Da alcuni mesi, i facchini impiegati presso lo stabilimento principale della birra Peroni in Italia, a Roma, hanno alzato la testa e deciso di lottare uniti contro il clima di sfruttamento e negazione di molti diritti sindacali basilari, a partire dai significativi ammanchi in busta paga. Peroni fa azienda del megagruppo internazionale Asahi, il quale non ha certo problemi di liquidità ma, come tutti i grandi nomi del capitalismo, ha costruito un impero sullo sfruttamento di migliaia, milioni di persone.


Per la società Birra Peroni il 2018 è risultato essere un anno da ascrivere negli annali per il profitto raggiunto, avendo superato quota 6 milioni di ettolitri prodotti, un aumento del 6,4% rispetto al 2017. Ad aggiungersi all’aumento di fatturato, l’azienda ha avuto un modesto calo di emissioni di CO2 nell’atmosfera, rendendo Peroni al passo con gli standard per la riduzione di emissioni nocive. Inoltre il gruppo “Peroni eventi”, una società ideata per la promozione di eventi negli ultimi 20 anni di attività, è riuscita a costruire relazioni durature con numerose aziende tra le cui grandi multinazionali. Dulcis in fundo, l’azienda ha chiuso nel 2019 con un 30% in più di fatturato rispetto all’anno precedente.

Adesso, a fronte di tanti successi, ci si può immaginare che, date queste percentuali di crescita costante del gruppo legati anche alla solidità della multinazionale giapponese Asahi di cui gli impianti Peroni fanno parte, lavorare come collaboratore in questa azienda sarà una vera fortuna. Il ricavato di tale crescita sarà ripartito anche ai lavoratori, almeno in minima parte, e le condizioni lavorative all’interno dei siti produttivi andranno di certo incontro ai bisogni dei lavoratori, in un’azienda che se lo può permettere, che non ha crisi.

La realtà è molto diversa.

Nel sito produttivo di Roma (che è una delle tre fabbriche italiane della famosa birra “italiana”, affiancata dagli stabilimenti di Padova e Bari, più un piccolo impianto per lavorazioni specifiche a Pomezia) le condizioni all’interno del magazzino hanno portato i lavoratori ad iscriversi al sindacato SI Cobas e a impegnarsi mobilitazioni, scioperi e blocco della distribuzione delle merci prodotte, a partire dallo scorso ottobre.

Il 18 febbraio c’è stato l’ultimo sciopero per il mancato rispetto degli accordi siglati con la cooperativa nel mese di dicembre. Cosa mai avranno chiesto di così eccessivo questi lavoratori tanto da non poter essere accontentati da tale azienda “schiacciasassi”?

Innanzitutto il rispetto del contratto nazionale della logistica e trasporto merci, cosa mai avvenuta di fatto sotto il profilo delle retribuzioni mensili, sempre scandalosamente basse (spesso sotto i mille euro al mese). Oltre a ciò, il rispetto di una turnistica settimanale, cosa che non viene rispettata, tanto che i lavoratori (da anni!) sono costretti ad aspettare un sms da parte dei responsabili operativi della cooperativa per sapere se lavoreranno o meno il giorno dopo. Infine, secondo accordi stipulati sempre con il fornitore, la cooperativa dovrebbe rispettare uno scorrimento di anzianità per le nuove assunzioni, ovvero l’impegno di richiamare per primi, nei momenti di bisogno, i tempi determinati scaduti lo scorso anno, invece di assumere lavoratori che spesso, quando si usa questo metodo, sono legati all’azienda da legami clientelari.

Peroni-Asahi, come altre grandi aziende, usa il sistema di appalti dove le cooperative spesso non rispettano accordi e contratti nazionali. È dilagante nel settore della logistica tale funzionamento, chepermette alle cooperative di presentarsi alle gare prendendo un appalto e garantire all’azienda madre un risparmio notevole prendendosi la responsabilità della gestione della forza-lavoro al di sotto degli standard teorici della legge, e quando sopraggiungono “problemi” si fa il gioco dello scaricabarile tra la committenza e la cooperativa, tutto sulla pelle degli operai.

La società Birra Peroni, infatti, è a conoscenza da sempre delle violazioni dei diritti dei lavoratori e non può essere ritenuta estranea a tali trattamenti di sfruttamento e di lavoro sottopagato; semplicemente, omette di vigilare sui propri fornitori e regolare le proprie tariffe in modo da poter rispettare i termini del CCNL. Ma Peroni, così come tanti altri grandi committenti, si guarda bene dal farlo, dato che così ha risparmiato negli anni milioni di euro su un singolo magazzino e, se pensate a quanti stabilimenti può avere una multinazionale come il gruppo Asahi, è facile capire come riesca a far lievitare di anno in anno i propri enormi fatturati.

 

Allargare la lotta per vincere: usiamo l’arma della solidarietà!

La solidarietà tra lavoratori in Italia e a livello internazionale può dare ossigeno alla lotta dei facchini Peroni, che si trovano a sfidare un gigante spietato. Per questo, i lavoratori stanno iniziando una campagna, da affiancare alle iniziative di sciopero e mobilitazione, per stimolare la solidarietà di altri lavoratori e consumatori: è l’azienda che deve sentirsi isolata, non i lavoratori in lotta!

Il volantino che gli operai Peroni di Roma stanno distribuendo.

La classe lavoratrice può vincere battaglie anche apparentemente impari, ma solo se si unisce e risponde al padrone come una classe e non come singolarità divise (per luogo di lavoro, nazionalità o altro).

Viva la lotta dei lavoratori Peroni, uniti si vince!

 

Vanja

Giornale militante online fondato nell'aprile 2017.
Sito informativo della Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR).