Intervista ad Anasse Souiri, ferroviere e militante sindacale, a proposito del movimento dei Gilet Gialli, delle concessioni annunciate da Emmanuel Macron e delle prospettive politiche in Francia.


Lunedì sera il presidente Macron ha annunciato, tra le altre cose, un aumento del salario minimo. Qual è la tua analisi di queste misure?

La prima cosa da osservare negli annunci del presidente Macron è la sconfitta politica del governo. Avendo già fatto marcia indietro la scorsa settimana sulla questione dell’aumento della tassa sul carburante, la pressione sociale è stata tanta che Macron ora è stato forzato a ritirarsi ancora di più. Ha mandato in crisi il Ministero del Lavoro, che aveva rigettato qualsiasi ipotesi di aumento del salario minimo. Lo stesso si può dire del Primo Ministro Edouard Philippe, che l’ultima settimana parlava di una moratoria di sei mesi sull’aumento del prezzo del carburante, prima di dover annunciare che l’aumento della tasse sarebbe stato del tutto abolito. Dunque, il panico tra le fila del governo è reale, poiché non sanno come controllare il movimento in corso.

Se analizziamo la situazione più da vicino, possiamo vedere che Macron ha parlato di un aumento di 100 euro al mese del salario minimo (lo “SMIC”), ma ciò non succederà. Le formule di Macron vogliono confondere le acque. In realtà, sta parlando del cosiddetto bonus produttività che si vuole alzare un pochino di più e un pochino prima di quanto pianificato prima che la crisi dei gilet gialli si aprisse. Il bonus produttività è stato già aumentato di 20 euro nell’ottobre 2018, e sarebbe dovuto aumentare di 30 euro nell’aprile 2019, di 20 euro nell’ottobre 2020 e di 20 euro nell’ottobre 2021. In altre parole, un aumento di 90 euro era già stato pianificato nel corso del mandato di Macron. Ora, questo aumento non sarà dilazionato lungo tutto il quinquennato, ma si applicherà nel solo 2019.

Inoltre, il bonus produttività sarà calcolato in relazione al reddito familiare. Per esempio, se io prendo il salario minimo e mia moglie guadagna di più di me, in base al reddito totale, potrebbe darsi che io non possa ricevere nessun bonus produttività. 1,6 milioni di persone ricevono il salario minimo, ma alcuni di loro non ricevono questo bonus, dunque questo “aumento” non si applica a loro. Dovremmo notare anche che questo è un aumento salariale che non costa alcunché ai padroni. Il denaro verrà tutto dal bilancio statale. In più, non si tiene conto di questa voce nel calcolo delle pensioni. Dunque, non saranno i ricchi a pagare, come chiesto dai gilet gialli. Finora, la tassa patrimoniale eliminata da Macron non è stata reintrodotta.

Macron vuole farci pagare di tasca nostra il denaro che intende girarci. Sì, è stato ricacciato indietro, ma non è abbastanza. Si sta ritirando perché non ha scelta, e deve perlomeno far finta di offrirci qualcosa.

Tutti i salariati – 27 milioni di persone – non hanno finora ricevuto offerte del genere. Un aumento delle tasse sulle pensioni è stato ritirato, ma le pensioni rimangono congelate, così che chi sta soffrendo continuerà a soffrire. Macron ha anche annunciato che il lavoro straordinario non sarà tassato. Questo non è un aumento sullo straordinario, ma semplicemente farà diventare lo straordinario più a buon mercato per i padroni, incoraggiandoli a sfruttare i loro attuali dipendenti ancora di più, invece di assumerne altri. Per non menzionare che non è prevista nessuna concessione per i disoccupati, gli studenti, i disabili, eccetera, che sono ugualmente parte della lotta.

C’è anche la questione della transizione ecologica. Macron ha provato a vendere l’aumento della tassa sul carburante come una misura ambientalista. Ma finché manca l’intenzione di investire nel trasporto pubblico, finché continua la privatizzazione delle ferrovie statali, con l’abolizione di intere linee e stazioni nelle aree periferiche, eccetera, siamo costretti a prendere l’auto. Macron non vuole nemmeno tassare i grandi inquinatori che hanno denaro a palate e non pagano tasse, come la compagnia petrolifera TOTAL.

 

Come pensi che si possa far avanzare il movimento?

Ogni volta che Macron parla, la mobilitazione si fa più determinata. Sarebbe probabilmente meglio per il governo se stesse zitto.

La mobilitazione di sabato [oggi per chi legge] sarà importante. Non dovremo sottovalutare l’impatto che gli annunci del governo potrebbero avere nei settori più piccoloborghesi che possono dirsi soddisfatti con le concessioni “minime”. Vedremo se la mobilitazione continuerà su una scala così grande: io penso che lo farà. Noi lavoratori delle ferrovie abbiamo lottato per tre mesi, ma i nostri capi sindacali hanno mantenuto una strategia di scioperi limitati, a singhiozzo, col risultato di farci isolare e di lasciarci esausti. Non siamo stati in grado cambiare nemmeno una virgola della riforma sulle ferrovie. Ma ora i gilet gialli – anche se la loro forza non sta provenendo dagli scioperi – mostrano che la loro mobilitazione non si fermerà finché le loro richieste non saranno soddisfatte. Il governo è stato obbligato a cedere su alcuni punti per dividere il movimento e ricacciarlo indietro. Per far arretrare Macron, però, hanno bisogno di uno sciopero generale.

In questo contesto, il compito dei rivoluzionari non è semplicemente quello di “fare” la rivoluzione, ma di assicurare che il movimento abbia un’espansione sociale la più larga possibile, basata su un programma di centralità della classe operaia. Ecco perché la nostra tendenza, la Corrente Comunista Rivoluzionaria (CCR), che fa parte del Nouveau Parti Anticapitalste (NPA), si sforza di coordinare i diversi settori del movimento operaio con la più larga massa della classe lavoratrice e dei quartieri poveri. Il futuro degli studenti,  dei pensionati e dei lavoratori è in gioco. Il nostro posto è dentro il movimento. Abbiamo il dovere di perseguire una politica attiva per far espandere il movimento con uno sciopero generale e con l’auto-organizzazione. Allo stesso tempo, dobbiamo condannare il ruolo delle burocrazie sindacali.

 

Come giudichi il ruolo dei dirigenti sindacali?

Il prossimo passo per noi militanti sindacali è questo venerdì [ieri per chi legge]: alcuni settori hanno lanciato un appello a mobilitarsi e a scioperare. Lavoratori di Sud-Rail, Solidaires, Metallurgie, Infocom CGT [sigle sindacali francesi, ndt] e altri stanno preparando scioperi, nonostante il silenzio dei capi sindacali. Ecco come dobbiamo continuare la lotta.

Ci sono molte centrali sindacali – specialmente le tre confederazioni CGT, FO e CFDT – che stanno apertamente tradendo il movimento dei gilet gialli. Lo abbiamo visto lunedì scorso, quando sono andati all’Eliseo a negoziare con il governo. C’è una frase famosa di Trotsky, che dice che la borghesia, per distruggere il movimento dei lavoratori, ha i suoi media, la sua polizia, la sua magistratura, ma anche la sua burocrazia sindacale. Il ruolo di queste burocrazie sindacali è quello di preservare le istituzioni del potere borghese. I capi sindacali giustificano il loro astensionismo [dalla lotta] appellandosi al supposto carattere “apolitico” dei gilet gialli. Ripetono che il movimento non vuole che i sindacati si uniscano alla lotta. Ma poi si permettono di negoziare col governo per conto del movimento e di richiamare all’ordine e alla calma. Il nostro compito è colpire a fondo la burocrazia sindacale. Per 25 anni la burocrazia ci ha consegnato solo sconfitte, per esempio isolando fra di loro le lotte di dipendenti pubblici, dipendenti dei settori privati e studenti, oppure bloccando i momenti di democrazia operaia.

Abbiamo bisogno di più democrazia operaia tra i lavoratori attivi nel movimento, così da portare avanti le lotte e vincerle. Non possiamo aspettare un altro Martinez (segretario generale della CGT) o Berger (segretario generale della CFDT) perché ci tradisca e ci separi. Dunque, dobbiamo colpire questa burocrazia prima che provi a rinascere dalle proprie ceneri come l’araba fenice.

Il nostro secondo compito è quello di mobilitare quanti più compagni possibile per il 14 dicembre. Noi lavoratori abbiamo bisogno di una connessione reale tra il movimento dei gilet gialli – finora, è una connessione parziale.

 

Il movimento ha messo in discussioni le istituzioni della Quinta Repubblica. Quale programma è necessario, in termini di democrazia?

