Con l’obiettivo di contribuire all’arricchimento del dibattito sullo sciopero femminista, proponiamo un articolo che racconta il ruolo delle donne nella lotta di classe nello Stato spagnolo, in occasione del convulso periodo successivo alla Rivoluzione russa.


Questo 2019 si ripete il giorno di sciopero femminista che ha fatto la storia nel 2018. Nel 1918 le donne scesero in strada e si organizzarono in tutto lo stato spagnolo. Esaminiamo questa storia per riscaldare i motori in vista di fermare il mondo questo 8M.

L’8 marzo ci sarà un potente attacco femminista di 24 ore che coinvolgerà vari settori della società: quello di cura, del consumo, del lavoro e quello studentesco. Il clamoroso successo del precedente sciopero dell’ 8M del 2018 è stato un grande salto in termini di volume e metodi di lotta del movimento femminile, che ha portato al primo grande sciopero generale in Spagna dal 2012.

Tuttavia, la strategia del blocco generale ha già una lunga storia nel movimento delle donne e queste grandi esperienze e dibattiti ci permettono di pensare oggi non solo su cosa sia uno sciopero, ma come affrontare il patriarcato e il capitalismo. Questa è la storia di alcuni degli scioperi più importanti delle donne in Spagna dal 1918.

In un mondo in guerra, gli operai prendono la strada

Per comprendere meglio la situazione e i fatti delle protagoniste degli scioperi del 1918, è consigliabile puntualizzare il contesto internazionale. La prima guerra mondiale sconvolge l’Europa dal 1914, milioni di lavoratori vengono mandati a morire nella guerra imperialista tra le potenze borghesi e milioni di donne occupano le posizioni che hanno lasciato.

Non solo il numero di lavoratrici salariate cresce in modo esponenziale, Masi sviluppa anche un movimento contro la guerra prevalentemente femminile e per la conquista dei diritti delle donne, con rivendicazioni come avere pari salari con i loro colleghi maschi a parità di lavoro e il voto femminile. Le borghesie cercano di gestire la situazione tra la repressione e la concessioni che la favoriscano, facendo si di soddisfare i propri bisogni dando terreno in un contesto di guerra e avere a disposizione più manodopera

Le trasformazioni economiche di un capitalismo in ascesa richiesero più lavoro femminile e misero in discussione l’intero apparato ideologico, religioso e scientifico, che cercava di impedire che le donne diventassero salariati. Ma allo stesso tempo, il lavoro salariale femminile stava crescendo sotto gli stessi schemi ideologici di divisione sessuale e complementarietà dei sessi per giustificare maggiori disuguaglianze, discriminazione e de-gerarchizzazione del lavoro delle donne fuori casa.

Rivoluzione in Russia: i lavoratori in prima linea

Nel frattempo, in Russia dopo la rivoluzione del 1917, importanti diritti per le donne -che non esistevano nella maggior parte del mondo-, come il diritto di controllare i loro salari e di proprietà, il divorzio e la parità di podestà, l’aborto e la depenalizzazione dell’omosessualità e piani per socializzare il lavoro domestico.

Questi diritti sono stati vinti attraverso l’organizzazione e la lotta dei bolscevichi e delle masse operaie, che fu attraversato da molteplici dibattiti e successivamente abrogate per lo più in ascesa e consolidamento della burocrazia stalinista come una parte centrale della espropriazione della conquiste rivoluzionarie nella burocratizzazione dell’URSS.

Le donne della città iniziano la rivolta

In questo contesto internazionale lo Stato spagnolo non partecipa militarmente alla prima guerra mondiale, ma la borghesia spagnola si prepara a commerciare con entrambe le parti mentre crescevano sempre di più i costi della guerra. Il risultato è un’inflazione galoppante accompagnata da una grave perdita del salario reale, che causa una situazione di carestia e fame per le famiglie lavoratrici, che hanno visto come in cinque anni i prezzi sono raddoppiati rispetto al salario.

Tra il 1918 e il 1920 le operaie, che attraverso il lavoro riproduttivo e domestico garantirono la sopravvivenza della famiglia, organizzarono enormi scioperi e proteste in difesa della sussistenza delle loro case. Questi anni vedrebbero anche grandi sconvolgimenti, scioperi generali, l’ascesa dell’organizzazione dei lavoratori e la caduta d

 

i diversi governi in quello che divenne noto come il Triennio bolscevico.

La rivolta dei Faeneras segnerà un evento storico nella città di Malaga tra il 9 e il 21 gennaio 1918. Il freddo dell’inverno e l’epidemia influenzale si unisero all’aumento dei prezzi di pane, pesce e patate, al punto che un kilo di pane in città costava un terzo del salario giornaliero di una lavoratrice e un settimo di quello di un lavoratore.

