Oltre settantamila operai delle fabbriche “maquiladoras” stanno lottando per ottenere aumenti salariali e il pagamento di bonus annuali, oltre ad una serie di altre rivendicazioni.


Su entrambi i lati del confine meridionale degli Stati Uniti ci sono operai in sciopero per ottenere i propri diritti. In California, gli insegnanti chiedono a gran voce condizioni lavorative migliori, organizzando scioperi selvaggi durante le ore di lavoro, coinvolgendo migliaia di persone [sciopero ora terminato con l’ottenimento di alcuni risultati migliorativi, ndt]. Dall’altro lato, c’è un’altra importante ondata di scioperi. Gli operai delle “maquiladoras” (stabilimenti industriali posseduti o comunque controllati da aziende straniere, in cui avvengono trasformazioni o assemblaggi di componenti in regime di esenzione fiscale[duty free], ndt.) hanno organizzato una serie di scioperi per protestare contro le proprie misere condizioni, scontrandosi con i loro padroni, le multinazionali USA e le burocrazie sindacali.

Da svariati giorni, molti operai di Matamoros (nello stato di confine di Tamaulipas) hanno interrotto il lavoro, esigendo il pagamento di salari arretrati, una tredicesima di di 32.000 pesos [circa 1470 euro, ndt], e alcuni stanno anche chiedendo la cacciata dei burocrati sindacali, al fine di costituire dei sindacati indipendenti. Ci sono stati altri scioperi a Tijuana.

L’industria delle maquiladoras genera immensi profitti per i capitalisti statunitensi grazie alle misere condizioni di lavoro, i turni lunghissimi e gli stipendi da fame corrisposti ai lavoratori messicani. Costituiscono anche uno degli aspetti delicati del negoziato che Trump ha riaperto sul NAFTA.

Le maquiladoras sono sempre state un campo minato politico, ma sono diventate un argomento particolarmente spinoso per il nuovo presidente Andres Manuel Lopez Obrador [detto AMLO, ndt], il quale ha affermato di avere in programma una “quarta trasformazione” per il paese, mediante la quale riuscirebbe, a suo dire, a governare pacificamente “sia per i ricchi che per i poveri”. Per riuscire a fare questo, Lopez Obrador può contare sull’appoggio delle burocrazie sindacali storicamente corrotte e traditrici (i cui esponenti sono stati soprannominati “charros”), specie quelle appartenenti alla CTM. La sua “lotta alla corruzione” non si riflette quindi nelle fabbriche, dove ancora lo sfruttamento è un problema di tutti i giorni.

La Confederazione Messicana dei Lavoratori (CTM) è un sindacato corporativo simil-mafioso creato negli anni ’30 per impedire agli operai messicani di organizzarsi indipendentemente dallo Stato centrale. Attraverso tutto il corso del XX secolo, e dei 70 anni di governo del PRI, ha aiutato il governo a sedare il malcontento operaio; oggi, la CTM resta il sindacato più grande del Messico, col controllo dei lavoratori di molte industrie strategiche del paese.

Ciò che sorprende dell’attuale movimento attivo nelle maquiladoras è che in parte è nato nonostante le pressioni dei charros della CTM, in parte è stato talmente forte da spingere la CTM a portare le rivendicazioni degli operai di fronte ai capi delle aziende, sempre e comunque senza alcuna garanzia dichiarata di una soddisfazione di tutte le richieste.

Nonostante gli sforzi dei burocrati, gli scioperi stanno continuando: i lavoratori hanno organizzato picchetti e levando bandiere rosso-nere. Perché i lavoratori delle maquiladoras possano vincere, è necessario che altri settori operai, così come gli studenti messicani e del mondo, facciano solidarietà più attiva possibile. Questi operai stanno dimostrando ai loro capi chi comanda davvero.

Óscar Fernández

Traduzione di Luca Gieri da Left Voice

Óscar è un membro del Movimiento de los Trabajadores Socialistas (MTS) in Messico, laureato in scienze politiche all'Universidad Iberoamericana.
È il corrispondente da Città del Messico di Left Voice, e membro della redazione di La Izquierda Diario México così come di Ideas de Izquierda México.