Penso che in questo momento il movimento sia caratterizzato da un certa inclinazione alla lotta di classe: vuole attaccare il capitalismo, ma manca chiarezza sui mezzi coi quali condurre l’attacco. La classe lavoratrice non è egemonica, cioè non c’è una strategia per la conquista del potere. Ecco perché è necessario mettere a punto un programma transitorio basato sulla situazione concreta attuale. Il problema oggi è che sarà molto complicato condurre questa lotta senza un reale sciopero generale.

Siamo in una situazione di transizione che è quasi pre-rivoluzionaria, nella quale ci sono elementi rivoluzionari e semi-insurrezionali. Ma non siamo ancora in una situazione rivoluzionaria. Molte persone chiedono un referendum per una Sesta Repubblica. Un referendum del genere distruggerebbe qualsiasi programma di lotta di classe e impedirebbe alle masse proletarie di conquistare la guida del movimento. È compito nostro spiegare la frode dei programmi parlamentaristi, riformisti e borghesi – sia quello de La France Insoumise di Melenchon, sia quello dei conservatori dell’UPR, sia il Front National di Marine Le Pen. Queste proposte parlamentariste non rappresentano un’alternativa per i lavoratori, le donne, gli studenti, ecc. Dobbiamo lottare contro questa tendenza nel movimento perché i referendum non mettono in discussione le istituzioni borghesi. I governi non sono in alcun modo obbligati a rispettare i risultati dei referendum, come abbiamo visto nel caso del referendum sull’Unione Europea nel 2005 [che vide una maggioranza di “no” in Francia e altri paesi, e i cui contenuti furono poi fatti passare col Trattato di Lisbona, non votato dalla popolazione europea, ndt].

Per noi rivoluzionari è molto importante che la lotta prenda una dimensione internazionale. Abbiamo visto echi della lotta francese specialmente in Belgio e anche in alcune parti dell’Africa. È molto importante che la lotta si diffonda ovunque, perché il nemico che abbiamo un nemico comune che dobbiamo combattere oltre i confini nazionali: il capitalismo. Le massi lavoratrici del mondo devono mobilitarsi per rompere quest’onda di estremismo di destra in ascesa ounque, come abbiamo visto recentemente in Brasile con Bolsonaro. Dobbiamo sforzarci di seguire l’indicazione che Marx ha dato tanto tempo fa: proletari di tutti i paesi, unitevi!

Durante la sua campagna presidenziale, Macron si è fatto bello in tutto il mondo con la sua idea di “nazione start-up” e come “innovatore” nella sfera politica. Ora, un anno dopo, possiamo vedere come sia completamente delegittimato. Possiamo dire ai lavoratori di tutto il mondo: se noi battiamo Macron, anche voi potete battere i vostri governi!

 

Qual è l’intervento concreto della CCR?

Con il nostro giornale online Révolution Permanente, partecipiamo direttamente alle lotte del Comitato Adama Traoré [contro la violenza della polizia], degli studenti e dei lavoratori delle ferrovie. La scorsa settimana a Saint Denis, un sobborgo di Parigi, abbiamo organizzato un’assemblea con oltre 700 persone; ciò ha portato a una manifestazione lo scorso sabato con più di 5.000 persone.

Lottiamo nelle università e nei posti di lavoro sulla base di un programma di lotta di classe. Con il nostro giornale online siamo stati i primi a caratterizzare il movimento dei gilet gialli con un’analisi rivoluzionaria e non settaria. All’inizio, larghe porzioni della sinistra hanno denunciato il movimento come di destra. Ci siamo posti ben al di sopra di molte organizzazioni di sinistra che non sanno come intervenire perché non sono state politicamente attive per anni. Era ovviamente necessario intervenire per spingere il movimento verso la miglior direzione possibile, e cacciare l’estrema destra dalle mobilitazioni.

Abbiamo posto per tempo le basi di questo lavoro, ancora prima che il movimento dei gilet gialli cominciasse, con il coordinamento “Intergare” che ha collegato i lavoratori delle ferrovie delle varie stazioni. Abbiamo gettato un ponte tra questi e i lavoratori precari delle pulizie di ONET, così come con la lotta per fare giustizia sul caso Adama Traoré, una vittima della violenza razzista della polizia, così come con le mobilitazioni degli studenti di molte università, la scorsa primavera. Lo scorso sabato come ferrovieri siamo scesi in piazza in 300, anche se non si trattava di uno sciopero dei ferrovieri. I collegamenti che abbiamo costruito nell’ultimo anno stanno portando frutti. Dobbiamo estenderli a tutti i settori per combattere questa battaglia quanto meglio possibile – e per vincerla.

 

Sophia Slamani

Traduzione da Left Voice

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