lo stesso Di Maio.
L’obiettivo rimane sempre la difesa intransigente dei posti di lavoro?
L’abbiamo scritto chiaro e tondo nella lettera consegnata Sabato al vice-premier: il ministero dello sviluppo economico deve trovare una soluzione in grado di salvaguardare tutti i posti di lavoro. Non è un caso che quando è venuto al nostro presidio Di Maio sia stato accolto al suono di “la Medtronic non si tocca: o il lavoro o la lotta”, intonato in coro da tutti i lavoratori e le lavoratrici.
Mi piacerebbe a questo punto impostare un ragionamento: come hai ricordato negli scorsi anni la Medtronic ha già preso milioni fondi pubblici (in termini di cassa integrazione, mobilità etc.) per continuare a sostenere l’occupazione, ed oggi non sta mantenendo le promesse. Guardando i dati, accade nella maggior parte dei casi che le crisi aziendali vengano risolte con elargizioni di fondi pubblici in cambio di impegni che puntualmente vengono disattesi dai padroni. Perché se lo Stato – e in questi casi i contribuenti ovvero i lavoratori stessi – deve salvare le aziende di tasca propria, poi non se le può anche tenere? Perché non rivendicare la nazionalizzazione sotto il controllo dei lavoratori della vostra azienda? Peraltro, per via delle caratteristiche della vostra produzione, sarebbe un guadagno per tutti, dato che un’azienda biomedicale pubblica potrebbe produrre per il servizio sanitario nazionale a prezzi molto più convenienti della Medtronic, interessata solo a massimizzare i profitti…
A noi interessa la salvaguardia di tutti i posti di lavoro e delle produzioni di eccellenza che avvengono nella nostra azienda [la ex-invatec produce cateteri per angioplastica, nda], qualsiasi sia la soluzione… Oltre al ministero del lavoro e dello sviluppo economico, dovrebbe muoversi anche quello della salute: non è possibile che il sistema sanitario nazionale, primo cliente di Medtronic, continui ad acquistare da una multinazionale che minaccia di mandare sul lastrico centinaia di persone. Bisognerebbe fare una legge per impedire che chi delocalizza non possa più vendere allo Stato.
Sappiamo che esiste una cassa di resistenza per sostenere la lotta? E’ organizzata a livello centralizzato da Cgil-Cisl e Uil?
Non esiste una cassa di resistenza centralizzata a livello sindacale, ma molte Rsu e federazioni sindacali di categoria a livello provinciale si sono però attivate per raccogliere sottoscrizioni a favore della nostra lotta. Nel frattempo abbiamo creato un conto corrente e un crowd-founding al quale è possibile contribuire online.
Come sta andando la cassa di resistenza e perché è importante contribuire?
Finora il riscontro dell’iniziativa iniziative è stato positivo, mentre sono molti i cittadini e le associazioni che sono venute a portarci solidarietà al presidio. Detto questo è ancora necessario un’importante sforzo collettivo per aiutarci a ridurre il peso del ricatto al quale ci sottopone il padrone e continuare la nostra battaglia, sperando che possa essere d’esempio. Sappiamo infatti molto bene di non essere i soli a subire una situazione del genere: a tutti i lavoratori coinvolti in una crisi aziendale va la nostra solidarietà, non da ultimi gli operai della Bekaert di Figline (FI), colpiti anche loro nelle scorse settimane dalla decisione della multinazionale di riferimento di spostare la produzione e licenziare tutti.
Un’ultima curiosità: quanto ha lasciato di Maio nella cassa di resistenza?
Dopo che gli abbiamo chiesto di contribuire ha tirato fuori il portafoglio e ha messo quello che aveva, tra i 50 e i 100 euro.
Django Renato
SOSTENIAMO LA CASSA DI RESISTENZA DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATORICI MEDTRONIC DI TORBOLE E RONCADELLE!
La pagina Facebook con aggiornamenti dal presidio
Gli estremi del Conto Corrente aperto dalle delegato per sostenere la lotta:
BTL – Banca del Territorio Lombardo
Sisti Loredana, Venturini Maria, Benini Donatella
IBAN: IT 32 L 08735 55130 013000252257 IT32 L087 3555 1300 1300 0252 257
Ricercatore indipendente, con un passato da attivista sindacale. Collabora con la Voce delle Lotte e milita nella FIR a Firenze.