Con i nuovi accordi di Bruxelles, si certifica la guerra dell’Unione Europea ai migranti e a chi li aiuta a sopravvivere: il caso Acquarius è una goccia nel mare.


Lo scafo Aquarius ha la caratteristica tecnica, come tanti altri del suo genere, di essere una robusta nave spaccaghiaccio; ma sicuramente d’ora in poi sarà ricordata invece come l’unica e sola nave ad aver spaccato un intero continente, quello Europeo.

Questa Nave infatti è stata la prima imbarcazione indipendente, facente parte della Organizzazione umanitaria non governativa (ONG) SoS Méditerranée, ad avere provocato una crisi politica nell’ Unione che ha messo in evidenza non solo le profonde lacune e divisioni politiche della tanto decantata Unione Europea, ma ancora più importante, il carattere decisamente reazionario, razzista e nazionalistico delle classi dirigenti di tutti i paesi che costituiscono l’Unione stessa.

L’Aquarius, che opera per conto di Medici senza frontiere, è da più di tre anni che solca il Mediterraneo, e con più di diecimila salvataggi di immigrati in mare è diventata una delle Navi ONG più importanti del mondo. Lo scorso 10 giugno è stata al centro di uno scarica barile tra l’Italia e lo Stato di Malta, dato che i due paesi avrebbero dovuto accogliere i 600 naufraghi che la Nave aveva a bordo, salvati dal naufragio del barcone nel quale navigavano, al largo della Libia.

Dopo il rifiuto di Malta, sommariamente giustificato per via del numero elevato dei naufraghi da sbarcare tutto in una volta, sproporzionato, a detta de La Valletta, rispetto alla capacità di accoglienza della piccola Isola, il ministro degli interni del governo italiano Salvini, di tutta risposta, inizia una guerra contro l’Aquarius chiudendo tutti i porti italiani agli immigrati, tenendo fede alla politica profondamente razzista e nazionalistica della Lega del “rispediamoli a casa loro”, abbandonando praticamente la Nave al suo destino e contravvenendo alle leggi che regolano il diritto del mare e il relativo obbligo di salvare i naufraghi, rifiutando gli accordi di Dublino concernenti proprio le regole dell’aiuto ai migranti, e cosa ancora più grave, calpestando i fondamenti dei diritti umani.

Dopo questo gravissimo episodio che non fa altro che sottolineare il carattere destrofilo del governo gialloverde in materia di immigrati, l’Europa, sotto la pressione proprio dell’Italia, ha stipulato una sorta di accordo internazionale il quale, a detta dei relativi firmatari dei 28 governi interessati, regolerebbe il dispositivo di accoglienza dei migranti in Europa, per mare e per terra. Un dossier di dodici punti che non propone nulla di nuovo, lasciando praticamente le disposizioni vigenti inalterate sotto l’aspetto pratico dell’assegnazione delle quote di immigrati per paese, con l’aggiunta però della volontarietà, e non l’obbligo, come condizione necessaria di alcuni paesi che non rientrano nella prima accoglienza, a patto che cooperino al salvataggio.

Francia, Germania, Austria e i paesi del patto di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca) hanno tuttavia fatto intendere che la selettività tra emigranti irregolari e regolari sarà comunque serrata al massimo, e che il concetto di frontiera dovrà essere ancor più rafforzato e applicato in toto non soltanto sul versante orientale, con l’appoggio della Turchia al quale tra l’altro sono stati assegnati altri tre miliardi di euro per bloccare i disperati provenienti dall’inferno della Siria, ma anche sul versante del Mediterraneo, dove nessuna nave al di là del confine con la Libia può entrare in acque europee; in primis le tanto odiate Navi ONG.

A tal proposito è bene ricordare che l’Unione Europea ha stabilito che la guardia costiera libica ha il compito di bloccare eventuali barconi nelle proprie acque territoriali, e salvare eventuali naufraghi; l’ipocrisia e l’insensatezza del provvedimento è disarmante: è largamente risaputo che la marina libica non è adeguatamente attrezzata per poter operare in tutta sicurezza nell’ambito dei salvataggi in mare. Ma la cosa più grave è la concussione che esiste tra alcuni elementi della guardia costiera libica, gli scafisti e i clan criminali, che lucrano sulla tratta degli schiavi che vengono imprigionati nei centri di accoglienza, che poi sono lager, in Libia, e l’estorsione di ingenti somme di denaro a chi vuole tentare la fortuna attraversando il mare. Tutto questo è documentato e testimoniato e quindi conosciuto perfettamente in tutti i dettagli dall’Unione Europea, il quale tutto fa forche contrastare questo crimine; anzi ne avalla le dinamiche.

Gli effetti di questo arroccamento dell’Europa sono evidente già da subito, infatti è di qualche giorno fa la notizia secondo cui la nave Open Arms, ONG spagnola, abbia visto negarsi da parte dell’Italia e Malta, l’ingresso in acque europee, pur non trasportando alcun immigrato a bordo. Mentre la Nave della ONG Seawatch, una volta approdata a La Valletta e sbarcati un centinaio di immigrati, è stata ingiustamente sequestrata, e quindi bloccata a Malta dalla magistratura.

Non possiamo che condannare la politica di intolleranza e di non accoglienza dell’Italia e dell’UE verso gli immigrati che fuggono da realtà di miseria, guerra e violenza scaturite proprio dagli interessi economici che tutte le potenze europee, nessuna esclusa, hanno in Africa.

L’eterna fame del capitalismo è la causa dell’esodo che da decenni vede milioni di persone di svariati popoli che si aggrappano disperatamente alla possibilità di poter sopravvivere nei paesi occidentali, artefici della loro condizione, essendo costretti a vendersi per pochi spiccioli, annientati nei propri diritti, così da essere trasformati in una massa addomesticata da sfruttare per alimentare l’insaziabile fame di profitto del Capitale. Ma la storia delle lotte operaie degli immigrati nei paesi ricchi dimostra che “immigrato” non significa automaticamente “servo docile del padrone” e che, anzi, proprio i lavoratori immigrati oggi mostrano una volontà di lottare e una radicalità che la vecchia classe lavoratrice europea andava perdendo.

 

Claudio Gagliotta

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.