Da un quartiere di pescatori si pianificò una dimostrazione iniziale di 800 donne per la riduzione del prezzo del pane avanti al Municipio, che chiedevano entro 48 ore la regolamentazione dei prezzi. Poi si mossero per il centro della città fino alle porte dell’industria tessile Malagueña per convocare un’assemblea.

I giorni seguenti le donne requisirono il pesce nel porto e lo misero all’asta a basso costo, così come con altri prodotti di base. Il 14 vi fu un’assemblea che avrebbe radunato 8.000 persone per chiamare una manifestazione il giorno seguente, che sarebbe stata repressa lasciando quattro morti e 17 feriti.

Dal 16 sarebbe stato chiamato lo sciopero generale, fermando totalmente la città e radunando più di 12.000 persone nei funerali dei morti il ​​giorno precedente. Il 21 lo sciopero sarebbe stato annullato trionfanti facendo scendere il prezzo.

Dal 9 al 18 marzo 1918, nella regione di Ferrolterra (A Coruña), la Revuelta de las Pedradas rivoluzionerà la vita delle lavoratrici. Diversi scioperi avevano scosso il cantiere navale di Ferrol l’anno precedente e le proteste contro l’imposta sul consumo si sono moltiplicate, mentre la fame era dilagante a causa del costante aumento dei prezzi.

Il 9, un grande gruppo di donne andò nei negozi quando non furono ricevuti dal sindaco per protestare contro i prezzi. I mercanti risponderanno sparando alle donne e lasciando due ferite, che risposero lanciando pietre contro i negozi, da ciò prese il nome la rivolta.

Le notizie si espandono a macchia d’olio in tutta la regione e le donne promuovono comitati di lotte, il blocco di strade e vie, scioperi operai e manifestazioni, con le operaie della fabbrica tessile di Xubía alla testa, protestando contro i bassi salari e l’insicurezza sul lavoro.

Dal giorno 10 le fabbriche e i cantieri navali si fermeranno a Ferrol e una manifestazione verrà repressa con due morti. Il 13 le proteste saranno spostate in una fiera contadina di Sedes, in cui la Guardia Civil caricherà uccidendo sette persone e lasciando decine di feriti.

Il giorno dopo più di 6.000 persone trasformano la sepoltura in una mobilitazione di massa, lanciando lo sciopero generale dal 15; al fine di bloccare lo sciopero sarà necessario mettere in campo numerose truppe militare e dichiarare lo stato di emergenza.

Dal 12 al 23 gennaio le donne rilanciarono a Barcellona uno sciopero storico contro l’aumento dei prezzi che bloccherà fabbriche, laboratori, negozi e teatri. Una dimostrazione di oltre 500 donne andò a Plaza Sant Jaume e una commissione invitò il sindaco ad abbassare i prezzi del carbone.

Di fronte all’indifferenza del Consiglio Comunale il movimento decise di stabilirsi avanti i locali dove lavoravano centinaia di donne, costringendo i proprietari a chiudere e invitando le cameriere, ballerini e artisti di unirsi alla protesta e ai tram di fermarsi sulla Rambla.

Il 14 gennaio migliaia di donne scesero nelle strade, attraversando centri di lavoro, negozi e fabbriche per invitare le donne a lasciare il lavoro e partecipare alla manifestazione. Hanno marciato tra le 3.000 e le 4.000 donne e hanno fermato il lavoro di oltre 14.000. Quando andarono ad incontrare il governatore la polizia spinse le donne facendo cedere la ringhiera lasciando 25 donne gravemente ferite.

Disoccupazione e proteste sono durate tutta la settimana e giovedì 17 furono approvate richieste come: sussistenza allo stesso prezzo che prima della guerra, riduzione dell’affitto del 20%, riammissione di 6.000 lavoratrici dei trasporti licenziati.

Il 18 lo sciopero si intensificò e circa 20.000 lavoratori si fermarono e 23.000 donne andarono a una manifestazione nel Font del Gat, che finì per essere sciolta dalla Guardia Civil. Solo lo stato di guerra nella provincia di Barcellona poteva farli tacere, imponendo finalmente le loro richieste sociali.

Questo 8M del movimento delle donne a un nuovo appuntamento con la storia.

Per pensare alla lotta di oggi, è di vitale importanza salvare tutte queste esperienze. Perché il campo di battaglia della lotta di genere è un terreno nella lotta di classe, affinché da qui si recuperi i diritti perduti se ne conquistano dei nuovi per tutte le donne. Ed è nel campo della lotta di classe che i lavoratori hanno fatto la storia.

 

Roberto Jara

Traduzione da La Izquierda Diario

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