Ha destato parecchio scalpore la stretta di mano fra il Ministro dell’Interno Matteo Salvini e Luca Lucci, uno dei capi della Curva Sud Milano, in occasione della festa per i 50 anni del gruppo organizzato svoltasi all’Arena Civica domenica scorsa.
Lucci è stato arrestato pochi mesi fa in un’inchiesta per traffico di droga, patteggiando un anno e mezzo di reclusione.


Oggettivamente Salvini ha avuto modo di farsi immortalare assieme a personaggi che si son macchiati di reati molto più pesanti, è il caso di Salvatore Annacondia [1] detto “Manomozza” un ex boss sanguinario della criminalità pugliese, reo confesso di 72 omicidi – alcuni eseguiti di persona, altri come mandante – a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta. L’obiettivo di questo articolo non è quello di enfatizzare scandali o presunti tali, come i media borghesi amano fare.

Piuttosto deve far riflettere il fatto che un Ministro dell’Interno, al netto dell’appartenenza politica, venga calorosamente accolto dai vertici di uno dei più importanti gruppi ultrà italiani ed europei. Uno dei responsabili storici della Curva Sud, Giancarlo Capelli, ha provato a giustificarsi “Noi siamo apolitici. Salvini veniva allo stadio già 20 anni fa”.
Una giustificazione piuttosto fragile se si considera che stiamo parlando di colui che guida le forze coercitive in Italia, un ruolo politico ben definito non equivocabile; ed altrettanto inequivocabile è la posizione dell’intero movimento ultrà, da sempre ostile alla Polizia, che si mosse in maniera compatta proprio contro l’ex Ministro dell’Interno (leghista come Salvini) Roberto Maroni, per aver introdotto la Tessera del Tifoso.


Per decenni gli ultrà hanno rappresentato una forma aggregativa non convenzionale di massa, dove sono cresciuti migliaia di ragazzi molti dei quali hanno trovato una sorta di rifugio fra quei gradoni, una possibilità di evadere da situazioni familiari e sociali complesse; attraverso quell’aggregazione ha potuto svilupparsi (magari in modo grezzo e indefinito) una presa di coscienza anche politica, in particolare fra i più giovani. Negli anni ’80 e ’90 simboli come la croce celtica, la falce e il martello, la svastica e la stella rossa, trovavano spazio in tantissime curve da Nord a Sud, a conferma che lo stadio era (sotto diverse forme lo è ancora) terreno di contesa dell’egemonia politica.


Ma soprattutto la storia dell’intero movimento è contrassegnata da pesanti repressioni, abusi subiti in molteplici occasioni, o perfino omicidi, come nel caso di Gabriele Sandri, freddato l’11 novembre 2007 dall’agente Luigi Spaccarotella. Si pensi, altrimenti, a Paolo Scaroni, tifoso del Brescia massacrato di botte dai celerini nel 2005 ed ora invalido al 100%, anche se per la giustizia dello Stato borghese non c’è nessun responsabile per la sua condizione, a distanza di 13 anni.


Data l’ostentazione con la quale Matteo Salvini sfoggia t-shirt e felpe della Polizia viene da pensare che quanto avvenuto domenica scorsa all’Arena Civica di Milano sia qualcosa di più di un semplice incontro: certifica la volontà di assoggettare i gruppi ultrà a pure logiche di potere e lo confermano le infiltrazioni mafiose nelle principali curve.
Il leader leghista ha fatto quello che gli riesce meglio ossia andare a cercar consensi, e quando afferma “Io stesso sono indagato. Sono un indagato in mezzo ad altri indagati” mantiene fede alla sua scaltrezza; mentre per l’intero movimento ultrà quella presenza è un ulteriore passo verso l’annientamento di quello spirito autonomo e ribelle.
Un ambiente che al contrario sceglie la via tutt’altro che apolitica della sudditanza al potere reazionario, rinnegando perciò indole e storia della subcultura.

 

Roger Savadogo

 

Note

1) Paolo Berizzi, NazItalia. Viaggio in un paese che si è riscoperto fascista, Ed. Baldini + Castoldi, 2018.

Nato a Venezia nel 1988, vive a Brescia. Operaio, è studioso e appassionato di sottoculture giovanili, ultras e skinhead in particolare.