Il terreno del sesso e della sessualità è un ambito vitale per ogni seria, credibile e materialistica critica della società esistente. Un ambito che non può e non deve essere lasciato appannaggio di forze reazionarie ancora esistenti nella nostra società (Chiesa, neofascisti e populismi), ma nemmeno al liberalismo banalizzante “dell’ognuno fa ciò che gli pare finché non danneggia gli altri” ed è finita lì.

I primi infatti quando sulla sessualità non tacciono, ma vomitano sentenze, lo fanno perché capiscono che è buon affare investire da quelle parti e ripetere alle donne, ad esempio, “qual è il ruolo che gli spetta”, ai bambini che masturbarsi è peccato e agli adolescenti che non devono guardare siti porno (senza interrogarsi sul perché il porno ci sia e faccia affari milionari). I secondi, accecati da un’idea di progresso vecchia di trecento anni, ignorano che le persone non sono atomi, ma il risultato del complesso dei rapporti sociali (economici, politici, culturali etc.) organizzati a partire da quelli di classe.

Il terreno della sessualità è l’espressione più genuina (genuina nel senso di ”potente”, non nel senso di “scevra da determinazioni storiche”!) di quelle che qualche psicanalista chiamerebbe forse ”energie vitali” degli individui. Chiariamo subito un potenziale malinteso: con questa affermazione (”energie vitali”, etc…) non sosteniamo che il sesso abbia un significato intrinseco che debba esser perseguito: a differenza di quello che Aristotele (a partire da lui) e migliaia di anni di religioni monoteistiche pensano, nella natura non ci sono “significati” (o ”fini”, per essere più tecnici) intrinsechi a cui come razza umana siamo tenuti per qualche assurda ragione a sottostare, per questa medesima ragione la “debolezza fisica” attribuita alle donne NON è prova di nessuna inferiorità così come il fatto che uomo e donna possono procreare e uomo e uomo no non è, al tempo stesso, prova di nessuna differenza di valore tra i due tipi di coppie. Data questa premessa, aggiungiamo che oggi, stando anche alle statistiche, fortunatamente, il tabu del sesso è stato sostanzialmente sdoganato. Per di più quando si dice sesso non si pensa più a uomo o donna, ma forse proprio a quelle energie vitali a cui facevo cenno poco fa e a una larga gamma di espressioni della propria sessualità: bisessualità, omosessualità, pansessualità, lesbismo e, as last but not least, asessualità. Un’altra premessa al tema che vogliamo aggiungere è come anche l’asessualità, a dispetto del nome, rientri nel campo della sessualità, sia cioè una variante di quella che Jared Diamond, che ha studiato l’evoluzione della sessualità umana, chiama ”bizzarria delle nostre pratiche sessuali” (riferendosi all’unicità della razza umana rispetto alle altre specie, un’unicità che rende la procreazione una delle tante opzioni).

Tuttavia questo non è un articolo sulle etichette e sulla sessualità fluida, né tanto meno su come le etichette servano, ma non vadano prese troppo seriamente, è invece un articolo su un fatto: la giornalista Kate Julian ha scritto un pezzo su The Atlantic in cui ha raccolto diversi studi (perlopiù condotti in USA, ma rappresentativi anche di altri Paesi Occidentali) tutti concordi su una cosa: i ”millennial” fanno meno sesso. L’utilizzo di App di dating (come Tinder) è aumentato, così come l’acquisto di vibratori e il consumo di pornografia, ma al tempo stesso è diminuita la frequenza di rapporti sessuali reali tra i giovani (”in 20 anni la percentuale di studenti che avevano il loro primo rapporto durante le superiori è scesa dal 54% al 40%). Simili percentuali, relative all’innalzamento dell’età del primo rapporto sessuale, ma anche del primo bacio e di qualsiasi contatto fisico, si trovano anche nei Paesi Bassi, in Finlandia (dove è aumentata la masturbazione) e in Svezia, dove pure la natalità rimane la più alta del continente europeo. A proposito dell’aumento della masturbazione (sia femminile che maschile) un po’ ovunque, lo psicologo Philip Zimbardo ha coniato il termine “procasturbazione” (procastinazione attraverso la masturbazione), un “nuovo disturbo” che potrebbe portare gli adolescenti a ”fallire” sessualmente e socialmente. Analoghe preoccupazioni, per esempio relative agli effetti negativi che la pornografia avrebbe sui rapporti in carne e ossa, sono state sollevate da altri studiosi in altri esperimenti (per maggiori informazioni rimandiamo all’articolo).

Qualche parola di approfondimento su Tinder, l’app di dating più popolare. Quanto meno tra coloro che non lo usano, la percezione è che sia facile trovare sesso occasionale. In realtà, fatta eccezione per coloro che sono particolarmente attraenti (secondo i canoni standard), Tinder, ricerche alla mano, sarebbe per lo più, letteralmente parlando, una gran perdita di tempo dove l’utente medio abbagliato dalla possibilità di trovare una via di fuga dalla solitudine, farebbe il login in media 11 volte al giorno per un totale di soli 26 milioni di match su 1.6 miliardi di swipes. Kate Julian si chiede a questo punto perché qualcuno dovrebbe continuare a usare simili App, la risposta è che la possibilità di trovare partner nella vita reale sembra ancora più inverosimile: ”nessuno approccia più in pubblico oggi”. E’ in altre parole come se romanticismo e seduzione siano stati relegati progressivamente alla sfera privata (e questo in Paesi come la Svezia, è accaduto molto prima che negli Usa o in Italia). 

Non è un problema in sé che si faccia meno sesso, specialmente alla luce del fatto che il sesso è un bisogno, ma non deve essere considerato una necessità (vedi gli asessuali). Tuttavia, dal momento che la maggior parte della popolazione continua a non dichiararsi asessuale, questo cambiamento in una sfera così vitale dell’essere umano deve significare qualcosa: maggiore solitudine, perdita delle abilità relazionali, più infelicità in un mondo precario: ci interessa capire insomma quali siano le condizioni che portano a fare meno sesso, ad evitare il contatto fisico etc. Laurie Mintz, della University of Florida, suggerisce che il movimento #metoo e la maggiore consapevolezza dell’importanza del consenso che ha portato con sé potrebbero avere qualcosa a che vedere con questo calo, in due sensi: si fa molto meno sesso indesiderato (e questa sarebbe una buona notizia), le donne hanno più paura degli uomini (e questa sarebbe una cattiva, perché significherebbe che è aumentato il ”conflitto tra i sessi” che proprio come il razzismo non è buon segnale dei tempi e funge solo come distrazione per individuare un falso nemico). Un’altra ipotesi, che non esclude necessariamente le prime due, è che l’aumento del consumo di pornografia (e dell’immaginario falsato che essa produce negli adolescenti) unito all’assenza di educazione sessuale abbia causato l’aumento di esperienze sessuali dolorose (sopratutto per le donne). La prospettiva di un’esperienza sessuale dolorosa, unita alla consapevolezza della campagna #metoo potrebbe quindi aver causato la diminuzione di esperienze sessuali indesiderate. Se questa spiegazione fosse sufficiente, ”basterebbe” adottare un atteggiamento critico verso la pornografia e introdurre una buona educazione sessuale in tutte le scuole per ridurre il numero di esperienze sessuali dolorose. Ma questa spiegazione è sufficiente? La stessa Kate Julian ammette che le ragioni potrebbe essere molteplici e più profonde: i livelli di ansia e depressione sono in aumento da qualche decennio a questa parte, e specialmente tra i ventenni. L’infelicità, secondo le ricerche, inibisce il desiderio. E al tempo stesso, in coloro che vorrebbero un’intimità, la recessione sessuale, e cioè la difficoltà incontrata e il terrore di ottenerla davvero, aumentano l’infelicità. Quello che emerge è che non si può parlare di “recessione sessuale” senza parlare di “recessione  economica”: come la stessa Julian aggiunge: “come la recessione economica anche nella sessuale si giocherà sul terreno della disuguaglianza. Coloro che hanno già tanto – un bel fisico, denaro, resistenza psicologica, forti legami sociali – continueranno ad essere ben posizionati per trovare amore e buon sesso e se lo desiderano diventare genitori”. Quello che a noi interessa è spezzare questo terreno della disuguaglianza, che significa spezzare il giogo del capitalismo dove l’effettiva libertà di determinare la propria vita è il più delle volte concessa solo a chi può permetterselo economicamente e socialmente. Ognuno deve essere posto nelle condizioni materiali (e quindi economiche) di poter effettivamente scegliere e liberamente costruire la propria sessualità: questa prospettiva di una sessualità libera, ma sana e consapevole può essere garantita solo da misure che contribuiscano a incrementare massivamente la felicità di tutti e tutte abolendo ogni forma di precarietà, insicurezza e ricattabilità (e nella relazione col proprio lavoro e nella relazione con sé stessi e nel rapporto con ogni altro “io”).

 

Matteo Iammarrone

Nato a Torremaggiore, in Puglia, nel 1995, si è laureato in filosofia all'Università di Bologna. Dopo un master all'Università di Gothenburg (in Svezia), ha ottenuto un dottorato nella stessa città dove tuttora vive, fa ricerca e scrive come corrispondente de La Voce delle lotte.